la “meraviglia” nelle poesie di Maria Zambrano

La meraviglia rappresenta un tema centrale nel pensiero di María Zambrano, filosofa spagnola che la interpreta come stato originario di stupore estatico (thaumázein greco), privo di volontà e aperto alla realtà, contrapposto alla violenza che lo rompe generando il pensiero filosofico.

Nei suoi saggi come Filosofia e poesia, la meraviglia emerge come forza archetipica passiva e pura, origine della poesia e dell’amore, che si oppone alla razionalità sistematica e favorisce una “ragione poetica” capace di accogliere il mistero dell’esistenza.libreriamo+2

Meraviglia e poesia

Zambrano distingue poesia e filosofia:

la prima accetta passivamente la molteplicità del mondo in uno stupore contemplativo,

mentre la seconda ricerca attivamente l’unità attraverso domande metodiche.

Questo stupore attonito, che include elementi di strano e mostruoso, caratterizza lo stato d’animo del filosofo e permea la sua opera lirica, come in testi evocativi dove l’anima si risveglia in “chiari del bosco”, radure di luce miracolosa che liberano dall’angoscia del vuoto.notedipastoralegiovanile+3

Esempi nelle opere

Sebbene Zambrano sia nota per saggi filosofici, la sua prosa poetica – come in Chiari del bosco o L’acqua assorta – esprime la meraviglia attraverso immagini di liberazione improvvisa e armonia con la natura, dove l’essere ritrova ordine dopo il caos oscuro.

Testi come quelli su foglie, roccia e stagioni simboleggiano una rinascita cosmogonica, con la meraviglia come cura della terra e dell’umano, fioritura di sensi nuovi senza mutamento.filosofico+2

La sua riflessione invita a un pensiero “instancabile” e vivente, nato dalla tensione tra estasi e frattura, sempre fedele all’umiltà poetica.formazione.indire+1

  1. https://libreriamo.it/frasi/maria-zambrano-sul-valore-meraviglia/
  2. https://it.wikipedia.org/wiki/Mar%C3%ADa_Zambrano
  3. https://www.larecherche.it/testo.asp?Tabella=Proposta_Poesia&Id=3379
  4. https://www.notedipastoralegiovanile.it/questioni-filosofiche/la-filosofia-come-cammino-di-vita-in-maria-zambrano
  5. https://www.studocu.com/it/document/universita-degli-studi-di-milano-bicocca/filosofia-delleducazione/filosofia-e-poesia/7017733
  6. https://www.filosofico.net/zambrano.htm
  7. https://www.pangea.news/zambrano-serpe-isabella-bignozzi/
  8. https://formazione.indire.it/paths/maria-zambrano-la-ragione-poetica-meraviglia-i
  9. https://www.academia.edu/126910989/Desde_el_pasmo_al_asombro_Nascita_meraviglia_e_stupore_in_Mar%C3%ADa_Zambrano
  10. http://blog.petiteplaisance.it/maria-zambrano-1904-1991-persona-e-colui-che-nella-vita-lascia-intravedere-con-la-sua-stessa-vita-che-un-senso-superiore-ai-fatti-fa-acquisire-ad-essi-significato-configurandoli-in-un/
  11. https://www.avvenire.it/agora/cultura/lamore-creatore-nelle-lettere-inedite-di-maria-zambrano_68441
  12. https://www.studocu.com/it/document/universita-degli-studi-di-foggia/storia-moderna/191407994-filosofia-e-poesia-maria-zambrano/3591713
  13. https://www.anteremedizioni.it/postille_le_ragioni_del_sentimento
  14. https://filosofiaenuovisentieri.com/2017/01/29/linconfessato-rapporto-tra-poesia-e-filosofia-in-maria-zambrano/
  15. https://perigeion.wordpress.com/2022/05/26/maria-garcia-zambrano-poesie/
  16. http://blog.petiteplaisance.it/maria-zambrano-1904-1991-la-violenza-vuole-mentre-la-meraviglia-non-vuole-nulla-le-e-estraneo-e-perfino-nemico-tutto-quanto-non-persegue-il-suo-inestinguibile-stupore-estatico/
  17. https://www.menaboonline.it/l-esilio-della-poesia

Vecchioni Roberto, L’orso bianco era nero. Storia e leggenda della parola, Piemme, 2025

Roberto Vecchioni, L’orso bianco era nero (Piemme, 2025)
Il libro, pubblicato il 25 marzo 2025, esplora la storia e il potere evocativo della parola attraverso un percorso che unisce linguistica, filosofia e riflessione personale.

Vecchioni, cantautore, poeta e professore di Contemporaneità dell’antico all’Università IULM di Milano, attinge a decenni di appunti, ricerche e insegnamento per offrire una narrazione non accademica ma coinvolgente15.

Struttura e contenuti
Il testo parte dalle origini del linguaggio, analizzando radici etimologiche e sviluppi storici, con riferimenti a figure come Socrate, Plauto e Aulo Gellio. Vecchioni sottolinea come le parole non siano semplici strumenti comunicativi, ma codici emotivi che plasmano la comprensione del mondo e la democrazia stessa: «Più parole ci sono, più democrazia c’è»35.

