IL LIBRO DELLE RISPOSTE LETTERARIE, a cura di Lucia Coco, illustrazioni di Olaf, Wudz edizioni, Arezzo/Milano, 2024. Con l’indice degli autori e delle citazioni

Handke Peter, Pomeriggio di uno scrittore, Guanda editore, 2019

scheda dell’editore:

https://www.guanda.it/libri/peter-handke-pomeriggio-di-uno-scrittore-9788823506510/


Uno scrittore, reduce da un periodo di crisi, s’incammina per la città dopo un pomeriggio di lavoro. Attraversa strade e piazze, giunge alla periferia e rientra a casa quando l’oscurità è già calata.

Che accada poco, in queste pagine, è pura apparenza: si tratta del resoconto di un viaggio attraverso il mondo intero.

Lo scrittore racconta del suo scrivere e del prezzo che per questo deve pagare, della sua vita e del poco tempo che gli rimane dopo i momenti di più intenso lavoro: una leggera pigrizia, il piacere di girovagare, la distaccata percezione delle cose quotidiane e dei particolari più insignificanti.

E tutto rientra nello scrivere: assieme a un dubbio costante, nei confronti di se stesso e degli altri. Sotto il sole pomeridiano, alla luce del crepuscolo e poi dell’oscurità notturna, Peter Handke percorre una lunga strada attraverso la città e attraverso se stesso, offrendo al lettore una profonda riflessione su una letteratura che si alimenta nel concreto rapporto con la realtà

Thich Nhat Hanh, Lo sbocciare di un loto. Meditazioni guidate per la consapevolezza, la guarigione e la trasformazione, Ubiliber editore, 2024. Indice del libro

scheda dell’editore:

https://gategate.it/lo-sbocciare-di-un-loto/

È il respiro consapevole l’inizio di ogni cambiamento. Il respiro è cura e guarigione dalle ferite nel corpo e nell’anima. È rivoluzione profonda e inesorabile nel cuore e nel mondo. Meditare è restare in contatto con questa verità che Thich Nhat Hanh, nel corso della sua esistenza, non ha mai smesso di trasmettere con amorevole compassione a discepoli e discepole di ogni dove.

Lo sbocciare di un loto, edizione rivista e ampliata de Lo splendore del loto (Ubaldini), è il lascito di quegli anni di insegnamento: è la raccolta più completa degli esercizi per la pratica della meditazione di consapevolezza, introdotti e spiegati dalla voce calma e sincera del Maestro dell’interessere, ma è anche, e soprattutto, una guida capace di avvicinare chiunque, dai praticanti alle prime armi a quelli più esperti, al proprio intimo sé per abbracciare l’umanità intera e il Pianeta in ogni sua forma di vita.

Anche noi, esseri umani, siamo fiori nel giardino dei fenomeni, ma a volte dimentichiamo la nostra bellezza, che è un riflesso di quella dell’universo. È in questa dimenticanza, in questo doloroso allontanarci dalla nostra vera natura, che nascono difficoltà e complicazioni, e si genera sofferenza per sé e per gli altri. “No mud, no lotus.” Senza fango, non c’è il fiore di loto. Senza sofferenza, non c’è possibilità di sbocciare a nuova consapevolezza. La meditazione ha il potere di riportarci a casa, di accorciare la distanza tra noi e gli altri, tra noi e tutto ciò che ci circonda. Rivolgendo l’attenzione al corpo nel semplice e primordiale atto di inspirare ed espirare, potremo ritornare al momento presente e fare esperienza diretta dell’interdipendenza e dell’impermanenza del reale.

Riconoscendo e accogliendo ciò che sorge in noi riprenderemo contatto con i nostri sensi e il sentire stesso, si dissolveranno le emozioni difficili, la paura, la rabbia, le incomprensioni, e il nostro essere nel mondo acquisirà un senso nuovo.

