
in https://antemp.com/2011/05/11/il-mio-ricordo-degli-eterni-emanuele-severino-rizzoli/
IL FINITO, L’INFINITO,
L’ETERNO
Gli interrogativi della SCIENZA,
le speculazioni della FILOSOFIA,
le indagini della TEOLOGIA.
Siamo lieti di invitarLa alla serata di apertura del nuovo corso
di Filosofia Noesis 2018-2019
Martedì 13 NOVEMBRE ore 20.00
Auditorium L. Mascheroni Via Alberico da Rosciate 21/A, Bergamo
All’ingresso della sala saranno attive le prenotazioni
CARLO SINI
Continuità del mondo e discrezione del sapere.
Da Aristotele alla scienza attuale
… la follia essenziale si esprime nella persuasione che le cose escono e ritornano nel niente. Il mortale è appunto questa volontà che le cose siano un oscillare tra l’essere e il niente.
Al di fuori della follia essenziale, di tutte le cose è necessario dire che è impossibile che non siano, cioè è necessario affermare che tutte – dalle più umili e umbratili alle più nobili e grandi – tutte sono eterne.
Tutte, e non solo un dio, privilegiato rispetto ad esse.
…
se il divenire non appare come annientamento, ma come l’entrare e l’uscire delle cose dal cerchio dell’apparire, allora l’affermazione dell’eternità del tutto stabilisce la sorte di ciò che scompare: esso continua a esistere, eterno, come un sole dopo il tramonto.
Non solo la legna fiammeggiante, le braci, la cenere, il vento che le disperde sono eterni astri dell’essere che si succedono nel…
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Edoardo Camurri a Brescia conversa con il filosofo Emanuele Severino fino a toccare i temi della morte e dell’eternità
Sorgente: Emanuele Severino – Brescia – Rai Storia
in “Destino della necessità” Severino espone una autentica concezione del tempo inteso come l’apparire e lo scomparire degli eterni
Sorgente: (13) Amici a cui piace Emanuele Severino
Qui la scheda in formato pdf
PREMESSE (per punti chiave e per tentativo di comprensione):
Occorre cliccare sul triangolo bianco per vedere e sentire
In questo frammento Emanuele Severino parla della sua autobiografia IL MIO RICORDO DEGLI ETERNI, Rizzoli, 2011
… “soltanto se qualcosa è eterno può essere ricordato” …
Qui una mia presentazione del libro Il mio ricordo degli eterni:
CONVERSARE SULLA CENTRALITA’ DELLA FILOSOFIA PER IL NOSTRO TEMPO ATTRAVERSO LA VOCE DI EMANUELE SEVERINO. Incontro con Paolo Ferrario, Como, 15 maggio 2012, ore 21. Audio ascoltati e Grafici:
martedì sera, 3 aprile 2012, ho avuto il grande privilegio di essere a Bergamo, ad ascoltare la sapienza filosofica che si esprime attraverso EMANUELE SEVERINO.
Ci sono filosofi che rendono chiaro il sentiero della storia che abbiamo imparato a conoscere nella nostra evoluzione culturale e personale.
Emanuele Severino fa un’altra cosa: spalanca la vista su una strada completamente nuova e diversa
Paolo Ferrario
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3 aprile 2012, ore 20.00, al Teatro Sociale, Città Alta
Emanuele Severino
Le nostre vite sono le più lunghe della storia dell’umanità e, tuttavia, nella nostra società il tempo non basta mai. Il filosofo Emanuele Severino ci porta in un viaggio non nel tempo, ma nel valore del tempo per gli uomini.
In collaborazione con il XIX Corso di Filosofia, promosso dall’Associazione Culturale Noesis.
VERBA MANENT vuole essere un appuntamento fisso di alto livello culturale che non disdegna, nel suo intento di divulgazione la partecipazione di personaggi noti anche ad un pubblico più popolare. Il programma è suddiviso in slots e verrà aggiornato durante il corso dell’anno
il tema è: ABITATORI DEL TEMPO
sembra che ogni riflessione che non si riferisca ai problemi concreti in cui ci troviamo infastidisca.
Perchè viviamo dentro la crisi economica, la crisi demografica, la crisi ecologica, la crisi nucleare
Sembra che di fronte alla pericolosità e incertezza del mondo sia un lusso parlare di Tempo
D’altra parte l’incertezza e il pericolo del mondo bisogna guardarli in faccia, perchè non capiti che, non sapendo dove ci si trova, succeda come a quel tizio che, stando sulla barca e non sapendo dove si trova, scende nell’acqua per fare quattro passi ed annega.
