Appunti sui BLOG, dai tempi di Splinder, anni ’90. Dialoghi con Ruckert, Mariaprivi, Surferosa

Quindi, scrivo un diario on-line e in qualche modo mi racconto a persone che non mi conoscono.

Lo facevo anche prima, ma scrivevo in quaderni che ora ho abbandonato anche perché è più facile scrivere direttamente sulla tastiera del pc.

No che non ti posso spiegar tutta la tecnologia, ma conto sulla tua intelligenza e la tua capacità di comprendere, di là dalle mie righe.

Insomma nonno, scrivo io, scrive un altro e un altro ancora e ci conosciamo per caso on-line.

In queste situazioni ognuno fa come si sente, personalmente scrivo alle persone che mi sembrano simpatiche e che non si dimostrano troppo diffidenti. Sono due presupposti importanti per un’amicizia.

No che non la capisco la diffidenza in rete, sto attenta anch’io, ma non troppo, come in tutte le cose che voglio sperimentare nella vita.

sono attirato come un’ape laboriosa ai blog o post che hanno più il tono del “diario pubblico”.

inoltre sono interessato a questo “ragionare sullo strumento” (il blog ) mentre lo si usa.

non sono in grado ancora (bisognerebbe farlo in modo più sistematico) di intravvedere i tipi di blog che le persone fanno.

però qualche idea me la sono fatta.

c’è il blog-diario. è quello più caldo

c’è il blog -invettiva. conviene starci alla larga

c’è il blog-informazione. talvolta più interessante di una enciclopedia

c’è il blog-gioco. talvolta con regole così complicate che ci vorrebbero ore per giocarci

… il blog-poesia …il blog-musica

e naturalmente altri ancora. e intrecci fra i vari tipi

una cosa è certa: i blog sono una espansione della nostra soggettività.

sono dei modi per coltivare se stessi.

per certi versi sono drammatici: parlano della nostra solitudine. esseri soli, in epoca di decadenza delle grandi aggregazioni sociali, che hanno voglia di esprimere se stessi attraverso delle identità protettive. delle maschere comunicanti.

dall’altra parte espandono la comunicazione. si fanno incontri insperati. si allarga il giro delle conoscenze. la reciproca conoscenza non è più coloro che ci sono vicini. ma è l’intera italia.

In quanto vivente nella modernità vivo non solo il politeismo dei valori, ma anche quello dei ruoli e delle situazioni.

Ma se dovessi ricordare per il futuro la “cifra” di questi mesi dovrei riferirla alla mia avventura sui Blog. E alla mia vorace curiosità per questa forma di comunicazione biografica resa possibile dalle tecnologie del Web.

Sull’ argomento ho avuto una interessante discussione con Ruckert che vorrei fissare anche nel mio blocco degli appunti.

Paolo a Ruckert  Mi è piaciuta la tua rievocazione biografica sul Blog del 14 aprile . Volevo dirti subito – in breve – perchè trovo di grandissimo interesse culturale i Blog. Perchè credo che attraverso questi scritti e nei commenti stia avvenendo una rivoluzione.

Cioè la costruzione di una intelligenza associativa. Ossia l’elaborazione di nuovi modi di pensare il mondo attraverso piccoli francobolli che fanno vedere le associazioni fra gli eventi e la loro interpretazione. Qualcosa che ha un equivalente storico solo con la nascita della “opinione pubblica” che è avvenuta con l’illuminismo francese.

Nei blog vedo cultura, interessi, passioni. Tutte spezzettate: ma questa è la modernità. La modernità è frammento. Solo ogni singolo individuo può tentare di “mettere assieme”.

Così i tuoi foglietti  neI cassetti possono uscire. E magari incuriosire qualcuno .. che così incontra altri pensieri …

Una grandissima rivoluzione. Tanto più profonda perchè molecolare. Con i blog si vede vistosamEnte che non c’è la “massa” (il riferimento-base dei fascismi e dei comunismi) ma individui pensanti che associano le loro intelligenze e sentimenti.

Ruckert:  l’idea reticolare nella diffusione delle idee è interessante, bisognerà capire se e come prenderà piede, se non c’è il rischio che la rete possa imprigionare piuttosto che liberare, magari inserendoci in piccole comunità autoreferenziali.

