Introduzione, traduzione dei brani antologici e testi a commento di Francesco Dipalo
Sinossi: “Filosofia sotto il portico” introduce al pensiero stoico antico in maniera organica e completa. La parte centrale dell’opera, preceduta da un agile compendio, passa in rassegna un’ampia antologia di testi accuratamente commentati e annotati per poter essere utilizzati in chiave pratico-filosofica. Completano il lavoro un glossario del lessico stoico e alcuni spunti bibliografici per ulteriori approfondimenti. Come recita il sottotitolo, l’ultimo lavoro del prof. Dipalo (già autore diLiberi dentro. Il Manuale di Epitteto da praticare) è rivolto specificamente a “studenti veraci” e a “non-filosofi appassionati”, cioè a tutti coloro i quali, giovani o meno giovani, pur non avendo una preparazione accademica, non temano la sfida della complessità e amino mettersi personalmente in gioco come esploratori di visioni del mondo altre.
Acquistabile sia in formato ebook(€ 6,99) che in formato…
Le storie affascinanti di uomini e donne che hanno combattuto per vivere secondo le virtù senza tempo professate dagli stoici: coraggio, giustizia, temperanza e saggezza. Strutturato in piacevoli mini-biografie che narrano la vita delle figure più note dello stoicismo, ma anche dei suoi rappresentanti meno conosciuti, il libro racconta in modo vivido cosa rappresentasse questa corrente filosofica per le persone che la amavano e che vivevano secondo i suoi dettami, rispolverando i loro importanti insegnamenti per permetterci di imparare ancora oggi dalle fatiche e dai successi di chi ci ha preceduto. Holiday e Hanselman ridanno luce ai valori e alle idee fondamentali condivisi da figure come Seneca, Catone e Cicerone nel corso dei secoli. Ogni esempio riportato, da Epitteto a Marco Aurelio, dagli schiavi agli imperatori, è stato scelto per aiutare i lettori ad applicare la filosofia stoica alla propria vita. Gli insegnamenti contenuti in questo libro – che invitano a scegliere il dominio di sé e la virtù, riservando indifferenza verso tutto ciò che non sia sotto il nostro controllo – sono urgenti oggi tanto quanto lo erano nel pure caotico mondo classico.
La storia delle arti è ricca di personaggi, figure, performance, oggetti e spazi connotati negativamente con cui i fruitori stabiliscono un tipo di relazione empatica ambivalente e destabilizzante, fatta di attrazione e di repulsione: l’empatia negativa. Da Medea al carnefice di san Matteo dipinto da Caravaggio e dalla fotografia di Mapplethorpe, fino ai Sette Palazzi Celesti di Kiefer e al Joker folle e derelitto di Phillips, c’è qualcosa, nel punto di vista del male, che ci conquista e ci obbliga a interrogarci su noi stessi molto più di quanto siano in grado di fare espressioni artistiche edificanti. Questa ampia e affascinante ricerca, che spazia dalla letteratura al cinema, dal teatro alle arti figurative, indaga il cuore nero dell’empatia.
STEFANO ERCOLINO
È professore associato di Critica letteraria e Letterature comparate presso l’Università Ca’ Foscari Venezia. Per Bompiani ha pubblicato Il romanzo-saggio, 1884-1947 (2017), Il romanzo massimalista (2015) e, con Massimo Fusillo, Empatia negativa (2022).
Nella mia vita professionale, il termine “anomia” sta ad indicare l’incapacità a denominare gli oggetti e in genere è un inquietante segnale di problema cognitivo: “dammi quella cosa lì…, come si chiama?…”
Se risalgo a epoche più remote, la parola “cosa” era assai contestata dalla mia severa maestra Adriana, capace di abbassare di due voti il tema assegnato o la prova orale sostenuta, qualora tale “cosa” osasse fare una temeraria comparsa.
Con che piacere quindi immergermi nella lettura di Bodei e trovare che “Il significato di ‘cosa’ è più ampio di quello di ‘oggetto’, giacchè comprende anche persone o ideali e, più in generale, tutto ciò che interessa e sta a cuore …L’italiano ‘cosa’ (e i suoi correlati nelle lingue romanze) è la contrazione del latino causa, ossia di ciò che riteniamo talmente importante e coinvolgente da mobilitarci in sua difesa”.
Sempre etimologicamente ragionando, la parola oggetto (da
“Questo libro raccoglie sessanta delle moltissime lettere che i lettori di ‘D la Repubblica delle Donne’ settimanalmente mi inviano, ponendo delle domande che poi vengono discusse in quella maniera un po’ anomala, che non è quella di rispondere alla domanda, ma di radicalizzarla, andando il più possibile in fondo, dove si annida il radicamento. Questo modo di procedere talvolta può apparire irritante, talvolta difficile, talvolta delusivo, ma è meglio deludere l’attesa di una risposta immediata che isterilire una domanda, impoverirla, non tenerla all’altezza di ciò che chiede. I miei commenti alle lettere qui riportate non vogliono essere un ricettario per i problemi della vita, perché questo comporterebbe che io capissi la mia e anche quella degli altri, mentre la bellezza della vita è proprio nella sua imperscrutabilità, è nel gioco indicato dai suoi enigmi che non si concedono a facili soluzioni.”