«Questo libro ha a che fare con la linguistica come io assomiglio a un orso bianco o se preferite nero.

Non ho nessuna intenzione di sciorinarvi un’opera corretta, metodica, e men che meno colta, accademica, incomprensibile ai più e infine del tutto inutile a chi sfaccenda pieno di cazzi suoi col tempo che vola.

D’altronde non ho neanche voglia di mortificare una scienza (arte?) meravigliosa riducendo tutto all’osso e tirar fuori un “bigino” per deficienti.

L’intento è un altro: è quello di farvi innamorare. Avete letto bene! Farvi innamorare della parola.

Penserete “questo è matto”. Scommettiamo? Sono i miei ottant’anni d’amore, raccolti da decine e decine di fogli sparsi qua e là nel tempo, stipati in block-notes, quaderni, schemi per lezioni, sghiribizzi personali, letture sottolineate, ricerche notturne, confronti, domande infinite, scoperte mai immaginate da altri, un gioco famelico a sapere e chiarire, un’ubriacatura di luci intermittenti, ipnotiche, fatali, perché più ci entravo in quelle parole, più sentivo una foga irrefrenabile a entrarci, e capivo, comprendevo a pieno la “vera” essenza di tutto, la corposità, la fisicità di quelli che pensiamo solo suoni e invece sono codici risolti perché perfette in noi si rivelino le emozioni, le commozioni nostre e degli altri; le parole sono un groviglio logico di foni, suoni che specchiano l’uomo. Questa era la mia felicità.»

Approccio e stile
L’autore rifiuta un tono specialistico, privilegiando un registro accessibile e passionale. Il libro nasce da una raccolta di materiali personali (quaderni, lezioni, letture) e mira a suscitare un innamoramento per la parola, mostrandone la «corposità» e il legame con l’essenza umana15.

fonti informative:

  1. https://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/musica/2025/03/12/lorso-bianco-era-nero-esce-libro-di-vecchioni-sulle-parole_518d7633-89be-4978-9e81-68ff9843edc8.html
  2. https://www.libreriauniversitaria.it/orso-bianco-era-nero-storia/libro/9788856699104
  3. https://www.la7.it/in-altre-parole/video/lorso-bianco-era-nero-vecchioni-la-democrazia-non-esiste-senza-le-parole-23-03-2025-587615
  4. https://www.libreriauniversitaria.it/orso-bianco-era-nero-vecchioni/libro/9788856699104
  5. https://www.edizpiemme.it/libri/lorso-bianco-era-nero/
  6. https://www.mondadoristore.it/L-orso-bianco-era-nero-Roberto-Vecchioni/eai978885669910/
  7. https://www.youtube.com/watch?v=xe3tYitSmbg
  8. https://www.youtube.com/watch?v=azFX2okq4EY

Etimologia: “étymos”, “lógos”

Etimologia deriva da due parole greche:

  • ἔτυμος (étymos): significa “intimo significato della parola”, “vero significato”, “origine”. Si riferisce al significato originario e profondo di un termine.
  • λόγος (lógos): significa “discorso”, “studio”, “ragione”. Indica l’atto di studiare, indagare e comprendere.

Quindi, etimologia significa letteralmente “studio dell’origine delle parole”

Galimberti Umberto, Parole nomadi, Feltrinelli, 1994. Rielaborazione di articoli pubblicati sul supplemento domenicale de Il Sole 24 Ore nel 1991/1992. Il libro è stato ripubblicato nel 2023 dalla Repubblica

Giacomo Leopardi nel suo “Zibaldone” assegna a un breve testo il compito di registrare un’utile distinzione: Termini e parole … di Gabriele De Ritis

Giacomo Leopardi nel suo “Zibaldone” assegna a un breve testo il compito di registrare un’utile distinzione: Termini e parole.

Chiamiamo ‘termine’ tutto ciò che viene dal Vocabolario e che ci restituisce la ‘semplice’ definizione di un elemento del Lessico. Ad esempio, l’aggettivo ‘solitario’.

Chiamiamo ‘parola’, con lui, invece, ‘ermo’, che incontriamo nel primo verso de “L’infinito”.

Le antologie scolastiche della Letteratura italiana danno per lo studente il significato di ‘solitario’. Si direbbe che non significhi altro. Eppure, le stesse antologie in nota aggiungono che c’è di più, che ‘ermo’ è più che ‘solitario’. Più che ‘termine’, ‘ermo’ è ‘parola’, dunque evoca significati ulteriori, che provengono dalla soggettività dell’Autore, dal suo mondo poetico.

Diremo, allora, che il significato di ‘ermo’ è più ampio di quello di ‘solitario’. “Ci piace di più”, perché suscita in noi sensazioni vaghe e indefinite. Abbiamo detto “ci piace di più”, perché è giustamente implicato nell’uso di quella parola il gusto sensistico per il ‘peregrino’, cioè per i termini ricercati, che si fanno preziose parole nel contesto poetico dato. È così per il Recanatese, almeno fino al 1828. Diciamo, infatti, che la poetica leopardiana può essere definita fino a quella data come una poetica dell’indefinito e della rimembranza.