Il rischio, inutile negarlo, esiste come la potenzialità. Come spesso accade il problema è bilanciare le  due cose e fare in modo che da questa babele di passione interessi ideali possa venir fuori una massa critica (o magari diverse masse critiche) di maggiore respiro. Anche qua il tempo ci risponderà, per ora possiamo solo immaginare… Ciao 🙂

Paolo: “se non c’è il rischio che la rete possa imprigionare piuttosto che liberare, magari inserendoci in piccole comunità autoreferenziali”

E’ vero. Allora l’unico ragionamento possibile è: qual’è il minore dei mali? Le

autoreferenzialità? o il pensiero unico (insisto: quello delle culture totalitarie)? Propendo per il primo corno del dilemma. Trovo più libertà di pensiero in piccoli gruppi che condividono più comuni sentire.

Il vero problema lo vedo nella possibile superficialità dei contatti. Relazioni sociali basate su “francobolli” tendono ad impoverire i significati di conoscenze più profonde e complessive.

Ciao Amalteo

Ruckert: vero, ma se ci fosse la terza via? L’ideale sarebbe combattere l’aureferenzialità in modo tale da ampliare sempre di più le piccole comunità che poi interagendo tra loro riescono a fare quella massa in grado di sviluppare la circolazione delle idee, che ne pensi?

Paolo: Caro Ruck, questa volta temo che o non siamo in sintonia o non ci capiamo.

E’ la parola massa che mi incute timore, pensando al passato, soprattutto al secolo breve (1917-1945).

Meglio infinitamente meglio individui che comunicano. Parlanti che crescono individualmente sulle normali sfide di una normale vita: nascita, crescita, espansione della personalità, fatica del lavoro, accettazione della morte.

Nella massa c’è sempre bisogno di un capo. Come insegna anche la vicenda politica italiana: un popolo televisivo (non i parlanti dei blog) ha ancora acclamato un capo. Che non accetta le regole della democrazia. Ben sapendo che le televisioni sono sufficienti a creare qual “senso comune” che gli consentirà (probabilmente grazie a Bertinotti) di vincere per la terza volta.

La televisione fà massa, i blog possono fare individui che trovano quei comuni sentire basati sull’intelligenza associativa.

Ciao e grazie per gli stimoli a pensare

Ruckert:  Non credo che non siamo in sintonia forse bisogna solo capirsi. Proviamoci magari partendo da un linguaggio comune perché bisogna intendersi sul senso delle parole.

Al termine massa critica non voglio dare quel significato. Preferisco immaginare che l’insieme, anzi meglio la presenza sempre più numerosa di individui che comunicano e interagiscono tra loro crescendo individualmente, possano consentire un miglioramento qualitativo della società nelle sue diversità.

Più la massa dei pensieri liberi aumenterà, più sarà possibile avere un miglioramento, a condizione però che tutti questi individui mantengano il più possibile un atteggiamento aperto verso l’esterno, in modo tale anche da far sviluppare in modo reticolare questo modello.

E questa massa a differenza del passato potrebbe non avere necessità di un capo gerarchicamente sovraordinato proprio per la presenza di un reticolo che si muove orizzontalmente. Che dici? Siamo davvero così distanti?

Ciao 🙂

Paolo: caro Ruck. Era proprio un malinteso linguistico sulla parola “massa”.

Sono del tutto in accordo con il tuo ragionamento. Fra l’altro, nel tuo caso, non è solo un “ragionamento” ma una pratica attiva.

La tua intelligenza e capacità di pensiero la vedo sempre messa in atto nelle tue interazioni con amìci di vecchia data o occasionali.

Ti sei  costruito con loro un cerchio-reticolo in cui amplificate le vostre esperienze ed i vissuti.

Ecco la forza dei blog: una rivoluzione attraverso il parlarsi. Insomma una volta tanto la scienza e le tecniche possono essere utilizzate in modo  attivo e partecipato. Dati i tempi che continuano ad essere piuttosto crudeli è davvero molto.

ciao, a presto

MariaPrivi

ad agosto sarà un anno che frequento il mondo bloggaro.

Tempo di consuntivi? Ma no! Non ci credo.

Solo un momento per conversare.