È nella cura del proprio giardino interiore, nella scelta quotidiana di quali semi innaffiare e quali no, che può nascere la pace, dentro e fuori di noi.

Thich Nhat Hanh

È stato insegnante, studioso, attivista per la pace. Nato in Vietnam nel 1926 e ordinato monaco a 16 anni, ha dedicato la sua vita al lavoro umanitario, alla risoluzione dei conflitti e alla diffusione del buddhismo. Nel 1982 ha fondato Plum Village in Francia, un centro per la pratica della consapevolezza

NUCCIO ORDINE, Gli uomini non sono isole. I classici ci aiutano a vivere | La Nave di Teseo, 2018

Gli uomini non sono isole

“ Nessun uomo è un’isola, intero in se stesso. ciascuno è un pezzo del continente, una parte dell’oceano. Se una zolla di terra viene portata via dal mare, l’Europa ne è diminuita […]; la morte di qualsiasi uomo mi diminuisce, perché sono preso nell’umanità, e perciò non mandar mai a chiedere per chi suona la campana; essa suona per te.” – John Donne
Prendendo le mosse dalla commovente meditazione di John Donne (1624) a cui si ispira il titolo del volume, Nuccio Ordine arricchisce la sua “biblioteca ideale” invitandoci a leggere (e a rileggere) altre meravigliose pagine della letteratura mondiale. Convinto che una brillante citazione possa sollecitare la curiosità dei lettori e incoraggiarli a impossessarsi dell’opera intera, Ordine prosegue la sua battaglia a favore dei classici, mostrando come la letteratura sia fondamentale per rendere l’umanità più solidale e più umana.
In un’epoca segnata da brutali egoismi, dalla ripresa dei razzismi e dell’antisemitismo, dalle terribili disuguaglianze economiche e sociali, dalla paura dello “straniero”, queste pagine invitano a capire che “vivere per gli altri” è un’opportunità per dare un senso forte alla nostra vita. Sulla scia di L’utilità dell’inutile (tradotto in 32 Paesi) e di Classici per la vita (tradotto in 6 lingue), questo nuovo volume è un inno a ciò che nella nostra società viene considerato ingiustamente “inutile” perché non produce

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Gli uomini non sono isole | La Nave di Teseo

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EPICURO, Lettera sulla felicità (a Meneceo)

DA:  https://www.liberliber.it/mediateca/libri/e/epicurus/lettera_sulla_felicita_a_meneceo/pdf/letter_p.pdf

Meneceo,

122 Mai si è troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità. A qualsiasi età è bello occuparsi del benessere dell’animo nostro. Chi sostiene che non è ancora giunto il momento di dedicarsi alla conoscenza di essa, o che ormai è troppo tardi, è come se andasse dicendo che non è ancora il momento di essere felice, o che ormai è passata l’età. Ecco che da giovani come da vecchi è giusto che noi ci dedichiamo a conoscere la felicità. Per sentirci sempre giovani quando saremo avanti con gli anni in virtù del grato ricordo della felicità avuta in passato, e da giovani, irrobustiti in essa, per prepararci a non temere l’avvenire. Cerchiamo di conoscere allora le cose che fanno la felicità, perché quando essa c’è tutto abbiamo, altrimenti tutto facciamo per possederla.

123 Pratica e medita le cose che ti ho sempre raccomandato: sono fondamentali per una vita felice. Prima di tutto considera l’essenza del divino materia eterna e felice, come rettamente suggerisce la nozione di divinità che ci è innata. Non attribuire alla divinità niente che sia diverso dal sempre vivente o contrario a tutto ciò che è felice, vedi sempre in essa lo stato eterno congiunto alla felicità. Gli dei esistono, è evidente a tutti, ma non sono come crede la gente comune, la quale è portata a tradire sempre la nozione innata che ne ha. Perciò non è irreligioso chi rifiuta la religione popolare, ma colui che i giudizi del popolo attribuisce alla divinità.