La filosofia, secondo Ludwig Wittgenstein, serve a «far uscire la mosca dalla bottiglia». Ovvero a risolvere problemi e a liberare la mente dagli errori. Non è, quindi, una dottrina astratta, ma piuttosto un’attività pratica che getta chiarezza in ogni ambito della vita, privata e pubblica.
Partendo da questa idea, Paolo Pagani, filosofo di formazione da sempre appassionato alla materia, ci propone in questo libro un esperimento originale: rivolge a 19 grandi filosofi del passato, da Socrate a Heidegger, le domande più scottanti del nostro tempo.
Dalla guerra al gender,
dai vaccini alle fake news alla dignità del lavoro,
il pensiero scaturito da menti come Hegel, Spinoza, Husserl o Nietzsche può illuminarci anche oggi o, per lo meno, nutrire il ragionamento e sollevare dubbi fecondi.
Perché le loro riflessioni universali – quali sono i limiti della ragione? la Natura è “buona”? ci si può fidare dei sensi?… – si adattano perfettamente all’epoca che stiamo vivendo, e a contesti solo in apparenza diversi.Guest stars del volume sono
1 scrittore (Tolstoj)
e 7 personaggi letterari, ciascuno emblematico di un tema,
come Gulliver che rappresenta la diversità,
Fantozzi il lavoro offeso,
o Don Chisciotte la vita inautentica.
Citofonare Hegel accompagna il lettore in quell’esercizio pratico che è la filosofia, capace di aprire mondi e ribaltare l’ovvio, mentre stiamo comodamente seduti in poltrona, sorseggiando una tazza di tè. Un’attività entusiasmante, provare per credere.
A questo libro si affianca il podcast originale Spotify, una produzione Spotify Studios in collaborazione con Chora Media.
uno dei principi fondamentali dello STOICISMO (espresso dal filosofo greco Epitteto (50 -138 d. C.):
… “Sopporta ogni cosa che ti sovrasta ! Domina i tuoi impulsi. Astieniti da tutto ciò che non puoi cambiare giacché ciò che accade… lo è perché… DEVE accadere, in quanto necessario e ineludibile. Soltanto in questo modo, puoi dirti “uomo libero e saggio !”…
L’imperatore romano Marco Aurelio era un uomo fisicamente fragile, ma dotato di una disciplina e una volontà di ferro. Governò Roma all’apice della sua potenza, amato dai suoi soldati e dai cittadini dell’impero, superando prove apparentemente insormontabili. La sua forza? La filosofia stoica, di cui è considerato uno dei massimi esponenti. I suoi Colloqui con sé stesso sono uno dei classici della spiritualità, un manuale di autoaiuto tra i più letti e apprezzati della storia. In questo libro, lo psicoterapeuta Donald Robertson racconta la vita e la filosofia di Marco Aurelio, distillandone gli insegnamenti senza tempo. Ancora oggi i principi dello stoicismo sono straordinariamente preziosi per vivere con serenità e saggezza: una fonte d’ispirazione per combattere depressione, stress e dipendenze o affrontare lutti, malattie e la paura della morte. Ma anche per perseguire al meglio i nostri obiettivi e prenderci sempre le nostre responsabilità, perché una vita più saggia è una vita più felice. Sapiente ed equanime, Marco Aurelio non si perdeva in lamenti, evitava gli eccessi e la collera, si sforzava di essere giusto e di mantenere un sano distacco dalle cose. La psicologia moderna e la filosofia stoica sono concordi: è proprio questo distacco il segreto per raggiungere l’equilibrio con sé stessi, realizzarsi pienamente e sviluppare la resilienza emotiva necessaria per non farsi scoraggiare dalle difficoltà. Per diventare imperatori della propria vita.
Donald Robertson
Psicoterapeuta cognitivo e scrittore, è nato in Scozia e vive oggi in Canada. Autore di Build Your Resilience (2012) e Stoicism and the Art of Happiness (2013), da anni applica i principi dello stoicismo alla psicoterapia. È tra i fondatori dell’organizzazione Modern Stoicism e tiene corsi di coaching ispirati a questa dottrina.
Federico Faggin è il padre del microprocessore e di altre invenzioni che hanno rivoluzionato la tecnologia e il mondo in cui viviamo.
Con questo libro stravolge ancora una volta il nostro modo di vedere i computer, la vita e noi stessi.
Dopo anni di studi e ricerche avanzate ha concluso che c’è qualcosa di irriducibile nell’essere umano, qualcosa per cui nessuna macchina potrà mai sostituirci completamente. “Per anni ho inutilmente cercato di capire come la coscienza potesse sorgere da segnali elettrici o biochimici, e ho constatato che, invariabilmente, i segnali elettrici possono solo produrre altri segnali elettrici o altre conseguenze fisiche come forza o movimento, ma mai sensazioni e sentimenti, che sono qualitativamente diversi… E la coscienza che capisce la situazione e che fa la differenza tra…
La vita è breve, la filosofia è lunga: lunga una, due, cento vite.
In questi libri si fa breve per avvicinare ai grandi pensatori chi non li ha ancora incontrati e vuole conoscerli meglio e vuole ascoltare parole distillate, parole di sapienza che arrivano da lontano.