Il blog è uno specchio abbastanza fedele dei tanti pubblici “reali”. Un mezzo con buone peculiarità ed inevitabili difetti.

Permette rapida, ed a volte mirata circolarità delle idee, ma si rischia di ricevere informazioni errate. 

Eppure da Alex, con i blog, abbiamo ottenuto persino risultati concreti -vedi da me: Come muore la mia terra-.

Io con il blog faccio di tutto: amicizia, lavoro, passatempo.

Per alcune persone può diventare indispensabile (vecchi, persone sole, persone con bisogno ed impossibilità di comunicare altrimenti), per altre una droga (autoreferenzialità, sindrome del contatore, sostituzione impropria del virtuale con il reale), c’è chi lo adopera per raccattare sesso e chi per suscitare compassione.

Un buon mezzo, un cattivo mezzo, secondo l’uso -sia attivo, sia passivo- che se ne fa. Un mezzo sicuramente in linea con il carattere del nostro tempo.

Paolo  condivisione piena, cara mariaprivi.

Ben ritrovata! Mi fa immenso piacere che anche tu valuti positivamenta la rivoluzione comunicativa dei Blog.

Condivido tutto, ma proprio tutto, quello che dici: luogo innanzitutto di conversazione; specchio fedele (quasi un campione) della opinione pubblica; rapidità nella circolazione delle informazioni; nuovi tipi di amicizia, non basata sulla vicinanza fisica, eppure forte ed affettuosa; spazio comunicativo per le persone sole anziane (direi anche: allenamento del cervello e quindi prevenzione della decadenza della memoria); compulsività per alcuni (è vero: però meno dannosa dei telefonini, perchè è mediata dalla  lingua scritta, che è sempre un esercizio di ordine); certo anche luogo per promuovere incontri sessuali (che, però se consenzienti e sicuri, sono una gioia della vita).

Vero, verissimo: un mezzo, uno strumento. Non un fine. Uno strumento al servizio della personalità.

Dei blog amo moltissimo le coincidenze (incrociare persone particolari che magari mai avrei potuto conoscere) e le occasioni. Per esempio in queste ore sul blog di ruckert (post Gotan project) sta avviandosi la stesura di una discografia jazz interattiva che potrebbe concludersi con un testo quasi collettivo su questo genere musicale del novecento. ciao carissima. a presto

“Cosa si fa sui blog?” chiese Incredulo

“Sui blog si fa conversazione!” rispose Sperimentatore

Questo dialoghetto tra Amalteo e SurferRosa mi ha fatto ricordare alcuni frammenti e citazioni tratte dal libro di Dacia  e Fosco Maraini, Il gioco dell’universo. Le lascio qui.

“Fosco era uno sperimentatore nato. Il campo dei suoi esperimenti era il linguaggio. Quasi mettendo in pratica la famosa frase di Roland Barthes: “Ogni rifiuto del linguaggio è una morte”. Con la morte lui ci giocava a rimpiattino: le

parole gli rivelavano i nascondigli più sicuri, più impensabili per tenerla a bada. Ma rivela anche altro questa passione, come dice T.S. Eliot nel saggio del Bosco Sacro dedicato a Philip Massinger, ovvero che una evoluzione vitale del linguaggio è anche una evoluzione del sentimento.

Quindi non gioco di superficie, fine a se stesso, ma scavo, attraverso la lingua scritta, nella terra dura del pensiero. […]

… Il linguaggio comune, salvo rari casi, mira ai significati univoci, puntuali, a centratura precisa.

Nel linguaggio metasemantico invece le parole non infilano le cose come frecce, ma le sfiorano come piume, o colpi

di brezza, o raggi di sole, dando luogo a molteplici diffrazioni, a richiami armonici, a cromatismi polivalenti, a fenomeni

 di fecondazione secondaria, ed è facile vedere i “duomi del pensiero” che si muovono lenti spinti dai “moti più segreti”.

Nel linguaggio comune dinanzi a cose, eventi, emozioni, pensieri nuovi, o ritenuti tali, si trovano suoni che danno loro  foneticamente corpo e vita, che li rendano moneta del discorso.

Nel linguaggio metasemantico, o nella poesia, avviene proprio il contrario. Si propongono dei suoni e si attende che il  proprio patrimonio d’esperienze interiori, magari il proprio subconscio, dia loro significati, valori emotivi, profondità e bellezze. E’ dunque la parola come musica e come scintilla.

