Come ordinare una biblioteca di Roberto Calasso (Adelphi). Emanuele Trevi sul Corriere della Sera: «Con Il libro di tutti i libri, uscito nello scorso autunno, Roberto Calasso ha aggiunto la decima parte a un’opera immensa, affascinante quanto inclassificabile, il cui primo volume, La rovina di Kasch, risale ormai a trentasette anni fa. […] Accanto all’opus magnum, poi, Calasso pubblica di tanto in tanto dei volumi di scritti minori, dove si esaltano le sue qualità di saggista, come in La letteratura e gli dèi e in questo Come si ordina una biblioteca, che raccoglie vari interventi (alcuni già apparsi parzialmente sulle pagine di questo giornale) legati a una riflessione sugli oggetti, le istituzioni, i modelli mentali che ruotano intorno al concetto di libro, a partire dalla sua materialità fisica di oggetto ormai più volte dato per obsoleto e morituro ma, come osserva Calasso, insostituibile come i letti, o i cucchiai. […] Forse Calasso sottovaluta eccessivamente l’e-book, che permette un’esperienza del tutto nuova e molto avvincente: leggere al buio. Ma ha perfettamente ragione quando afferma che il mondo è ancora pieno di libri, alla faccia di tanti futurologi, perché il nostro corpo ci permette un numero molto limitato di gesti e “gli oggetti sono tentativi più o meno felici di adattarsi alle caratteristiche inevitabili di quei gesti”. Oltre alle riflessioni promesse dal titolo sull’ordinamento di biblioteche pubbliche e private, il libro di Calasso affronta, nell’ordine, l’epoca d’oro delle riviste letterarie (all’incirca dal 1920 al 1945); la recensione (il cui archetipo risale a un articolo del 1665); e infine le librerie: queste, sì, come tutti sappiamo, a rischio di estinzione con l’avvento di Amazon. Il filo rosso di queste meditazioni ci sembra quello della teoria del “buon vicinato”, che risale ad Aby Warburg, che, oltre a essere stato un formidabile precursore nella storia dell’arte e nello studio dei simboli, diede forma a una biblioteca che nacque come privata ed è diventata un vero e proprio patrimonio dell’umanità. Ebbene, alla base dell’intuizione di Warburg c’è il fatto che i libri non esauriscono mai in se stessi i loro significati, come se fossero autosufficienti monadi verbali, ma ne generano di nuovi e imprevisti attraverso il loro accostamento: ovviamente nella mente di chi legge, ma anche sugli scaffali di una biblioteca o di una libreria. E lo stesso vale anche per gli indici delle grandi riviste letterarie del Novecento, dove si potevano trovare fianco a fianco, mettiamo, una prosa di Paul Valéry e un capitolo dell’Ulisse di Joyce. Si tratta pur sempre, come scrive Calasso con una formula che potrebbe applicarsi anche alle sue opere maggiori, di “moltiplicare e complicare i significati”» (leggi qui).