E’ essenziale sapere DOVE ci troviamo
Soprattutto è essenziale capire il SENSO dell’incertezza e del pericolo in cui l’uomo in quanto tale si trova.
Perchè il tema gli ABITATORI DEL TEMPO?
Si abita un luogo quando si è protetti da quel luogo e, insieme, lo si protegge e se ne ha cura.
Abitare un luogo, una casa è esserne protetti e, insieme, averne cura.
E allora cosa vuol dire aver cura del tempo e essere protetti dal tempo?
Perché diciamo di “abitare il tempo”?
la risposta nella sua formulazione più semplice è che: Abitiamo il tempo per poter vivere.
Andiamo con la mente ai primi passi dell’uomo. Andiamo all’uomo dal punto di vista ontogenetico
Portiamoci agli inizi dell’esser uomo.
L’uomo arcaico ( e dunque ognuno di noi da quando gli è dato essere uomo) vive in una situazione in cui deve smuovere l’ambiente in cui vive.
Di questo possiamo fare esperienza anche noi. Se ci troviamo in situazioni in cui non possiamo smuovere nè la nostra volontà, nè il contesto da cui siamo circondati non riusciamo a vivere.
Vivere significa smuovere ciò che dapprima si crede inflessibile.
L’uomo arcaico dapprima si trova in un ambiente in cui c’è una barriera davanti a lui e dentro di lui che lo irrigidisce nella sua immobilità. E se non vuol morire deve smuovere e flettere l’immobilità da cui è circondato
Vivere è: flettere il proprio ambiente
Dunque c’è una prima forma di terrore per la barriera
Si vive solo se si flettono le barriere.
Questa opera di frazionamento non è soltanto una cosa che possiamo pensare in astratto
Per esempio il pensiero mitico raccoglie un’ampia serie di racconti nei queli il mondo esiste solo se un dio è smembrato
Solo se un dio è smembrato, se c’è questo sacrificio del dio può cominciare ad esistere il mondo.
Lo smembramento del dio corrisponde a ciò che ho chiamato “flessione dell’inflessibile”
Si trovano queste tracce nei miti del Pacifico (la dea Inuele- ?-), del Medio Oriente (kiamat) , dell’Egitto (Osiride), della Grecia ( Dioniso), dell’India (Purusha, Prajapati). Tutti dei che con il loro smembramento rendono possibile la vita dell’uomo
Ma nella nostra cultura c’è l’esempio più significativo: il sacrificio di Cristo. E’ vero che quando Cristo muore il mondo c’è già, però il mondo con quel sacrificio rinasce. e viene rifondato.
La vicenda cristologica riconduce anche al momento originario vetero testamentario: quello in cui il serpente tenta Adamo
“eritis sicut dii”, sarete come dei, se mangerete il frutto proibito
Ma cosa vuol dire essere come dio? vuoldire occupare il suo posto.
Significa detronizzarlo, comunque spartire con lui un regno in cui lui prima era il padrone, il controllore.
Allora il “mangiare il frutto” ha un significato profondo. Se mangiando il frutto che è stato proibito si è come dio e cioè si uccide dio, allora anche qui abbiamo l’esempio di un tentativo di smembramento che va per il momento a finir male, perchè dio lo punisce.
Ma poi il tentativo è ripreso dall’intervento di Cristo il quale, per iniziativa divina, rende l’uomo dio.
Tutto questo per richiamare che c’è un terrore iniziale per l’immobilità cui costringe la barriera che circonda l’uomo all’inizio della nostra storia. E per richiamare che c’è un terrore che scaturisce dalle conseguenze di questa decisione che ci consente di vivere e di sopravvivere.
Di nuovo: cosa c’entra l'”abitare il tempo”? Perchè abitare il tempo?
Abitiamo il tempo per vivere. Aristotele dice che il tempo è “il numero del movimento secondo il prima e il poi” (Aristotele, Fisica, D,10 e G,11). Il tempo è impensabile senza il movimento, senza il divenire che è appunto quel sommovimento, quello smuovere per cui l’uomo comincia a vivere vive solo se flette l’inflessibile.
Abitatori del tempo perchè se non si abita il tempo, pensano gli umani, si muore di fronte alle barriere.
E questo è il primo terrore: il terrore di morire perchè non si è in grado di smuovere il luogo in cui ci si trova.
