LUNARIO DEI DESIDERI, a cura di Vincenzo Guarracino, Di Felice editore, 2019

Nelle pagine del “libro infinito” della vita, la parola “amore” si declina in infiniti modi: abbracci, baci, assedio, assalti, desideri, fedeltà, tutto troppo spesso al passato, se non con al presente la minaccia del disamore, quando non drammaticamente addirittura dell’odio.
Ma cosa vuol dire esattamente la parola “amore”? (…) È all’interno di questo quadro che si collocano le risposte dei poeti interrogati in questo catalogo (troppo vasto, troppo ristretto?): risposte che compongono un romanzo e un’avventura proteiforme e interminabile (in senso freudiano), dal cui attraversamento, come da un mosaico, si può tentare di ricavare una teoria, una sacra processione di immagini.

Dalla prefazione di Vincenzo Guarracino

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Rosa Maria Corti, Viaggio poetico tra case e anime di scrittori, Montedit editore. Recensione di Pietro Berra in La Provincia 5 luglio 2021

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La cura dello sguardo. Nuova farmacia poetica di Franco Arminio (Bompiani)

La cura dello sguardo. Nuova farmacia poetica di Franco Arminio (Bompiani) . Gianluigi Simonetti su Il Sole 24 Ore: «Nella nota introduttiva, l’autore si presenta come un malato e insieme un guaritore, armonizzando due sottogeneri narrativi oggi fra i più diffusi: opere che raccontano un’infermità, opere che propongono qualche forma di assistenza o auto-aiuto. Alla confluenza tra i due ambiti, Arminio offre “istruzioni semplici”, “consigli che posso dare, piccoli precetti fatti in casa” – dove l’accento cade tanto sull’artigianato quanto sull’efficacia della scrittura (“la poesia è letteralmente un farmaco”; “la lingua è una grande cura”; “la medicina del futuro è la poesia”). […] Per funzionare, cioè per agire sul numero più alto possibile di lettori, un testo deve essere veloce: “un mondo che si è fatto velocissimo richiede una letteratura semplice e breve, diretta e limpida”; “molti ancora indugiano a scrivere come se le persone avessero ancora tempo per star dietro ai giochi con la lingua”. […] Aprendo il libro di Arminio troviamo innanzitutto una grande quantità di “poesia”, intesa come emotività decomplessata; ma una poesia che si dispiega quasi sempre nella prosa – cioè senza la fatica, la scommessa e il rischio dell’andare a capo (i testi versificati sono sei in duecento pagine). […] Nella Cura dello sguardo c’è un passo, rivelatore, in cui chi scrive esprime il proprio umanissimo bisogno di conferme: “Ho sempre cercato vanamente l’approvazione del paese, come quella del padre. Ma forse per un poeta questa è la cosa più difficile”. Infatti. Per molto tempo Arminio ha cercato l’approvazione della critica, che lo ha consacrato scrittore “di qualità”; adesso cerca l’approvazione di un pubblico vasto, che lo consacri scrittore “di successo”. E tuttavia non si può dire che il suo impianto retorico sia sostanzialmente cambiato (come non è cambiato il suo ansioso bisogno di padri); si è solo adeguato a un posizionamento differente, attenuando i marcatori stilistici associati alla qualità “per pochi” (per esempio il registro lugubre e autoptico, l’ipocondria nera, l’ironia fantastica, la fissità elencatoria) ed enfatizzando quelli che si associano alla letteratura “per tutti” (per esempio l’enfasi sentimentale, lo slancio terapeutico, i picchi patetici, i dispositivi oratori). Ma gli uni e gli altri erano già presenti nella sua scrittura. […] Il percorso di questo autore, al di là di ogni liquidazione o idolatria, è interessante per almeno due ragioni: mostra dove va la letteratura che vuole farsi leggere da molti, e quale prezzo può pagare per realizzare questo scopo; fa riflettere sulle contraddizioni della critica – su come la qualità, al pari dell’impegno, possa rivelarsi niente più che un’etichetta».

Una parola muore … di Emily Dickinson

Una parola muore

appena detta,

dice qualcuno.