Da questo libro è bene si astengano coloro che fanno della velocità il loro mito, che ritengono il passato qualcosa di cui è meglio liberarsi, che sono assaliti dal desiderio di sbarazzarsi dalle cianfrusaglie collezionate negli anni della vita, che considerano Gozzano leader indiscusso delle cose di pessimo gusto, che leggono nel carpe diem unicamente la voluttà edonistica e il bel vivere, che dileggiano e deridono una modalità di esistere all’antica, come il titolo cita.
Perché in queste pagine, nell’antico, si vagola carezzando autobiografia, sociologia, etnografia, filosofia, poesia, iconografia, tutto ciò che “ci spinge ad amare e cercare il volto poetico delle cose, delle persone, dei paesi, delle ore e degli stati di grazia che la memoria, a nostra insaputa, ha saputo invece difendere per noi. Per fortuna senza chiederci il permesso”.
E poiché il rievocare trova sì supporto incoraggiante nelle parole, ma anche nelle immagini, ecco che…
Essendo io appassionata di filosofia, dopo aver scoperto l’esistenza di questo libro non ho potuto fare a meno di leggerlo. Come far capire alla gente che la filosofia non è inutile e noiosa? Ci viene incontro Matteo Saudino:
La filosofia è un atto di ribellione rispetto all’opacità e alla noia di un presente in cui tutto è letto ed interpretato all’interno della legge del profitto e delle mercificazione. […] La bellezza della filosofia risiede proprio nella sua irriducibile inutilità rispetto a un approccio produttivo e utilitaristico alla vita. […] Pungente, ribelle e inutile come un’ortica, la filosofia oggi non è una barba, anzi gode di ottima ed effervescente salute.
Dall’introduzione del libro La filosofia non è una barba
«Atene libera fu la madre delle scienze e dell’arti della più colta umanità e vi cominciarono i filosofi da Solone, principe de’ sette sappienti di Grecia, che ordinò la libertà ateniese con le sue leggi e lasciò quel motto, pieno di tanta civile utilità: Gnothi seauton, “Nosce te ipsum”, che fu scritto sugli architravi de’ templi, proposto come una vera divinità». Giambattista Vico
Per caratterizzare l’identità dell’Occidente si è soliti chiamare in causa tradizioni diverse: la democrazia greca, il diritto romano, il cristianesimo, la rivoluzione scientifica e così via.
A volte si evocano anche la filosofia e la scienza greca, un’idea caratteristica non soltanto di filosofi come Husserl, Heidegger o Popper, ma anche di scrittori come Jorge Luis Borges. Studioso da sempre attento al tema dell’incontro e del contatto fra culture, l’autore scruta oltre duemila anni di storia del pensiero per mettere in dubbio che la Grecia sia sempre stata considerata terra di origine della filosofia e che quest’ultima sia una sua esclusività, fatta poi propria dall’Europa e dall’Occidente come segno identitario.
Si tratta piuttosto di una costruzione storica, dell’«invenzione di una tradizione». L’identità europea è infatti l’esito di una vicenda complessa, è un’identità plurima in continuo movimento, tutt’altro che monolitica e uniforme. E forse proprio questa è la sua peculiarità, forse anche il suo pregio.
Giuseppe Cambiano ha insegnato Storia della filosofia antica nell’Università di Torino e alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Con il Mulino ha pubblicato «Perché leggere i classici» (2011); «I filosofi in Grecia e a Roma» (2013); «I moderni e la politica degli antichi» (2018) e «Sette ragioni per amare la filosofia» (2019).