Vedere l’inflessibile significa vedere la forma originaria del dio.
Proviamo a pensare se ci trovassimo di fronte a un cristallo non scalfibile: non sarebbe possibile alcuna azione.
Allora noi possiamo agire solo se lo frantumiamo, lo smembriamo.
Lo smembramento è ciò che nella definizione aristotelica si chiama DIVENIRE
Il divenire è la forma astratta dell’indicare tutte le situazioni estremamente concrete.
Ma c’è un seconda forma di angoscia da cui è preso l’uomo quando smembra il dio.
La prima è l’angoscia per non poter respirare.
La seconda è che, operando lo smembramento, si produce proprio quell’incertezza, qualla pericolosità che scaturisce dal divenire delle cose. Nascita, morte, insondabilità della nascita e della morte.
L’uomo per vivere smembra il dio, ma ottiene un ulteriore pericolo che è dato da ciò che egli con lo smembramento ha evocato: il fluire delle cose, fino a quello che Nietsche chiama il Caos.
C’è una parola interessante con la quale il pensiero indica questa seconda angoscia, l’angoscia per l’imprevedibilità del fluire delle cose.
THAUMA
Ha una gamma di significati straordinari.
Tradotta male con “meraviglia”.
Il significato vero è:
Angosciato terrore del divenire del mondo
Volevamo arrivare qui.
C’è un primo terrore perchè non si riesce a respirare. E’ il terrore provocato dall’inflessibile.
Ma poi c’è il secondo terrore: l’incertezza per la pericolosità del mondo.
E si procede dal terrorizzante e si cerca UN RIMEDIO a ciò che terrorizza.
Il mito: mithos vuol dire “parola”, “racconto” .
Il modo in cui i greci usano la parola mithos indica il racconto su come stanno le cose.
C’è la capacità del mito di indicare che di fronte al pericolo suscitato dallo smembramento si va alla ricerca di un rimedio che è indicato dalla parola sacrificio. Che non è il sacrificio del dio, ma è il sacrificio che l’uomo fa in quanto si sente colpevole dello smembramento, della uccisione del padre.
Il tema centrale della angoscia per la vendetta dell’antenato ucciso.
Il concetto che si fa avanti con il sacrificio ha a che fare con la necessità che l’uomo sente di ricostituire le fonti iniziali di potenza che egli ha dovuto smembrare per vivere.
Smembramento
Vita
Colpa
Sentirsi in debito
Rafforzamento della fonte che si è dovuto spezzare per poter vivere.
Stiamo parlando dei modi in cui l’uomo, per vivere, abita il tempo.
Quando si parla di RIMEDIO si intende ciò che consente di sopportare la seconda forma di angoscia, cioè Thauma.
I rimedi nella storia dell’uomo sono raccoglibil in alcuni pochi tratti:
– il racconto mitico
– il Logos, la Ragione
– la Tecnica
La vita è pericolosa, è’ insopportabile, è tragica per il suo fluire, per il suo divenire, per la sua temporalità, per la imprevedibilità del divenire.
Il rimedio, cioè ciò che consente di sopravvivere al Thauma angoscia del divenire, a sopportare l’imprevedibile
Il cristiano autentico è, dopotutto, in pace con se stesso e con le cose: “siamo nelle mani di dio”. Essere nelle mani di dio significa, sentirsi nelle mani di dio, significa avere dinanzi già tutto raccolto , tutto il futuro. Perchè tutto il futuro fa parte del materiale che è nelle mani di dio.
Quindi il dolore, l’angoscia, il pericolo del mondo è reso sopportabile da questo sue essere avvolto dal senso in cui l’uomo è riuscito ad ALLEARSI CON LA POTENZA SUPREMA
Smembramento, colpa, sacrificio: il mito aggiunge la categoria della previsione, che rende sopportabile il dolore.