Io dico che solo quel giorno

comincia a vivere

da

Una parola muore di Emily Dickinson

Emily Dickinson, Pochi amano veramente. Aforismi in versi e in prosa scelti e tradotti da Silvio Raffo, De Piante editore, 2021

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“IL TEMPO” di J. L. Borges da Oral” e ORAL – da Il Tempo Circolare – Jorge Luis Borges

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“IL TEMPO” di J. L. Borges da Oral” e ORAL – Il Tempo Circolare – Jorge Luis Borges

“Guardare il fiume fatto di tempo e d’acqua e ricordare che il tempo è un altro fiume …”, Jorge Luis Borges, in L’artefice, 1960

Guardare il fiume fatto di tempo e d’acqua
e ricordare che il tempo è un altro fiume.
Sapere che ci perdiamo come il fiume
e che passano i volti come l’acqua.

Sentire che la veglia è un altro sogno,
sogno di non sognare e la morte
che il nostro corpo teme è questa morte
di ogni notte, che chiamiamo sonno.

Vedere nel giorno o nell’anno un simbolo
dei giorni dell’uomo e dei suoi anni,
trasfigurare l’oltraggio degli anni
in una musica, un rumore, un simbolo,

vedere nella morte il sonno, nel tramonto
un triste oro, questo è la poesia
che è povera e immortale. La poesia
si volge come l’aurora e il tramonto.

Talora nel crepuscolo un volto
ci guarda dal fondo di uno specchio;
l’arte deve esser come quello specchio
che ci rivela il nostro proprio volto.

Ulisse, dicono, stanco di prodigi,
pianse d’amore, scorgendo la sua Itaca
umile e verde. L’arte è quell’Itaca
di verde eternità, non di prodigi.

È anche come il fiume senza fine
che passa e resta; è specchio di uno stesso
Eraclito incostante, uno e diverso
sempre, come il fiume senza fine.

Jorge Luis Borges

GORMAN Amanda, The Hill We Climb. Parole di coraggio, speranza e futuro, Corriere della Sera, 2021

M.Ortiz, C.Cantaluppi, T. Bernasconi, G.Foglia leggono “Ascolta il passo breve delle cose”, A. Merini – YouTube

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(7804) M.Ortiz, C.Cantaluppi, T. Bernasconi, G.Foglia leggono “Ascolta il passo breve delle cose”, A.Merini – YouTube

BARBERO Alessandro, Dante, Laterza, 2020. Indice del libro

DOMENICO PELINI legge IOSIF BRODSKIJ

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Joseph Brodsky,nono frammento da Le Fondamenta Degli Incurabili, letto da Mimmo Pelini

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Joseph Brodsky,sesto frammento da Le Fondamenta Degli Incurabili, letto da Mimmo Pelini

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Joseph Brodsky,quinto frammento da Le fondamenta degli Incurabili, letto da Mimmo Pelini

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Joseph Brodsky,quarto frammento da Le Fondamenta degli Incurabi letto da Mimmo Pelini

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secondo frammento da Le fondamenta degli incurabili letto da Mimmo Pelini

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primo frammento da Le Fondamenta Degli Incurabili letto da Mimmo Pelini

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frammento di Joseph Brodsky letto da Mimmo Pelini

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Frammenti di Ioseph Brodsky

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Frammenti di Joseph Brodsky- secondo

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Frammenti di Joseph Brodsky- primo

il catalogo delle Edizioni «Via del Vento» – Via Vitoni, 14 – 51100 Pistoia (PT)

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http://www.viadelvento.it/catalogo/index.asp.html

Il piccolo libro della POESIA. Grandi autori e le loro opere in pillole, testi a cura di Linda Simionato e Marialetizia PIVATO, illustrazioni di Linda SIMIONATO, Editoriale Programma, 2021

Linea intera, linea spezzata di Milo De Angelis (Mondadori).

Linea intera, linea spezzata di Milo De Angelis (Mondadori).

