Per vivere è necessario credere (nel senso più ampio). Vivere è credere – credere di esistere e di agire, innanzitutto. E credere è stare al di fuori della verità non smentibile. Credere è errare. Ma se l’uomo fosse soltanto un vivere, cioè un credere, sarebbe soltanto un credere anche l’affermazione che vivere è credere – affermazione condivisa peraltro da gran parte della cultura non solo filosofica del nostro tempo. E invece questa affermazione non è un credere, ma è una verità non smentibile. Ciò significa che l’uomo non è soltanto vita, cioè fede, ma è, originariamente, l’apparire della verità non smentibile. All’interno della verità appare la vita, cioè la fede. La verità a cui si è rivolta l’intera storia dell’Occidente non è riuscita ad essere la verità non smentibile – la verità che d’altra parte s’illumina nel fondo più nascosto di ogni uomo. A volte il linguaggio la indica; la chiama “destino della verità”. Ma che questo linguaggio sia l’agire di qualcuno, che qualcuno ne sia l’autore, questo è daccapo uno dei contenuti in cui la vita potrebbe giungere a credere (come crede che l’uomo esista ed agisca nel mondo e che sia l'”autore” dei linguaggi che parlano del mondo).
(Emanuele Severino, Prefazione al libro di Nicoletta Cusano, ‘Emanuele Severino – Oltre il nichilismo, Morcelliana, Brescia 2011, p. 5).
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