prove di scrittura narrativa: Paolo Ferrario, CORSIE, 16 aprile 2016

Ai letti succedono altri letti.

Ricordatevelo sempre, altrimenti non resisterete a lungo in Rianimazione”. Con queste parole il Prof. Scorza congedò gli allievi dell’ultimo anno Infermieristica.

Rosy spinse la porta di vetro smerigliato su cui da tempo immemorabile mal si accomodavano le lettere del reparto TER PIA

INTE SIVA.

In te si va” sussurrò fra sé e sé “in te si va, per sempre”.

Una chiazza di sudore si stava già allargando sotto le ascelle della divisa verde. “Maledetto caldo, ‘sto schifo di divisa sintetica non lascia traspirare” pensò mentre una sorsata d’acqua fredda scendeva a rinfrescarle la gola.

Ciao Rosy, guarda che al 5 è arrivata una nuova”.

In te si va, per sempre. Addio Adolfo”, fu il congedo di Rosy mentre si avvicinava al letto n. 5.

Guardò la nuova paziente. Due occhi cerulei erano spalancati verso il soffitto e sul viso grinzoso e rattrapprito si appoggiavano, sparse e sudaticce, lunghe ciocche di fini capelli immacolati.

L’occhialino di plastica al naso aveva già impresso due solchi rossi su quella pelle pallida e sottile.

Avrà almeno novant’anni” considerò mentalmente Rosy, mentre controllava il flusso di potenza dell’ossigeno.

Dal lenzuolo bianco che copriva il corpo sbucavano due avambracci nudi. Le mani esangui, colorate da un reticolato di canali azzurri, erano avvinghiate con forza alle spondine di sicurezza del letto monitorato, quasi fossero l’unico appiglio necessario alla vita.

Come si chiama?”, chiese a Flavio, l’ausiliario che a quell’ora provvedeva all’igiene dei degenti costretti al letto.

Crocefissa”.

Stai scherzando, vero?”. Una sopracciglia alzata mostrava il chiaro scetticismo rispetto a quanto appena sentito. Non sopportava il dileggio irrispettoso del personale ausiliario nell’affibbiare nomignoli a ogni malato che transitava in quel reparto.

Flavio, inoltre, pur di attirare le simpatie delle giovani tirocinanti, dava mostra di notevole creatività nell’inventare soprannomi a seconda delle caratteristiche fisiche o psicologiche mostrate dai sofferenti. C’era stato il turno del Pisciasotto, dell’Urlatore, del Tartaglia, della Fuggitiva, per citare gli ultimi ingressi. Per Adolfo aveva coniato il saluto “Heil mein Herr”, giustificando il suo atteggiamento con un “Tanto è in coma”.

Ti giuro di no. Si chiama proprio Crocefissa. Mica male eh? Si vede che sua madre se la sentiva che finiva così”, sghignazzò Flavio.

Gli occhi di Rosy si posarono nuovamente sull’anziana donna.

Di quel biancore spettrale l’unico contrasto offerto dalla poca carne visibile non era effettivamente dissimile, se non per la posizione orizzontale, dall’immagine della crocefissione.

Ma questo rendeva ancora più drammatica la ricerca disperata che il celeste degli occhi protesi verso l’alto e il respiro affannoso sembravano esprimere.

Ricacciò con forza le lacrime che già offuscavano lo sguardo.
Ai letti succedono altri letti” si ripeté mentre entrava nello studio del primario.

Dottore, per il 5 posso alzare l’ossigeno?

Inizio alternativo

Corsie

Piano sesto”. La voce metallica dell’ascensore annunciava per i non udenti l’arresto su tutti i piani del vecchio ospedale. Pareva abbastanza singolare, in quella ottocentesca costruzione dalle pareti con pezzi di intonaco staccato e arredi riciclati, trovare una traccia di modernità, probabilmente determinata dalle leggi della sicurezza sul lavoro.

Il sesto piano era l’ultimo.