Mary B. Tolusso su Tuttolibri (La Stampa): «“Mi hanno sempre attratto in modo irresistibile gli scrittori del Contrasto. Forse ho amato solo quelli, da Empedocle a Lucrezio, Tasso, Leopardi, Pavese. Sono autori che non si limitano a rappresentare un ‘ossimoro’ – termine troppo tecnico –, ma vivono con se stessi e con il mondo uno scontro frontale, sanguinoso, assetato di vita”.  Milo De Angelis, uno dei maestri della poesia contemporanea, è sempre stato un autore concentrico, pochi temi ma potenti, che ritornano in un affresco di varianti e perfetti contrasti, l’adolescenza e il declino, l’eternità spezzata, l’infinito nel poco, gli istanti perpetui. In fondo le contraddizioni stesse sono una contraddizione: tragedia ma anche motore dell’umano. Tanto più in un poeta che ce le restituisce nella pienezza della ricerca di un senso. Quest’anno compirà settant’anni, un’età importante, quando alle spalle hai un’opera ma hai anche esperito quell’eccezionalità che ci rende unici, quegli istanti esclusivi che l’artista sa rendere collettivi; e De Angelis ha attraversato l’esistenza al servizio della poesia. […] Iniziamo dalla fine, dal suo ultimo libro, Linea intera, linea spezzata. Cosa significa? “È un’espressione presente nell’I Ching che mi ha subito colpito. Mi ha colpito questo modo semplicissimo e lampante di definire la vita umana. Una linea, una pura linea che prosegue fino all’attimo in cui si spezza e interrompe il suo cammino. E la sezione finale del libro è una passerella di creature che scelgono di recidere la linea della propria vita, raccontando gli ultimi istanti della mente e del respiro”. In giugno compirà settant’anni. Lei crede in un’età anagrafica? “Diciamo che stasera ci credo. Vedo che i foglietti del calendario appeso in cucina cadono per terra uno alla volta con un volo demoniaco, dettano le leggi di ogni vita e la rinchiudono in un segmento, la riducono alla verità matematica del suo inizio e della sua fine”. […] In quest’ultimo libro scrive: “la poesia non sta dalla nostra parte”. Dove, allora? “La poesia ci parla da un luogo sconosciuto e, ascoltandola, ci accorgiamo di non conoscere più nemmeno il nostro. D’altra parte sono fatte così le parole poetiche, non si lasciano osservare in santa pace, come diceva Karl Kraus: più noi le guardiamo da vicino, più loro ci guardano da lontano”».

intervista a NICOLA CROCETTI, Siamo un paese di poeti che non leggono libri di poesia, di Fabrizo Sinisi, in Domani 19 gennaio 2021

letto in edizione cartacea

cerca in:

https://www.editorialedomani.it/idee/cultura/siamo-un-paese-di-poeti-che-non-leggono-libri-di-poesia-e3u3bt67

10 in poesia: da Saffo ad Alda Merini, protagoniste nei versi, di Vivian Lamarque in Settecorriere.it , gennaio 2021

1 – SAFFO, intorno al 630 a.C. – intorno al 570 a.C.;
2 – ELIZABETH BARRETT BROWNING, 1806-1861;
3- EMILY DICKINSON, 1830-1886;
4 – ANNA ACHMATOVA, 1889-1966;
5 – MARINA CVETAEVA, 1892-1941;
6 – ANTONIA POZZI, 1912-1928;
7 – WISLAWA SZYMBORSKA, 1923-2012;
8 – AMELIA ROSSELLI, 1930-1996;
9 – ALDA MERINI, 1931-2009;
10 – SYLVIA PLATH, 1932-1963.

letto in edizione cartacea

cerca in:

https://www.corriere.it/sette/cultura-societa/21_gennaio_07/10-poesia-saffo-ad-alda-merini-protagoniste-versi-9ee2c90c-4e13-11eb-9cf1-84344d938408.shtml

Dante Alighieri, Divina commedia, a cura di Marcello Ciccuto e Domenico De Martino. Commento di Paola Siano, Gedi edizioni/grandi opere. Distribuito dalla Repubblica fra il 31 dicembre 2020 e il 22 aprile 2021

Franco Marcoaldi, Tomaso Montanari, CENTO LUOGHI DI-VERSI, Un viaggio in Italia, Treccani editore, 2020

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DICEMBRE, poesia di Margherita Giglio

Ho danzato col vento

per tutto questo giorno gelido.

Senza una meta, 

irrequieta e stanca,

torno alla mia vetta.

Ripiego le ali,

ascolto il silenzio,

guardo la restante luce di un sole

già tramontato.