Introduzione
I. Greci e Romani, Ebrei e cristiani
1. Solo Greci o anche barbari?
2. L’ampliamento di tempi e spazi: le sapienze barbare
3. Lo sguardo da fuori: Roma e Lucrezio
4. Lo sguardo da fuori: Cicerone e Seneca
5. I Greci nell’impero e l’eredità filosofica
6. Il trionfo delle teologie orientali
7. Incontri ebraici con la filosofia greca
8. Filone: Sacra Scrittura e filosofia greca
9. San Paolo di fronte alla filosofia greca
10. Filosofia greca e storia della rivelazione
11. Clemente: la filosofia greca come furto e propedeutica
12. Conflitti tra pagani e cristiani: filosofia greca o sapienza giudaico-cristiana?
13. Cristiani di Occidente: Atene o Gerusalemme?
14. Le ambivalenze di Agostino
II. Bisanzio, islam e Occidente latino
1. Bisanzio: eclissi e riprese
2. Psello e Teodoro Metochite tra sapienze barbare e sapere greco
3. Storie di traduzioni: dalla Siria a Baghdad
4. In terre islamiche: Aristotele ovvero il filosofo
5. Perfezionare o rifiutare Aristotele?
6. Averroè e la filosofia greca nell’Occidente arabo
7. Ebrei in terre islamiche e la filosofia greca
8. Le sopravvivenze di Philosophia
9. Abelardo: la filosofia di fronte alle religioni
10. Ruggero Bacone: sapienza antica e progresso filosofico
11. Aristotele, ovvero la filosofia
12. Dannazione o salvezza del filosofo?
III. Crisi religiose e teologie antiche tra Italia ed Europa
1. Gemisto Pletone fra Platone e Zoroastro
2. Bizantini in Italia: Platone o Aristotele?
3. Cusano: unità filosofica e unità religiosa
4. Ficino: filosofia greca e prisca theologia
5. Pico e le controversie sulla prisca theologia
6. Intermezzo figurativo
7. Filosofia greca o vita cristiana?
8. La lingua della filosofia
9. Nel clima della Controriforma
10. Giordano Bruno e l’antichità senza autorità
11. La filologia e i primi scricchiolii
IV. Scienza moderna e sapere antico
1. Francesco Bacone: l’identità negativa dell’Europa
2. La nuova astronomia e il sapere degli antichi
3. Il congedo dai filosofi antichi
4. I ritorni di Mosè e l’atomismo
5. Inghilterra: la nuova scienza e gli antichi
6. La filosofia greca ha una storia
7. Filosofi cinesi e filosofi greci tra gesuiti, libertini e giansenisti
8. Leibniz: filosofia greca e pensiero cinese
9. La querelle degli antichi e dei moderni
V. La Grecia culla della filosofia?
1. Tra liberi pensatori e ortodossi: nuove prospettive?
2. Vico e la fine del diffusionismo
3. Vico: perché la filosofia nasce in Grecia?
4. Heumann: solo in Grecia poteva nascere la filosofia
5. Brucker e l’origine greca della filosofia
6. I filosofi greci: libertà e pubblicità, pluralismo e tolleranza
7. Limiti metodici delle filosofie antiche
8. Modelli etici degli antichi
9. Nuove luci da Oriente
VI. La filosofia nel mondo della bellezza
1. La bella giovinezza greca: da Winckelmann a Herder
2. Wilhelm von Humboldt: idealizzazione e confronto
3. Hölderlin e Schelling: la filosofia figlia della bellezza e della mitologia
4. Friedrich Schlegel: filosofia greca e letteratura europea
5. Friedrich Schlegel e il passaggio in India
6. Identità nazionali e lingue della filosofia
7. Alternative storiografiche in Germania
8. Hegel: filosofia greca e identità europea
9. Hegel: la filosofia e la polis
VII. Nazioni e rivoluzioni
1. Dopo la Rivoluzione: la filosofia greca fattore di progresso o decadenza?
2. Cousin: esclusività greca e apertura all’India
3. Comte: filosofia e scienza in Grecia
4. Comte: la filosofia greca tra scienza e religione
5. Miracolo greco e razze umane tra Renan e Gobineau
6. Inghilterra: la filosofia greca tra bellezza e utilità
7. Mill e Grote: filosofia e democrazia greca
8. Lewes: la filosofia cede il passo alla scienza
9. Jowett e Frazer: pro o contro Platone
10. Sguardi da Occidente: Stati Uniti
11. Sguardi da Oriente: Russia
12. Nazioni nuove ed eredità antiche: Grecia e Italia
VIII. Da Hegel a Nietzsche
1. Quale filosofia dopo Hegel?
2. Feuerbach e Marx: l’individualità storica dei filosofi
3. Kierkegaard: Socrate, il singolo contro il sistema
4. Schopenhauer e la filosofia a Occidente e a Oriente
5. Zeller e il trionfo delle storie della filosofia
6. Burckhardt: la filosofia greca, l’agonale e la polis
7. Nietzsche: lo spartiacque Socrate
8. Nietzsche: la filosofia o i filosofi?
9. Nietzsche:
10. Nietzsche: filosofia greca e alternative etiche
Carlo Rivolta interpreta: Platone, Apologia di Socrate
Il significato della morte
Consideriamo anche da questo lato il fatto che c’è molta speranza che il morire sia un bene. In effetti, una di queste due cose è il morire: o è come un non essere nulla e chi è morto non ha più alcuna sensazione di nulla; oppure, stando ad alcune cose che si tramandano, è un mutamento e una migrazione dell’anima da questo luogo che è quaggiù ad un altro luogo . Ora, se la morte è il non aver più alcuna sensazione, maè come un sonno che si ha quando nel dormire non si vede più nulla neppure in sogno, allora la morte sarebbe un guadagno meraviglioso. Infatti, io ritengo che se uno, dopo aver scelto questa notte in cui avesse dormito così bene da non vedere nemmeno un sogno, e, dopo aver messo a confronto con questa le altre notti e gli altri giorni della sua vita, dovesse fare un esame e dirci quanti giorni e quante notti abbia vissuto in modo più felice e più piacevole di quella notte durante tutta la sua vita; ebbene, io credo che costui, anche se non fosse non solo un qualche privato cittadino, ma il Gran Re,troverebbe lui pure che questi giorni e queste notti sono pochi da contare rispetto agli altri giorni e alle altre notti. Se, dunque, la morte è qualcosa di tal genere, io dico che è un guadagno. Infatti, tutto quanto il tempo della morte non sembra essere altro che un’unica notte.
Invece, se la morte è come un partire di qui per andare in un altro luogo, e sono vere le cose che si raccontano, ossia che in quel luogo ci sono tutti i morti, quale bene, o giudici, ci potrebbe essere più grande di questo?Infatti, se uno,giunto all’Ade, liberatosi di quelli che qui da noi si dicono giudici, ne troverà di veri, quelli che si dice che là pronunciano sentenza: Minosse, Radamante, Eaco, Trittolemo e quanti altri dei semidei sono stati giusti nella loro vita”; ebbene, in tal caso, questo passare nell’aldilà sarebbe forse una cosa da poco?
