carri, cavalli, tempo, eternità in un accostamento fra Emily Dickinson e Parmenide

Non potevo fermarmi per la Morte.
Essa, benigna si fermò per me.
Il carro noi due sole conteneva 
e l’ Immortalità.

Era lento (la morte non ha fretta)
e dovetti riporre
il mio lavoro ed anche i miei trastulli
per quella visita.

Passammo oltre la scuola, dove bimbi facevano
la ricreazione, in cerchio;
ed oltre i campi d’attonito grano
e oltre il sole e il tramonto.

O piuttosto fu il sole che passò oltre di noi;
venne la guazza tremolante e fredda,
ché la mia gonna era garza sottile
e la mia mantellina solo tulle.

Sostammo ad una casa che sembrava
un rigonfio del suolo:
il suo tetto si distingueva appena;
per cornicione aveva poche zolle.

Sono passati secoli, ma ognuno
è più breve del giorno
in cui seppi che volte eran le teste
dei cavalli verso l’eternità.

Emily Dickinson

———————————-

Le cavalle che mi portano fin dove il mio desiderio vuol giungere,

 mi accompagnarono, dopo che mi ebbero condotto e mi ebbero posto sulla via che dice molte cose,

che appartiene alla divinità e che porta per tutti i luoghi l’uomo che sa.

Là fui portato. Infatti, là mi portarono accorte cavalle tirando il mio carro, e fanciulle indicavano la via.

L’asse dei mozzi mandava un sibilo acuto,

infiammandosi – in quanto era premuto da due rotanti

cerchi da una parte e dall’altra –, quando affrettavano il corso nell’accompagnarmi,

le fanciulle Figlie del Sole, dopo aver lasciato le case della Notte,

verso la luce, togliendosi con le mani i veli dal capo.

Là è la porta dei sentieri della Notte e del Giorno,

con ai due estremi un architrave e una soglia di pietra;

e la porta, eretta nell’etere, è rinchiusa da grandi battenti.

Di questi, Giustizia, che molto punisce, tiene le chiavi che aprono e chiudono.

Le fanciulle, allora, rivolgendole soavi parole,

con accortezza la persuasero, affinché, per loro, la sbarra del chiavistello

senza indugiare togliesse dalla porta. E questa, subito aprendosi,

produsse una vasta apertura dei battenti, facendo ruotare

nei cardini, in senso inverso, i bronzei assi

fissati con chiodi e con borchie. Di là, subito, attraverso la porta,

diritto per la strada maestra le fanciulle guidarono carro e cavalle.

E la Dea di buon animo mi accolse, e con la sua mano la mia mano destra

prese, e incominciò a parlare cosí e mi disse:

“O giovane, tu che, compagno di immortali guidatrici,

con le cavalle che ti portano giungi alla nostra dimora,

rallegrati, poiché non un’infausta sorte ti ha condotto a percorrere

questo cammino – infatti esso è fuori dalla via battuta dagli uomini –,

ma legge divina e giustizia. Bisogna che tu tutto apprenda:

e il solido cuore della Verità ben rotonda

e le opinioni dei mortali, nelle quali non c’è una vera certezza.

Eppure anche questo imparerai: come le cose che appaiono

bisognava che veramente fossero, essendo tutte in ogni senso”.

ParmenideSULLA NATURA, i frammenti

nella traduzione di Giovanni Reale

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