124 Tali giudizi, che non ascoltano le nozioni ancestrali, innate, sono opinioni false. A seconda di come si pensa che gli dei siano, possono venire da loro le più grandi sofferenze come i beni più splendidi. Ma noi sappiamo che essi sono perfettamente felici, riconoscono i loro simili, e chi non è tale lo considerano estraneo. Poi abituati a pensare che la morte non costituisce nulla per noi, dal momento che il godere e il soffrire sono entrambi nel sentire, e la morte altro non è che la sua assenza. L’esatta coscienza che la morte non significa nulla per noi rende godibile la mortalità della vita, senza l’inganno del tempo infinito che è indotto dal desiderio dell’immortalità.

125 Non esiste nulla di terribile nella vita per chi davvero sappia che nulla c’è da temere nel non vivere più. Perciò è sciocco chi sostiene di aver paura della morte, non tanto perché il suo arrivo lo 4 farà soffrire, ma in quanto l’affligge la sua continua attesa. Ciò che una volta presente non ci turba, stoltamente atteso ci fa impazzire. La morte, il più atroce dunque di tutti i mali, non esiste per noi. Quando noi viviamo la morte non c’è, quando c’è lei non ci siamo noi. Non è nulla né per i vivi né per i morti. Per i vivi non c’è, i morti non sono più. Invece la gente ora fugge la morte come il peggior male, ora la invoca come requie ai mali che vive.

126 Il vero saggio, come non gli dispiace vivere, così non teme di non vivere più. La vita per lui non è un male, né è un male il non vivere. Ma come dei cibi sceglie i migliori, non la quantità, così non il tempo più lungo si gode, ma il più dolce. Chi ammonisce poi il giovane a vivere bene e il vecchio a ben morire è stolto non solo per la dolcezza che c’è sempre nella vita, anche da vecchi, ma perché una sola è la meditazione di una vita bella e di una bella morte. Ancora peggio chi va dicendo: bello non essere mal nato, ma, nato, al più presto varcare la soglia della morte.

127 Se è così convinto perché non se ne va da questo mondo? Nessuno glielo vieta se è veramente il suo desiderio. Invece se lo dice così per dire fa meglio a cambiare argomento. Ricordiamoci poi che il futuro non è del tutto nostro, ma neanche del tutto non nostro. Solo così possiamo non aspettarci che assolutamente s’avveri, né allo stesso modo disperare del contrario. Così pure teniamo presente che per quanto riguarda i desideri, solo alcuni sono naturali, altri sono inutili, e fra i naturali solo alcuni quelli proprio necessari, altri naturali soltanto. Ma fra i necessari certi sono fondamentali per la felicità, altri per il benessere fisico, altri per la stessa vita.

128 Una ferma conoscenza dei desideri fa ricondurre ogni scelta o rifiuto al benessere del corpo e alla perfetta serenità dell’animo, perché questo è il compito della vita felice, a questo noi indirizziamo ogni nostra azione, al fine di allontanarci dalla sofferenza e dall’ansia. Una volta raggiunto questo stato ogni bufera interna cessa, perché il nostro organismo vitale non è più bisognoso di alcuna cosa, altro non deve cercare per il bene dell’animo e del corpo. Infatti proviamo bisogno del piacere quando soffriamo per la mancanza di esso. Quando invece non soffriamo non ne abbiamo bisogno.