Il piano più vicino al cielo”, fu il primo pensiero di Rosy, quando, fresca di laurea, iniziò la sua professione di infermiera nel Reparto Rianimazione.

A distanza di due anni si era abituata solo a varcarne la soglia e a non scuotere la testa davanti a quelle lettere incomplete che identificavano il reparto della Unità Operativa di Cardiologia:

TER PIA INTE SIVA.

Sapeva che in quel luogo la vita è una scommessa e, nonostante molti riuscissero a vincerla, per altrettanti, se non per i più, il passaggio da quei letti era l’ultimo. Per sempre.

Ai letti succedono altri letti.

Ricordatevelo sempre, altrimenti non resisterete a lungo in Rianimazione”. Le parole del Prof. Scorza adesso risuonavano più credibili dai tempi dell’università. Ma era tremendamente complicato scindere l’oggetto dalla persona. Almeno per lei.

In te si va; in te si va, per sempre”, sussurrò fra sé e sé spingendo la porta di vetro smerigliato del reparto.

Una chiazza di sudore si stava già allargando sotto le ascelle della divisa verde. “Maledetto caldo, ‘sto schifo di divisa sintetica non lascia traspirare” pensò mentre una sorsata d’acqua fredda scendeva a rinfrescarle la gola.

Ciao Rosy, guarda che al 5 è arrivata una nuova”.

In te si va, per sempre. Addio Adolfo”, fu il congedo di Rosy mentre si avvicinava al letto n. 5.

Guardò la nuova paziente. Due occhi cerulei erano spalancati verso il soffitto e sul viso grinzoso e rattrapprito si appoggiavano, sparse e sudaticce, lunghe ciocche di fini capelli immacolati.

L’occhialino di plastica al naso aveva già impresso due solchi rossi su quella pelle pallida e sottile.

Avrà almeno novant’anni” considerò mentalmente Rosy, mentre controllava il flusso di potenza dell’ossigeno.

Dal lenzuolo bianco che copriva il corpo sbucavano due avambracci nudi. Le mani esangui, colorate da un reticolato di canali azzurri, erano avvinghiate con forza alle spondine di sicurezza del letto monitorato, quasi fossero l’unico appiglio necessario alla vita.

Come si chiama?”, chiese a Flavio, l’ausiliario che a quell’ora provvedeva all’igiene dei degenti costretti al letto.

Crocefissa”.

Stai scherzando, vero?”. Una sopracciglia alzata mostrava il chiaro scetticismo rispetto a quanto appena sentito. Non sopportava il dileggio irrispettoso del personale ausiliario nell’affibbiare nomignoli a ogni malato che transitava in quel reparto.

Flavio, inoltre, pur di attirare le simpatie delle giovani tirocinanti, dava mostra di notevole creatività nell’inventare soprannomi a seconda delle caratteristiche fisiche o psicologiche mostrate dai sofferenti. C’era stato il turno del Pisciasotto, dell’Urlatore, del Tartaglia, della Fuggitiva, per citare gli ultimi ingressi. Per Adolfo aveva coniato il saluto “Heil mein Herr,” giustificando il suo atteggiamento con un “Tanto è in coma”.

Ti giuro di no. Si chiama proprio Crocefissa. Mica male eh? Si vede che sua madre se la sentiva che finiva così”, sghignazzò Flavio.

Gli occhi di Rosy si posarono nuovamente sull’anziana donna.

Di quel biancore spettrale l’unico contrasto offerto dalla poca carne visibile non era effettivamente dissimile, se non per la posizione orizzontale, dall’immagine della crocefissione.

Ma questo rendeva ancora più drammatica la ricerca disperata che il celeste degli occhi protesi verso l’alto e il respiro affannoso sembravano esprimere.

Ricacciò con forza le lacrime che già offuscavano lo sguardo.
Ai letti succedono altri letti” si ripeté mentre entrava nello studio del primario.

Dottore, per il 5 posso alzare l’ossigeno?

Un pensiero riguardo “prove di scrittura narrativa: Paolo Ferrario, CORSIE, 16 aprile 2016

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