E poi, quanto non sarebbe disposto a pagare ciascuno di voi, per stare insieme con Orfeo e con Museo, con Omero e con Esiodo?
Per quello che mi riguarda, sono disposto a morire molte volte, se questo è vero. Infatti, per me, sarebbe straordinario trascorrere il mio tempo, allorché mi incontrassi con Palamede, con Aiace figlio di Telamonio e con qualche altro degli antichi che sono morti a causa di un ingiusto giudizio, mettendo a confronto i miei casi con i loro! E io credo che questo non sarebbe davvero spiacevole.
Ma la cosa per me più bella sarebbe sottoporre ad esame quelli che stanno di là, interrogandoli come facevo con questi che stanno qui, per vedere chi è sapiente e chi ritiene di essere tale, ma non lo è.
Quanto sarebbe disposto a pagare uno di voi, o giudici, per esaminare chi ha portato a Troia il grande esercito, oppure Odisseo o Sisifoe altre innumerevoli persone che si possono menzionare, sia uomini che donne?
E il discutere e lo stare là insieme con loro e interrogarli, non sarebbe davvero il colmo della felicità?
E certamente, per questo, quelli di là non condannano nessuno a morte. Infatti, quelli di là, oltre ad essere più felici di quelli di qua, sono altresì per tutto il tempo immortali, se sono vere le cose che si dicono.
Messaggio conclusivo di Socrate e commiato
Ebbene, anche voi, o giudici, bisogna che abbiate buone speranze davanti alla morte, e dovete pensare che una cosa è vera in modo particolare, che ad un uomo buono non può capitare nessun male, né in vita né in morte. Le cose che lo riguardano non vengono trascurate dagli dèi.
E anche le cose che ora mi riguardano non sono successe per caso; ma per me è evidente questo, che ormai morire e liberarmi degli affanni era meglio per me.
Per questo motivo il segno divino non mi ha mai deviato dalla via seguita.
Perciò io non ho un grande rancore contro coloro che hanno votato per la mia condanna, né contro i miei accusatori, anche se mi hanno condannato e mi hanno accusato non certo con tale proposito, bensì nella convinzione di farmi del male.E in ciò meritano biasimo.
Però io vi prego proprio di questo. Quando i miei figli saranno diventati adulti, puniteli, o cittadini, procurando a loro quegli stessi dolori che io ho procurato a voi, se vi sembreranno prendersi cura delle ricchezze o di qualche altra cosa prima che della virtù.
E se si daranno arie di valere qualche cosa, mentre non valgono nulla, rimproverateli così come io ho rimproverato voi, perché non si danno cura di ciò di cui dovrebbero darsi cura, e perché credono di valere qualche cosa, mentre in realtà non valgono niente.]
Se farete questo, avrò ricevuto da voi quello che è giusto: io e i miei figli.
Ma è ormai venuta l’ora di andare: io a morire, e voi, invece, a vivere.
Ma chi di noi vada verso ciò che è meglio, è oscuro a tutti, tranne che al dio.
Platone, Apologia di Socrate
In: Platone, Tutti gli scritti, a cura di Giovanni Reale, Rusconi, 1991, p. 44-46
Con incredibile chiarezza John Sellars ci spiega i fondamenti dell’epicureismo, arrivando all’essenza di un pensiero filosofico che ha molto da insegnare al nostro presente. Di cosa abbiamo bisogno per vivere una vita felice? Duemila anni fa, a questa domanda il filosofo greco Epicuro aveva risposto: abbiamo bisogno del piacere. Detta cosí sembra una conclusione semplice. Forse perché oggi l’aggettivo «epicureo» viene associato al buon cibo, al buon vino e alla bella vita; ma in verità gli insegnamenti di Epicuro andavano un po’ piú in profondità. L’obiettivo era piuttosto il benessere mentale e l’assenza del dolore. Per essere epicurei è necessario imparare ad avere a che fare con la morte e al centro di una vita epicurea c’è l’amicizia e la cura delle relazioni con le persone intorno a noi. In poche parole una vita tranquilla. Difficile ma non impossibile.
Il principio responsabilità è un libro di Hans Jonas del 1979, da cui prende il nome il principio cardine di un’etica razionalista applicata in particolare ai temi dell’ecologia e della bioetica.Wikipedia Prima pubblicazione:1979
ogni gesto dell’uomo che “deve” prendere in considerazione le conseguenze future delle sue scelte edeisuoi atti
Laresponsabilitàci obbliga ad essere responsabili e a fare in modo che se ne garantisca la permanenza della sua presenza nel mondo. L’essere-così, l’essere-in un determinato modo è, dunque, la capacitàdiessere responsabili,diessere capacidiesercitare laresponsabilità.
Hans Jonas cerca in questo lavoro di andare alle radici filosofiche del problema della responsabilità, che non concerne soltanto la sopravvivenza, ma l’unità della specie e la dignità della sua esistenza. Tra…
La concezione di tempo nietzscheiana si scontra aspramente con quella tradizionale dell’Occidente. Infatti, nella società cristiana occidentale il tempo è concepito come lineare così come lo vedono tendenzialmente le scienze. Friedrich Wilhelm Nietzsche scardina in modo rivoluzionario questa visione parlando di una circolarità del tempo, funzionale alla sua teoria del Oltreuomo.
