Un leggero bussare mi scosse dal torpore mattutino: non mi sembrava vero di avere avuto una notte così tranquilla, senza incubi e crampi all’addome. Strano non trovare le lenzuola umide di sudore e stropicciate, il cuscino sul pavimento, preso a pugni durante un sonno tormentato.
Calma e silenzio regnavano nella mia stanza fino a un attimo prima, interrotti dal quel discreto toc toc alla porta. Mi stropicciai gli occhi ancora appiccicati dal sonno e lei entrò sorridendo.
La guardai e ricambiai il sorriso. Aveva obbedito ai miei precisi ordini.
“Ben svegliato, dormiglione! Che fatica per trovarlo; era finito proprio sul fondo dello scatolone dei capi estivi, ho buttato tutto all’aria ma l’ho scovato!”
“Grazie tesoro, lo sai bene che questo vestitino a pois è il mio preferito. Mi avevi conquistato con quel tessuto leggero e svolazzante; mi faceva girare la testa e tu lo sapevi bene, malgrado la tua aria innocente… e il profumo? Non te ne sei dimenticata, vero?”
“E come avrei potuto… Acqua dell’Elba, uno spruzzo su collo e uno sul decolleté, come ho sempre fatto. Chiudi gli occhi e respirami.” Lei si sedette con delicatezza sul bordo del letto e si avvicinò al suo viso.
“Mmmh, buono… Sembra davvero di respirare il profumo del mare!”
“Oggi è l’ultima volta che lo metto, lo sai… non potrò più indossarlo per nessuno altro e nemmeno l’abito a pois.”.
“Ne abbiamo già discusso. Sei libera di fare ciò che meglio credi ma sai bene che io preferirei che continuassi ad usarli e a far felici altri uomini con la tua dolce bellezza.”
Vidi i suoi occhi farsi lucidi e decisi di cambiare argomento. “Qui sono tutti gentilissimi, ho trascorso un’ottima notte… e tu? Hai riposato?”
Osservai le sue occhiaie a malapena nascoste dal trucco leggero e la rete di sottili rughe che si era addensata sul suo bel viso negli ultimi mesi, da quando tutto era cominciato.
“Molto bene, grazie, l’albergo si trova in una zona tranquilla e poi qui siamo in Svizzera, dopo una certa ora c’è il coprifuoco, nulla a che vedere con gli schiamazzi notturni della nostra città.” Tentò una risata a quella battuta ma si rese conto subito della forzatura: una brutta copia delle fragorose risate che erano abituati a fare insieme.
“Nooo! Hai messo anche le autoreggenti! Allora è un complotto, vuoi farmi morire prima del tempo!”
A quelle parole lei non ce la fece più e la sua espressione, serena e controllata fino a pochi attimi prima, crollò all’improvviso. Lacrime silenziose iniziarono a scivolare sulle sue guance, trascinandosi dietro righe nere di mascara. “Accidenti alla mia lingua, questa me la potevo anche risparmiare” pensai…
“Sei ancora in tempo a cambiare idea, potremmo chiedere un altro parere, mi hanno parlato di un luminare di questa città, alla Clinica Universitaria di Zurigo e poi…”.
“Basta Anna! Non servirebbe a nulla e lo sai bene anche tu…” Dovetti interrompere la mia replica perché un crampo violento al fianco mi tolse il fiato, trasformandomi il viso in una smorfia di dolore.
“Fammi respirare un po’ del profumo della tua pelle, sei meglio della morfina. Abbracciami e stiamo in silenzio, tra pochi minuti saranno qui.”
Quando il medico entrò silenziosamente nella stanza li trovò ancora abbracciati.
“Noi siamo pronti signor Ferrari ma se preferisce ripasso tra poco, non c’è nessuna fretta.”
“Anche noi lo siamo… Anna, ti sei ricordata la Croatina?”.
“Certo, fresca e frizzante come piace a noi, ho portato anche i calici di cristallo.”
Stappò la bottiglia con gesti tremanti e un po’ di schiuma sanguigna le macchiò il vestito. Poco importava, non lo avrebbe più indossato. Riempì i due calici porgendone uno al medico, il quale vi sciolse lentamente la dose letale di barbiturico, deponendolo poi accanto al letto del suo paziente.
“Le spiace uscire dottore? Vorrei restare solo con mia moglie.”
Prese in mano il suo bicchiere, facendo roteare il liquido, in un gesto ormai diventato automatico ogni volta che assaggiava un vino. “Lo so che ti sto chiedendo molto ma è l’unica scelta possibile. Me ne vado con dignità, come ho sempre voluto vivere. Stammi accanto, per favore, e brindiamo un’ultima volta in ricordo dei momenti felici che abbiamo vissuto insieme.”
I calici tintinnarono, lui bevve tutto d’un fiato, lei a piccoli sorsi, la gola chiusa dal pianto trattenuto.
Continuarono a versarsi la bevanda rossa e spumeggiante finché la bottiglia fu vuota, guardandosi negli occhi, sorridendosi, lei che gli accarezzava il viso sempre più pallido.
“Vieni qui amore mio e tienimi stretto fino alla fine… ho un po’ paura… ho freddo… fammi sentire il tuo profumo… Elba… mare… Anna…”.
L’ha ribloggato su MAPPE nelle POLITICHE SOCIALI e nei SERVIZI.
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