… La parola è come una caramella, qualcosa da rigirare tra lingua e palato con voluttà, a lungo, estraendone fiumi di  sapori e delizie.

… Parole belle, parole brutte, parole misteriose, parole semplici, parole complesse, parole didascaliche, parole

poetiche, parole logiche, parole in libertà… . […]

… Fosco confesserà inoltre che quasi ogni sua parola è frutto d’un lungo studio. Certe espressioni proprio non gli venivano per mesi, sapeva quello che cercava, ma il sassolino giusto la marea non glie lo gettava mai sulla spiaggia.

 Poi un certo giorno, magari facendosi la barba, cambiando una gomma della macchina, studiando gli ideogrammi cinesi o seduto nella neve al sole, eccoti il sassolino cercato. Adesso gli resta solo da sperare di non aver scritto in una lingua privata e segreta, come dire per lui solo; ciò che proprio gli dispiacerebbe.

… La tensione poetica accompagnerà Fosco per tutta la vita. Ma non scriverà molti versi. La sua scrittura tendeva allo scientifico e allo storico. Eppure la gioia della poesia si insinua spesso anche fra i suoi più cocciuti elenchi. La poesia come gioco verbale, la poesia come affrancamento di una fantasia troppo costretta e razionalizzante, la poesia come alta acrobazia verbale, la poesia come gioco che si gioca.

Tale la troviamo in questa fànfola:

Il giorno ad urlapicchio

Ci son dei giorni smègi e lombidiosi

col cielo dagro e un fònzero gongruto

ci son meriggi gnàlidi e budriosi

che plògidan sul mondo infrangelluto,

ma oggi è un giorno a zìmpagi e zirlecchi

un giorno tutto gnacchi e timparlini,

le nuvole buzzìllano, i bernecchi

ludèrchiano coi fèrnagi tra i pini;

è un giorno per le vànvere, un festicchio

un giorno carmidioso e prodigiero,

è il giorno a cantileni, ad urlapicchio

in cui m’hai detto “t’amo per davvero”.

Ma cosa sono le fànfole? Fosco rispondeva con una citazione da Palazzeschi.

“cosa ci hanno con noi quelle due sbrèndole, quelle ciufféche, quelle cirimbràccole?” – Palazzeschi

La fànfola è una forma dialettale,  un ghirigoro linguistico, un grammelot finissimo ed esilarante che fa esplodere il linguaggio dall’interno, mostrando le sue contraddizioni, le sue povertà e le sue ricchezze.

Rivelando soprattutto quanto il suono spesso prevalga sul significato, il fonema sul semantema.

… Ah, la magia delle parole! Che non smettono mai di sorprendere, di cicalare, di ridere, di manifestarsi e poi sparire nel nulla.

… E alla fine di tutte le nostre “esplorazioni” arriveremo dove abbiamo cominciato e per la prima volta conosceremo il  “posto”. (T.S. Eliot)

Così  Fosco accumulava parole con la pazienza di un grande camminatore della mente.”

Allora:

“Cosa si fa sui blog?” Chiese Incredulo

“Sui blog si fanno blogaloghi!” rispose Amalteo-Sperimentatore… ossia varianti dei dialoghi faccia a faccia.

Non vi sembra una “fànfola”?

Recentemente l’amico musicista Enzo Nini, mi raccontava un processo creativo che ha condiviso con altri musicisti.

A me è venuto in mente che il web e, precisamente, il blog, permette una comunicazione a 260° ( mancano ancora i profumi e le texture).

Certo una e-mail o un post, non hanno la magia di una lettera scritta a mano: non c’è l’inchiostro, la carta, la calligrafia, il profumo della mano che l’ha vergata, la sorpresa, i chilometri percorsi… ma compensano con la pluralità  di opzioni.

Per quel che mi riguarda, nettamente superiori a una telefonata in quantità di sfumature trasmesse, anche se trovo irrinunciabile la voce, direi la musica in parole.

Un pensiero riguardo “Appunti sui BLOG, dai tempi di Splinder, anni ’90. Dialoghi con Ruckert, Mariaprivi, Surferosa

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