Alla concezione lineare e progressiva del tempo propria del Cristianesimo e della mentalità moderna (tipicamente illuminista), Nietzsche sostituisce un tempo non più modellato sul conflitto tra attimi, tra passato, presente e futuro, ma un tempo a cui si assiste ad un eterno ripetersi dell’attimo. Nella dottrina del tempo lineare (caratterizzato dall’avere un inizio e una fine) ogni istante distrugge quello precedente, ogni cosa è travolta da quello che viene dopo e quindi se accetto tale dottrina non posso vivere pienamente, perché so che ogni istante sarà distrutto, privato di significato, da quello successivo; nella dottrina dell’Eterno ritorno, invece, posso vivere la vita fino in fondo perché ogni cosa che faccio ha un valore assoluto: esiste un Eterno ritorno dell’uguale, una ciclicità dell’universo che sfociano nella negazione della finitezza del tempo. L’attimo dunque merita di essere vissuto per se stesso come se fosse eterno.
Interpretare il tempo come una linea retta a senso unico porta a considerare ogni attimo come figlio del precedente (concezione lineare) e ovviamente il valore di ogni attimo secondo tal dottrina diviene poco rilevante e conseguentemente non può essere vissuto in piena felicità.
Ma pensare invece all’attimo come eterno ripetersi (concezione circolare-ciclica) e perciò immortale significa doversi disporre a vivere la vita come coincidenza di essere e di senso e di chiuderla in un cerchio di felicità.
L’uomo occidentale attanagliato da dubbi esistenziali e convinto della scissione fra essere e senso, non è in grado di concepire essere e senso come coincidenti: per lui il tempo è una tensione angosciosa verso un compimento che è al di là da venire.
Solo l’oltreuomo è in grado di accogliere con entusiasmo la concezione ciclica del tempo, poiché ha accettato pienamente la vita ed è in grado di godere di essa.
La teoria dell’eterno ritorno viene presentata, anche se mai esplicitata, nell’opera Così parlò Zarathustra(1883-1885), nel discorso su “la visione e l’enigma”. Zarathustra narra di una salita su di un ripido sentiero di montagna (=simbolo del faticoso innalzarsi del pensiero), durante la quale egli, con il nano che lo segue, si trova di fronte ad una porta carraia (=simbolo dell’infinità del tempo), su cui è scritta la parola “attimo”(=il presente) e dinanzi alla quale si uniscono due sentieri che “nessuno ha mai percorso sino alla fine”, in quanto si perdono nell’eternità: il primo porta all’indietro (=il passato) e l’altro porta in avanti (=il futuro). Zarathustra chiede al nano se le due vie sono destinate a contraddirsi in eterno oppure no. La risposta del nano allude alla circolarità del tempo (“Tutte le cose diritte mentono. Ogni verità è ricurva, il tempo stesso è un circolo”).
Il significato profondo dell’eterno ritorno, però, non è banalmente quello del ritorno perpetuo delle medesime cose, ma è un significato più complesso. Zatathustra, in una narrazione in cui aleggia un clima onirico (una sorta di visione nella visione sullo sfondo di un desolato paesaggio lunare e di orridi macigni) racconta di aver visto un pastore che dormiva, a cui entra in bocca un serpente; Zarathustra cerca di aiutarlo ma, non riuscendoci, lo invita a mordere il serpente e così si salva e la vicenda si chiude con una risata liberatoria del pastore, ormai “trasformato e circonfuso di luce”. Qual è il significato di ciò?
Il serpente che si morde la coda simboleggia il tempo concepito come ciclico e che in un primo tempo può essere concepito come qualcosa di soffocante:l’idea che tutto ritorni è insostenibile poiché nessuno vorrebbe ripetere all’infinito la propria vita, in quanto la nostra vita non è così perfetta da aspirare ad essere desiderata per l’eternità. Il morso del serpente sta a significare che è vero che la dottrina dell’eterno ritorno può essere soffocante, ma solo per chi ha un’esperienza di vita non pienamente realizzata. L’oltreuomo, invece, che sa vivere pienamente la sua esistenza può per davvero desiderare di riviverla in eterno e tagliar la testa al serpente vuol dire spezzare il circolo del tempo che ritorna su se stesso e inserirsi in questo circolo.
Collocarsi nell’ottica dell’eterno ritorno vuol dire rifiutare una concezione lineare del tempo come catena di momenti, in cui ciascuno ha senso solo in funzione degli altri, quasi che ogni attimo fosse un figlio che divora il padre (=il momento che lo precede), essendo destinato a sua volta ad essere divorato dal proprio figlio (=il momento che lo segue), secondo un processo che Gianni Vattimo ha denominato “struttura edipica del tempo” (carattere essenziale di questa temporalità è che ogni momento del tempo non ha il suo senso dentro di sé, ma in altro: nei momenti che lo precedono e lo seguono; e che, anche per questo, ogni attimo tende ad impadronirsi del senso annullando gli altri, in un succedersi in cui si verifica una lotta analoga a quella che divide i figli dai padri).