Mi mancano coraggio e sogni

SUONI, poesia di Margherita Giglio

Parole, musica, silenzi

e foglie accarezzate dal vento

danno vita alla vita,

gioia e dolore nello stesso istante.

Vorrei comporre versi – come strade – 

di una poesia  capace di arrivare a me.

IO AQUILA, poesia di Margherita Giglio

A volo lento e stanco

mi perdo in un mare di nuvole,

Non mi accorgo che il sole è  dietro di me.

Un vento improvviso e tempestoso

mi manda in stallo…

Precipito

In una verità  conosciuta ma incautamente ignorata.

Mi lascio andare,

a che serve resistere?

Finzione, rimpianto, freddezza,

ostinazione, ricordi e speranze

sono la montagna

dove morire.

Dopo l’impatto scivolo ferita

nel lago sottostante,

In quelle acque amate dove galleggiano

tenerezza, nostalgia e il mio cuore stanco.

RINGHIERA, poesia di Margherita Giglio

Gialli petali di ferro

intrecciati tra la terra e i sassi. 

Io penso ad una frase

“Non poteva vivere l’amore 

perché  lei stessa era l’amore”.

 L’ autunno si veste di foglie ingiallite

E sembra quella notte

quando la pioggia cadeva fitta

e una storia incominciava.

Le luci intorno mimano 

ombre e bagliori già  passati

incapaci di illuminare…

Chi  e che cosa?

Quella strada che porta a domani?

Vorrei poter conoscere lo spazio

tra passato e futuro,

Vorrei conoscere 

Il tempo del Sempre e del Mai

E quanto dura l’Adesso.

Così,  tanto per ingannare l’attesa,

brucio il non senso di una canzone,

La magia delle parole,

lo scorrere dei ricordi.

Parlo con la notte.

Scelgo i sogni da sognare.

Racconto favole

mentre osservo gialli petali di ferro

intrecciati tra la terra e i sassi. Incapace di vivere l’amore.

E ADESSO?, poesia di Margherita Giglio

Legati 

ma liberi di essere

diversi e uguali.

Fatti di sabbia e di mare.

Non cedono alla tentazione

del miraggio.

Si allontanano.

Ma il filo invisibile resta

E si dipana senza spezzarsi

lungo il corso del tempo infinito.

Il Nobel per la Letteratura a Louise Glück, 9 ott 2020


Il Nobel per la Letteratura 2020 è stato assegnato alla poetessa statunitense Louise Glück. L’Accademia svedese l’ha premiata «per la sua inconfondibile voce poetica che con austera bellezza rende l’esistenza individuale universale». Settantasette anni, nata a New York da genitori ebrei ungheresi, oltre a scrivere Glück insegna alla Yale University. Ha pubblicato dodici antologie di poesie. Nel 1993 ha vinto il Premio Pulitzer per la raccolta The Wild Iris («L’iris selvatico», tradotto in italiano da Massimo Bacigalupo, per l’editore Giano, che ha anche reso nella nostra lingua Averno pubblicato da Dante&Descartes). Nel 2014 ha ricevuto il National Book Award con Faithful and virtuous night.
«Non è l’America di Don DeLillo o di Cormac McCarthy, gli scrittori statunitensi che, morto Philip Roth, in molti si aspettano di vedere ricevere la medaglia dal re di Svezia, ma un universo poetico con molti riferimenti al mondo classico, ai miti greci e romani, (ma anche Gretel e Giovanna d’Arco per esempio) che Glück mescola a temi come la solitudine, i legami familiari, l’infanzia, le separazioni, la morte, in un viaggio interiore severo che non teme di affrontare il dolore» [Taglietti, CdS].

«I bookmaker si guadagnano da vivere con le scommesse, sono gente pratica, guardano alle probabilità non al merito della puntata. Louise Glück era data 25 a 1 come Marylinne Robinson e Edna O’Brien. Scovare l’intruso. […] Pare che in Svezia Louise Glück sia molto tradotta e gli svedesi abbiano accolto con gioia l’annuncio. Meglio non riportare per intero la frase sul jazz di John Coltrane: sosteneva che, come certe manifestazioni fisiologiche del corpo umano, piace solo a chi lo fa. In Italia è stata pubblicata da un piccolo e coraggioso editore napoletano. Complimenti a lui in ogni caso. L’Accademia di Svezia ribadisce in ogni caso autonomia di giudizio, austerità e indipendenza. Potrebbe anche permettersi di cambiare la ragione sociale: SNOB-EL» [Dario Olivero, Rep].