Il poeta predilige i termini vaghi e indefiniti, che siano capaci di evocare rimembranze, il caro ricordo di esperienze fatte. Il ‘sempre’ che apre “L’infinito” viene da lui spiegato così nello “Zibaldone”: una ricordanza, una ripetizione. Altrove dirà che le cose, i luoghi, le persone incontrate acquistavano pregio per lui quando ne faceva esperienza ripetuta, tanto che diventavano oggetto di rimembranza.

La Linguistica generale ci ha fornito un’importante distinzione, tra Denotazione e Connotazione, a significare il valore oggettivo e quello soggettivo dei termini che usiamo. Perciò, un colle è solo un colle nell’uso quotidiano e geografico del termine, che nel farsi ermo in un testo poetico acquista un valore connotativo che andrà chiarito alla luce della poetica dell’Autore che ne fa uso. Perciò noi andiamo in cerca di parole ricercate ogni giorno della nostra vita, quando abbiamo bisogno di dire anche semplicemente “ti auguro una buona giornata”.

Allora, le parole di Paolo vengono in nostro soccorso, soprattutto quando vogliamo far sentire a una persona a noi cara, o per la quale nutriamo una grande stima, che la pensiamo in modo diverso, che vogliamo riservarle un pensiero in più, che intendiamo suggellare con parole intense il sentimento di augurio che accompagna il piccolo addio con il quale ci congediamo, per dire Arrivederci. Pensiamo, infatti, a rivederci ancora, ma non vogliamo che il nostro saluto non lasci nessuna traccia nel cuore della persona che ci accingiamo a salutare. Altra cosa è ciò di cui facciamo pure esperienza, quando ci sembra che gli altri non riescano a dire in modo efficace ciò che riusciamo a fatica ad immaginare. È penoso per noi ritrovarci di fronte alla loro povertà di linguaggio, alla carenza di termini e parole che aiutino a dire compiutamente ciò che provano di fronte alle cose del mondo. Ancor più doloroso è cogliere a volte in loro un’inadeguata espressione di sé, che non favorisce la nostra comprensione degli stati di coscienza altrui. Dobbiamo sopperire con le nostre parole, suggerendole, talvolta, come facciamo con i bambini che cercano di dare un perimetro alla loro esperienza, definendola per ogni lato, quasi a percorrerla da cima a fondo. Anche se non abbiamo voluto ‘integrare’ o, peggio, ‘correggere’ l’espressione di sé tutte le volte che ci sembrava potessimo ferire la sensibilità della persona. Tacere di fronte alle difficoltà espressive degli altri rientra in quella che è stata chiamata “dissimulazione onesta”, cioè il mentire a fin di bene: fingiamo di aver capito, sopperendo con un supplemento di ‘traduzione’ in più. I processi empatici, infatti, prevedono anche questo, che si producano le necessarie inferenze per risalire alle intenzioni dei parlanti, perché la comunicazione emotiva sia efficace in ognuno dei suoi momenti. Uno dei compiti alti della Cultura è questo: aiutare a trovare le parole, ad esplorare i mondi possibili in cui siamo invitati ad entrare tutte le volte che nella vita quotidiana o nelle narrazioni letterarie qualcuno prende a raccontare. Se chi racconta è portato ad inventare, anche noi ascoltatori dovremo trovare le parole giuste per ricreare dentro di noi un mondo che viva di vita propria, che ci incanti e ci faccia sognare ancora un po’, anche se si tratta di un mondo che non è il nostro. I sentimenti che suscita in noi il racconto degli altri sono i più diversi: se ci disponiamo all’ascolto, possiamo far sentire all’altro che c’è spazio sufficiente “dentro di noi” per ospitare i sensi della battaglia che tutti gli umani quotidianamente ingaggiano contro la morte, riconoscendosi il beneficio di inventare la mossa in più che allontana ancora un po’ da tutti noi la vittoria dell’ora che non ha sorelle. Trovare le parole è un morire alla vita, concedendo sì alla morte il diritto alla sua mossa, ma con la consapevolezza del fatto che abbiamo ancora una chance, la possibilità di compiere altre mosse: abbiamo ragioni ancora da spenderci per affermare la volontà di vivere, contro la piccola morte che ci opprime tutte le volte che non troviamo le parole per rivendicare un nostro diritto o per dire più semplicemente che ci siamo anche noi, che vorremmo ci fossero riservate le attenzioni di cui facciamo esperienza tutte le volte che gli altri mostrano di avere qualcosa da dire anche a noi.

Parole

Ugo Volli, Parole in gioco. Piccolo inventario delle idee correnti, Editrice Compositori, 2009
p. 104-108

Fahrenheit Vocabolario

Blogged with the Flock Browser

Nicolas Pethes, Jens Ruchatz, Dizionario della memoria

Nicolas Pethes, Jens Ruchatz, Dizionario della memoria, Bruno Mondadori, 2002
p. 321-322