Una dottrina del tempo di questo tipo ha come presupposto la mancanza di felicità esistenziale, poiché nessun momento vissuto ha davvero in se medesimo una pienezza di significato.
Viceversa, credere nell’eterno ritorno significa ritenere che il senso dell’essere non stia fuori dell’essere, in un oltre irraggiungibile, ma nell’essere stesso e disporsi a vivere la vita, e ogni attimo di essa, come coincidenza di essere e di senso.
Una simile concezione del tempo sembra escludere la Storia, ma non è così. Il Tempo è vissuto come presente di vita, ogni attimo di vita. Tutto ciò che non è subordinato all’attimo mentre lo si vive, alla successione continua e perenne degli attimi mentre sono vissuti come coincidenza di essere e senso, non va considerato. La storia, perciò, non viene negata, ma solo subordinata alla vita e resa funzionale alle sue esigenze. Ciò spiega la predilezione di Nietzsche per la storia “critica” che, nel momento stesso in cui indica i legami dell’uomo col passato, pone anche l’esigenza di liberarsi di essi in nome del presente e del futuro.
Il primo libro di filosofia della scienza è un’agile introduzione a quelli che sono i temi principali della filosofia in ambito scientifico.
Esso si articola in sette capitoli, ognuno riguardante un diverso argomento:
Che cos’è la scienza?
Il ragionamento scientifico
La spiegazione nella scienza
Realismo e anti-realismo
Cambiamento e rivoluzione nella scienza
Problemi filosofici in fisica, biologia e psicologia
La scienza e i suoi critici
Dunque l’autore inizialmente si dedica a un breve excursus di storia della scienza per poi passare a illustrare come, in diversi ambiti, la scienza e la filosofia siano realtà intensamente intrecciate l’una all’altra.
[…] uno dei problemi principali della filosofia della scienza è proprio spiegare in che modo tecniche come la sperimentazione, l’osservazione e la costruzione di teorie abbiano permesso agli scienziati di…
… “La filosofia può rendere ciechi. Pensa a come Heidegger ha letto l’avvento terrificante del nazismo. Perché ha potuto commettere un errore simile? Perché la filosofia rischia sempre di cadere nell’ideologia, se per ideologia intendiamo, come ricorda Arendt, far prevalere l’Idea sulla realtà. È quello che è accaduto a Heidegger: l’idea del destino nichilistico dell’Occidente, della storia come oblio dell’essere, ha voluto vedere nel nazismo una possibilità di ritornare a pensare gli dei, la verità come aletheia, la resistenza di fronte al narcisismo umanistico dell’Occidente. Un delirio ideologico. Lo stesso che ha accecato pensatori di grande spessore, come Agamben e Cacciari. Con il riferimento ideologico alla biopolitica, al biopotere, allo stato di eccezione, eccetera, hanno piegato la realtà agli interessi dell’ideologia.
Epicuro, Lettere sulla felicità, sul cielo e sulla fisica. Frammenti dell’Epistolario, prefazione di Fancesco Adorno, Introduzione e note di Nicoletta Russello, Corriere della Sera/Pur Rizzoli, 1984/2016
Guidato dal suo «istinto per il particolare», per circa venticinque anni Brian Dillon ha trascritto nei suoi taccuini frasi di qualsiasi libro leggesse. Andava «a caccia di eclissi: quei momenti di lettura in cui la luce cambia, una lucentezza più scura prende il sopravvento, le cose (le parole) sembrano farsi di colpo opache, anche nella più semplice tra le frasi, e ti accorgi di dover guardare due volte, o più di due volte».
In Inseguendo eclissi Dillon raccoglie una selezione di quelle frasi e a ciascuna dedica uno scritto, un’indagine di stili, voci, vite, inevitabilmente intrecciata con la propria visione di lettore. Racconta lo stupore di fronte a una frase di Virginia Woolf che all’improvviso vira verso una conclusione grammaticalmente sbagliata; la meraviglia davanti agli «O, o, o, o» che Shakespeare ha fatto pronunciare ad Amleto, Otello e Lady Macbeth, racchiudendo il mondo in una serie di vocali; o ancora di come Vogue divenne la fucina della scrittura di Joan Didion.
Da William Shakespeare a Joan Didion, Brian Dillon porta alla luce ventisette frasi della letteratura di ogni tempo. Non necessariamente le migliori; né, tantomeno, le più celebri. La sua è una ricerca tutta personale, alla scoperta di che cosa significhi fare letteratura e che cosa, viceversa, esserne posseduti.
«Inseguendo eclissi è un manifesto sulle potenzialità della lettura.» Olivia Laing
«Brian Dillon è uno dei veri tesori della letteratura contemporanea – un critico e saggista di stile e sensibilità senza pari – e Inseguendo eclissi è un libro che solo lui avrebbe potuto scrivere. Leggerlo ha rinvigorito in me il senso stesso della scrittura.» Mark O’Connell
Traduzione di Andrea Sirotti
Brian Dillon (1969) insegna Critical Writing al Royal College of Art di Londra ed è editor della rivista Cabinet. Scrive abitualmente per The Guardian, London Review of Books, The Times Literary Supplement, Artforum e Frieze. Tra i suoi libri ricordiamo In the Dark Room (2005), con cui ha vinto l’Irish Book Award, Ruins (2011), Sanctuary (2011) e Objects in This Mirror (2014).