ARMINIO Franco, La cura dello sguardo. Nuova farmacia poetica, Bompiani, 2020

La cura dello sguardo. Nuova farmacia poetica di Franco Arminio (Bompiani) (ore 18.30). Gianluigi Simonetti su Il Sole 24 Ore: «Nella nota introduttiva, l’autore si presenta come un malato e insieme un guaritore, armonizzando due sottogeneri narrativi oggi fra i più diffusi: opere che raccontano un’infermità, opere che propongono qualche forma di assistenza o auto-aiuto. Alla confluenza tra i due ambiti, Arminio offre “istruzioni semplici”, “consigli che posso dare, piccoli precetti fatti in casa” – dove l’accento cade tanto sull’artigianato quanto sull’efficacia della scrittura (“la poesia è letteralmente un farmaco”; “la lingua è una grande cura”; “la medicina del futuro è la poesia”). […] Per funzionare, cioè per agire sul numero più alto possibile di lettori, un testo deve essere veloce: “un mondo che si è fatto velocissimo richiede una letteratura semplice e breve, diretta e limpida”; “molti ancora indugiano a scrivere come se le persone avessero ancora tempo per star dietro ai giochi con la lingua”. […] Aprendo il libro di Arminio troviamo innanzitutto una grande quantità di “poesia”, intesa come emotività decomplessata; ma una poesia che si dispiega quasi sempre nella prosa – cioè senza la fatica, la scommessa e il rischio dell’andare a capo (i testi versificati sono sei in duecento pagine). […] Nella Cura dello sguardo c’è un passo, rivelatore, in cui chi scrive esprime il proprio umanissimo bisogno di conferme: “Ho sempre cercato vanamente l’approvazione del paese, come quella del padre. Ma forse per un poeta questa è la cosa più difficile”. Infatti. Per molto tempo Arminio ha cercato l’approvazione della critica, che lo ha consacrato scrittore “di qualità”; adesso cerca l’approvazione di un pubblico vasto, che lo consacri scrittore “di successo”. E tuttavia non si può dire che il suo impianto retorico sia sostanzialmente cambiato (come non è cambiato il suo ansioso bisogno di padri); si è solo adeguato a un posizionamento differente, attenuando i marcatori stilistici associati alla qualità “per pochi” (per esempio il registro lugubre e autoptico, l’ipocondria nera, l’ironia fantastica, la fissità elencatoria) ed enfatizzando quelli che si associano alla letteratura “per tutti” (per esempio l’enfasi sentimentale, lo slancio terapeutico, i picchi patetici, i dispositivi oratori). Ma gli uni e gli altri erano già presenti nella sua scrittura. […] Il percorso di questo autore, al di là di ogni liquidazione o idolatria, è interessante per almeno due ragioni: mostra dove va la letteratura che vuole farsi leggere da molti, e quale prezzo può pagare per realizzare questo scopo; fa riflettere sulle contraddizioni della critica – su come la qualità, al pari dell’impegno, possa rivelarsi niente più che un’etichetta».
Un estratto, da Doppiozero: «Con grande sorpresa sono arrivato al sessantesimo anno. Sono nato a Bisaccia, Irpinia d’oriente, il 19 febbraio del 1960. Mio padre Luigi e mia madre Flora tenevano l’osteria, allora la chiamavano cantina. Era appartenuta a mio nonno Vito, morto a trentasette anni, e al mio bisnonno. Quando avevo tre mesi fui ricoverato al Cotugno di Napoli. Avevo la difterite, malattia per cui mia madre mi raccontava che morivano tanti bambini che erano in quell’ospedale. Lei divenne cardiopatica, e mi diceva sempre che era per colpa della mia malattia. Mio padre aveva un malumore di fondo, mischiato a una straordinaria capacità, anche comica, di intrattenere i clienti. Niente sembrava che gli andasse bene: neppure io, ovviamente. Non aver goduto della sua stima forse mi ha creato quella voragine di incredulità intorno a cui ruota tutta la mia vita. Anzi, le voragini sono due. L’altra viene da mia madre, dal suo perenne sentirsi malata. Per anni ho temuto la sua morte, poi sono passato a temere la mia. Evento cruciale un attacco di panico sulla sedia del barbiere, il 29 maggio 1986. Da allora vivo come se avessi davanti a me un’ora di vita. L’ansia e la scrittura si sono ben presto intrecciate, formando un nodo inestricabile nel mio corpo. Nella scrittura si fondono le due voragini: scrivo a oltranza perché ogni giorno c’è un guasto da riparare, sono la vittima e il miglior custode della mia nevrosi».

