Il diventar altro è la morte di ciò che si è. Tale convinzione è la negazione, per lo più inconsapevole, del destino. Ed è la radice dell’angoscia e della sofferenza umana.
Propriamente, l’uomo è questa radice, (Ma noi siamo infinitamente di più dell’uomo)
E’ quindi inevitabile che, da che nasce, l’uomo avverta come prioritario l’andare alla ricerca di un Rimedio, di un Riparo che gli consenta di sopportare o addirittura di vincere l’angoscia, la sofferenza, la morte. Nascere è avvertirle da subito, sia pur confusamente.
Lo scopo essenziale, fondamentale di ogni forma di civiltà e di cultura è il continuo potenziamento del Riparo.
Ogni gesto, azione, pensiero, affetto della vita quotidiana è sin dalla nascita un’espressione della volontà di essere al Riparo, cioè della volontà di potenza e di salvezza.
Anche un bambino che un pomeriggio dalla luce grigio-previnca che precede il temporale sta sotto al tavolo grande della cucina ad aspettare un estraneo si sta mettendo a quel Riparo.
Emanuele Severino, IL MIO RICORDO DEGLI ETERNI, autobiografia, Rizzoli, 2011, pag.49/50
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