due modi di abitare il tempo
1 pre- ontologico: non conoscenza delle parole essere e nulla
Il divenire e il tempo conducono nel nulla
2 ontologico
tre forme di rimedio
apparato mitico: vanno e ritornano
ma con il nulla il rimedio comincia ad essere pensato in modo ontologico
si comincia a morire di fronte al nulla
apparato razionale
apparato della scienza e tecnologia
il relativismo è una concezione debole
andare nel sottosuolo
morte di dio: è morto ogni limite
si ripropone il tema dello smembramento di dio
troppo poco il mito
da cui l’alleanza con dio
eschilo
se l’uomo è deicida
il dio è originariamente omicida
giovanni 8/44
la radice dell’omicidio:
fare andare nel nulla
spingere nel nulla da dove non si può tornare
persuasione che le cose siano nulla
dio come satana
dio è il primo tecnico
demiurgo
ergon azione
crazione ex nihilo et subiecti
far uscire dal nulla le cose e la materia
dio pensa la nullità del mondo
pensa la nostra nullità e quella delle cose
poiesis
tecnica la forma più radicale di
se perpetua la scarsità delle merci e si serve della tecnica
… indefinito della potenza
Tecnica deve eliminare la scarsità può farlo finchè non c’è un limite
Il capitale deve aumentare la scarsità
Paradiso della tecnica
Viviamo un periodo intermedio
Quando prevarrà la tecnica
Verso un tempo di benessere
Più cresce la felicità più temiamo di perderla
Ma la tecnica dice che sono un sapere probabilistico e ipotetico
Felicità senza sicurezza
Manca la verità della felicità
Quello sarà il tempo
Le stelle
Un senso diverso
fonte: Associazione Mendrisio Mario Luzi Poesia del Mondo
Mercoledì 25 gennaio 2012, ospite dell’Associazione Mendrisio Mario Luzi Poesia del Mondo, Emanuele Severino ha regalato perle del suo pensiero filosofico ai numerosi ospiti accorsi per l’occasione presso la sala del Museo d’Arte di Mendrisio. L’incontro, che si è svolto dalle ore 18:00 alle 20:00 circa, ha coinvolto anche i presenti in sala, alcuni dei quali hanno avuto il privilegio di potersi rivolgere direttamente all’illustre filosofo di Brescia.
… ognuno di noi è un firmamento stellato …. la parola firmamento rimanda alla “fermezza” del firmamento stellato …
… la follia essenziale si esprime nella persuasione che le cose escono e ritornano nel niente. Il mortale è appunto questa volontà che le cose siano un oscillare tra l’essere e il niente.
Al di fuori della follia essenziale, di tutte le cose è necessario dire che è impossibile che non siano, cioè è necessario affermare che tutte – dalle più umili e umbratili alle più nobili e grandi – tutte sono eterne.
Tutte, e non solo un dio, privilegiato rispetto ad esse.
…
se il divenire non appare come annientamento, ma come l’entrare e l’uscire delle cose dal cerchio dell’apparire, allora l’affermazione dell’eternità del tutto stabilisce la sorte di ciò che scompare: esso continua a esistere, eterno, come un sole dopo il tramonto.
Non solo la legna fiammeggiante, le braci, la cenere, il vento che le disperde sono eterni astri dell’essere che si succedono nel cerchio dell’apparire, ma anche tutte le fasi dell’albero che
nella valle ove fresca era la fonte/e il giovane verde dei cespugli/giocava al fianco delle calme rocce/e l’etere tra i rami traluceva/e quando intorno i fiori traboccavano (Holderlin),
hanno preceduto la legna tagliata per il fuoco.
Quando gli astri dell’essere escono dal cerchio dell’apparire, il destino della verità li ha già raggiunti e impedisce loro di diventare niente.
Appunto per questo essi – tutti – possono ritornare
Emanuele Severino
in La strada. La follia e la gioia (1983), Rizzoli Bur, 2008, p. 103-104
Enunciato che sta a fondamento dell’essere stesso.
Infatti nulla si crea , nulla si distrugge , ma ciò che è continua ad essere , pur nei suoi mutamenti naturali, inerenti la sua stessa essenza.
Pertanto si deve affermare che se qualcosa è , è per sempre, è eterna.
Sconcertante, reale, vera questa asserzione, sia sul piano della realtà, sia sul piano della logica, mi affascina soprattutto per il suo aspetto poetico; in tal senso poesia viene a coincidere con l’essenza stessa ,che proprio in quanto tale è eterna.
Mi piace l’idea che hai avuto, Paolo, di scrivere questo pensiero di Emanuele Severino sulla lavagna con il segno labile del gesso…quasi a sottolineare un contrasto o una sfida tra il senso che permane ed il mezzo impermanente.
Sostiene Emanuele Severino che se esistesse una verità eterna «non potrebbe esistere quel divenire del mondo che esige che non tutti gli spazi della realtà siano occupati dal l’eterno. Ricordo allora le parole di Zarathustra: se gli dei creatori esistessero, che cosa mi resterebbe da creare? Ma è evidente che io creo, quindi gli dei non possono esistere».
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