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questo libriccino aveva una funzione eminentemente pratica. Encheirìdion in greco significa, letteralmente, “che sta in mano” (en chèir), che si può facilmente “maneggiare”. Qualcosa, insomma, che ci si può (o ci si deve) portare sempre appresso, perché all’occorrenza serve.
A cosa? A “ben vivere”, nel momento presente, a sbrigarsela con se stessi in rapporto “a ciò che è esteriore” (fatti, persone, vicissitudini), ovvero al saper essere e al saper fare. O, per dirla più chiaramente, al “saper stare al mondo”, affrontando nella maniera più idonea le circostanze che la vita ci pone dinanzi in termini più o meno problematici, col bipartire ciò che è in nostro potere (la sfera personale, il modo in cui consideriamo le cose) e ciò su cui non abbiamo alcun controllo (le cose in sé). Per difendere gelosamente la propria libertà interiore bisogna imparare a riconoscere ed applicare tale differenziazione ai nostri casi concreti. Questo, in essenza, è il messaggio di Epitteto. Ma egli non ci dice solo cosa occorra fare (e perché): ci spiega anche come farlo.
Il Manuale è anche “filosofia” nel senso corrente del termine, d’accordo, quindi si tratta di “pensiero astratto”. La sua funzione, però, non è affatto “astratta”. Conoscere per il gusto di conoscere è una bellissima esperienza. Ma ancor più bella è quella conoscenza che dalla concretezza del vissuto (personale) ascende faticosamente alle vette dell’astrazione per ridiscenderne purificata e fresca come torrente montano, nuova vita e nuove prospettive fornendo all’esser presenti a se stessi nel qui e nell’ora.
Insomma, conosco per stare bene, conosco per provare ad essere felice
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Liberi dentro. Il manuale di Epitteto da praticare | Scorribande Filosofiche.