129 Per questo noi riteniamo il piacere principio e fine della vita felice, perché lo abbiamo riconosciuto bene primo e a noi congenito. Ad esso ci ispiriamo per ogni atto di scelta o di rifiuto, e scegliamo ogni bene in base al sentimento del piacere e del dolore. E’ bene primario e naturale per noi, per questo non scegliamo ogni piacere. Talvolta conviene tralasciarne alcuni da cui può venirci più male che bene, e giudicare alcune sofferenze preferibili ai piaceri stessi se un piacere più grande possiamo provare dopo averle sopportate a lungo. Ogni piacere dunque è bene per sua intima natura, ma noi non li scegliamo tutti. Allo stesso modo ogni dolore è male, ma non tutti sono sempre da fuggire. 5

130 Bisogna giudicare gli uni e gli altri in base alla considerazione degli utili e dei danni. Certe volte sperimentiamo che il bene si rivela per noi un male, invece il male un bene. Consideriamo inoltre una gran cosa l’indipendenza dai bisogni non perché sempre ci si debba accontentare del poco, ma per godere anche di questo poco se ci capita di non avere molto, convinti come siamo che l’abbondanza si gode con più dolcezza se meno da essa dipendiamo. In fondo ciò che veramente serve non è difficile a trovarsi, l’inutile è difficile.

131 I sapori semplici danno lo stesso piacere dei più raffinati, l’acqua e un pezzo di pane fanno il piacere più pieno a chi ne manca. Saper vivere di poco non solo porta salute e ci fa privi d’apprensione verso i bisogni della vita ma anche, quando ad intervalli ci capita di menare un’esistenza ricca, ci fa apprezzare meglio questa condizione e indifferenti verso gli scherzi della sorte. Quando dunque diciamo che il bene è il piacere, non intendiamo il semplice piacere dei goderecci, come credono coloro che ignorano il nostro pensiero, o lo avversano, o lo interpretano male, ma quanto aiuta il corpo a non soffrire e l’animo a essere sereno.

132 Perché non sono di per se stessi i banchetti, le feste, il godersi fanciulli e donne, i buoni pesci e tutto quanto può offrire una ricca tavola che fanno la dolcezza della vita felice, ma il lucido esame delle cause di ogni scelta o rifiuto, al fine di respingere i falsi condizionamenti che sono per l’animo causa di immensa sofferenza. Di tutto questo, principio e bene supremo è l’intelligenza delle cose, perciò tale genere di intelligenza è anche più apprezzabile della stessa filosofia, è madre di tutte le altre virtù. Essa ci aiuta a comprendere che non si dà vita felice senza che sia intelligente, bella e giusta, né vita intelligente, bella e giusta priva di felicità, perché le virtù sono connaturate alla felicità e da questa inseparabili.

133 Chi suscita più ammirazione di colui che ha un’opinione corretta e reverente riguardo agli dei, nessun timore della morte, chiara coscienza del senso della natura, che tutti i beni che realmente servono sono facilmente procacciabili, che i mali se affliggono duramente affliggono per poco, altrimenti se lo fanno a lungo vuol dire che si possono sopportare ? Questo genere d’uomo sa anche che è vana opinione credere il fato padrone di tutto, come fanno alcuni, perché le cose accadono o per necessità, o per arbitrio della fortuna, o per arbitrio nostro. La necessità è irresponsabile, la fortuna instabile, invece il nostro arbitrio è libero, per questo può meritarsi biasimo o lode.

134 Piuttosto che essere schiavi del destino dei fisici, era meglio allora credere ai racconti degli dei, che almeno offrono la speranza di placarli con le preghiere, invece dell’atroce, inflessibile necessità. La fortuna per il saggio non è una divinità come per la massa – la divinità non fa nulla a caso – e neppure qualcosa priva di consistenza. Non crede che essa dia agli uomini alcun bene o male determinante per la vita felice, ma sa che può offrire l’avvio a grandi beni o mali.

135 Però è meglio essere senza fortuna ma saggi che fortunati e stolti, e nella pratica è preferibile che un bel progetto non vada in porto piuttosto che abbia successo un progetto dissennato. 6 Medita giorno e notte tutte queste cose e altre congeneri, con te stesso e con chi ti è simile, e mai sarai preda dell’ansia. Vivrai invece come un dio fra gli uomini. Non sembra più nemmeno mortale l’uomo che vive fra beni immortali.