Per Emanuele Severino, «la morte non è annientamento.
Nell’eterno apparire del tutto, in cui l’uomo consiste, la morte è il passaggio da uno spettacolo dove gli eterni costituiscono ciò che chiamiamo “vita” allo spettacolo degli eterni che oltrepassano l’alienazione del vivere (…).
Non può essere l’annientamento di alcunché di ciò che un uomo è stato. Ecco lì il cadavere: si crede che esso sia la prova… “vivente” dell’annientamento della vita.
Ma il cadavere non è l’apparire dell’annientamento del corpo vivente, non appare che il corpo vivente sia diventato niente. Ma dopo l’apparire del corpo vivente appare il cadavere. L’esperienza, di fronte alla quale tutti, più o meno consapevolmente, si tolgono il cappello, non mostra l’annientamento delle cose.
Ho sempre usato per chiarire un poco queste affermazioni la metafora della legna e della cenere: la legna sta al vivente come la cenere sta al cadavere. La cenere è il cadavere della legna. Ma quando si esperisce la cenere, non si esperisce l’annientamento della legna. Quando si esperisce la cenere, questo esperire è il compimento di una serie di esperienze in cui appare la legna spenta, poi la legna accesa, poi la legna meno accesa, poi il suo cadavere, la cenere»
da Emanuele Severino, i re e i mendicanti | I Fatti del Molise.