La cultura e la lingua di Roma in una collana inedita.
Un’opera nuova, che ripercorre le nostre radici culturali e linguistiche riscoprendo il piacere di studiare il latino. In ogni libro, approfondiremo la conoscenza della storia e della civiltà romana – dalla guerra alla politica, dalle arti all’educazione – e impareremo la sua lingua, spiegata come in un vero e proprio corso, con grammatica e sintassi corredate da esercizi e giochi.
E in più, la presentazione degli autori che hanno fondato la nostra cultura: Cicerone, Livio, Tacito, Catullo e molti altri.
Perché mai come ora il latino, lingua antica ma viva, permette di riscoprire da dove veniamo e chi siamo veramente.
Zarathustra Zarathustra. Tracce per non perdersi nella nebbia è il nuovo programma di Radio3 che affronta i grandi temi dell’esistenza intrecciando storie di vita raccontate in prima persona con il pensiero di filosofi e filosofe, scrittori e scrittrici di ogni epoca. Il diffuso senso di solitudine, la sensibilità dei giovani per l’ambiente, la difficoltà di capire chi è un vero amico, l’eccesso di competitività a scuola ma anche la grande voglia di cooperare, il narcisismo che dilaga sui social network o la precarizzazione del lavoro e dei legami sentimentali. Un programma di Pietro Del Soldà, con Pietro Del Soldà e Ilaria Gaspari, a cura di Giulia Nucci, regia di Sara Sanzi ed Elisabetta Parisi. In onda La domenica dalle 10.15 alle 10.45
Grandi scrittori
I grandi scrittori sono in continuo aumento
Quelli che scarseggiano sono gli scrittori.
Giuseppe Pontiggia, Prima persona, Mondadori2002
Domani saranno due settimane dalla morte di Carlo rivolta, attore (1943-2008, 65 anni).
Nel corso degli ultimi anni (purtroppo solo dal 2004) ho registrato alcune sue interpretazioni e letture.
Il 14 giugno 2006, a Erba (Como), lesse alcune pagine di Giuseppe Pontiggia (1934-2003, 69 anni).
Il luogo era suggestivo: Il Castello di Pomerio.
La situazione di memoria era particolarmente emozionante: Pontiggia era morto nel 2003 e in sala c’erano la moglie ed il figlio da lui raccontato nel libro Nati due volte.
Lo stile letterario di Pontiggia e la sua nitida e precisa scrittura che tratteggia due biografie locali vengono fatti risuonare dalla voce di Rivolta in questo modo:
Corridoni Alfredo viene alla luce alle due di notte a Erba il 5 aprile 1988. E’ secondogenito …
Ghioni Ludovico nato in una notte di pioggia il 19 novembre 1905 nella campagna di Pontelambro …
“I grandi filosofi d’Occidente sono costruttori di mondi, anche quando, come nel caso di Sesto Empirico, Nietzsche, Wittgenstein, pretendono di criticare ogni costruzione intellettuale.
I filosofi sono costruttori di mondi possibili.
Per “mondo possibile” intendo un insieme di idee, oggetto ideale del linguaggi (ideale= che è fatto di idee, e ha a che fare con esse) che spieghi il mondo reale facendogli da base ontologica e teoretica”
in Jacques Schlander, La solitudine di un maratoneta del pensiero, Il Melangolo, 2007, pagina 56
«Secondo una celebre e fortunata espressione omerica, le parole sono alate: non tanto come gli uccelli, ma piuttosto come le frecce, che tagliano l’aria veloci per andare dritte al bersaglio e far breccia nel cuore di chi le ascolta. Da sempre i Greci sanno che la parola serve a convincere, a mostrare che cosa è vero e che cosa è giusto. Ma sanno anche che essa ha in sé una forza magica: può trasformarsi in incantesimo, capace di dominare e di trascinare l’animo di chi ascolta; di ammaliare come la musica e di curare come una medicina; ma, soprattutto, di ingannare e di illudere.»
Per gli antichi le Sirene erano mostri orripilanti, per metà uccelli e per metà donne. Eppure, esse avevano qualcosa che le rendeva irresistibili: la voce, suadente e ammaliatrice. Insieme ad altre figure mitologiche a loro affini come Circe, Calipso ed Elena, le Sirene sono in questo libro le protagoniste della prima tappa di un cammino che, partendo da Omero e a Omero ritornando, si concentra sull’Atene del V secolo, la città della democrazia e della parola. Ripercorrendo storie poco note e celebri passi di prosa e di poesia, Laura Pepe indaga le incredibili potenzialità di peithó, persuasione, la parola che insieme seduce e convince. Sovrano potentissimo, la parola è capace di compiere le imprese più divine: sa convincere del vero e del giusto, ma può anche illudere e ingannare. Scopriremo la sua forza in queste pagine, guardando ai protagonisti della politica che arringano il popolo riunito in assemblea, agli accusatori e agli accusati che si industriano a convincere i giudici del tribunale e, infine, a quei maestri di persuasione che furono i sofisti. E ancora una volta saremo grati alla Grecia antica, che – tra storia, mito, poemi e filosofia – ha dato forma al nostro modo di pensare e di confrontarci con il mondo.
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