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Sean Carroll arriva a conclusioni che si ritrovano molto vicine a quelle di Emanuele Severino. Il nostro universo è parte di un sistema molto più grande. Un sistema collettivo, multiplo, molteplice, composito. Il quadro, la cui cornice era appunto il multiverso, si fa adesso più copioso, più pingue, più ubertoso. Siamo dalle parti dell’abbondanza piuttosto che della scarsezza. Non abbiamo semplicemente allargato il nostro universo, ne abbiamo dato una definizione molto più dettagliata. In questo senso Carroll apre il proprio sguardo cosmologico al campo sterminato delle possibilità. Questa sua «predizione» – così egli stesso considera la risposta alla domanda da cui era partito – rende il tempo come «una sequenza ordinata di eventi correlati, che presi insieme costituiscono l’intero universo. Il tempo è allora qualcosa che ricostruiamo a partire dalle correlazioni di questi eventi». Questa sua «predizione» rende il tempo qualcosa che non è strettamente limitato alla vita del nostro universo. Un meccanismo o «un’idea» o un elemento caratteristico globale e onnicomprensivo. Un tempo smisurato: qualcosa che se potesse essere misurata sfuggirebbe ad ogni conteggio. Dall’eternità a qui è dunque un libro davvero smisurato, che aprendo le nostre menti al regno delle possibilità, ci fa viaggiare lieti lungo la strada della libertà intellettuale e della irrefrenabile ricerca pura.
tutta la recensione qui: TELLUS folio.