POESIA, rivista internazionale di cultura poetica / nuova serie, n. 1. Lo storico mensile è stato pubblicato per trentadue anni da Crocetti editore. Ora è pubblicato dalla Feltrinelli, maggio/giugno 2020

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Una nuova Odissea per la Poesia di CROCETTI, articolo di Ida Bozzi in Corriere della Sera / La Lettura, 31 maggio 2020

letto in edizione cartacea

cerca in :

https://sitesearch.corriere.it/forward.jsp?q=ida%20bozzi#

https://www.corriere.it/la-lettura/

https://www.pressreader.com/italy/corriere-della-sera-la-lettura/20200531/281968904902946

 

Dante Alighieri e l’EMPATIA: ” … s’io m’intuassi, come tu t’inmii … “, in IX canto del Paradiso

vedi http://www.vocabolariodantesco.it

“s’io m’intuassi, come tu t’inmii”

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Dante Alighieri, uno dei più grandi poeti della letteratura mondiale, affronta il concetto di empatia in modo profondo nella sua opera principale, la Divina Commedia. In particolare, nel IX canto del Paradiso, egli utilizza l’espressione “s’io m’intuassi, come tu t’inmii”, che può essere interpretata come un invito a una comprensione profonda e reciproca tra le anime.

Il Concetto di Empatia in Dante

Definizione e Riferimenti

L’empatia, derivante dal greco “empatéia” (che significa “sentire dentro”), implica una connessione emotiva e una partecipazione attiva ai sentimenti altrui. Questo concetto è ben rappresentato nel verso di Dante, dove l’atto di “intuarsi” e “inmïarsi” suggerisce un dialogo che va oltre la semplice comunicazione, arrivando a una fusione di esperienze e stati d’animo tra l’io e il tu[1][3].

Empatia e Relazione con l’Altro

Nella Divina Commedia, Dante esplora la relazione con l’altro attraverso un’etica del rispetto e della comprensione. La sua visione non è quella di giudicare i peccatori, ma piuttosto di cercare di comprenderli. Questo approccio si traduce in un atteggiamento compassionevole, dove la conoscenza dell’altro non è invasiva ma accogliente[2][3]. Filippo La Porta, in un saggio dedicato a Dante, sottolinea come il poeta proponga un’interazione che valorizza l’integrità dell’altro, promuovendo una forma di empatia che trascende il giudizio[2].

L’Empatia nell’Estetica

Dante non si limita a esplorare l’empatia nelle relazioni umane; essa si estende anche all’estetica. L’incontro con l’opera d’arte può evocare una risposta empatica, permettendo all’osservatore di entrare in sintonia con le emozioni trasmesse dall’artista. Questo fenomeno è descritto come “simpatia estetica”, dove il pubblico vive un’esperienza condivisa con l’opera[1][3].

Conclusione

L’opera di Dante Alighieri offre una visione complessa dell’empatia, non solo come capacità di comprendere gli altri ma anche come fondamentale per l’esperienza estetica. Attraverso i suoi versi, egli invita i lettori a riflettere sulla profondità delle relazioni umane e sull’importanza di un approccio empatico nella comprensione dell’altro. La sua eredità continua a essere rilevante oggi, invitandoci a coltivare un atteggiamento di apertura e accoglienza nei confronti delle esperienze altrui.


[1] https://latelier91.wordpress.com/2020/05/19/lempatia-paradiso-xi/
[2] https://leggeretutti.eu/dante-e-la-relazione-con-laltro/
[3] https://mappeser.com/2020/05/03/dante-alighieri-e-lempatia-sio-mintuassi-come-tu-tinmii-in-ix-canto-del-paradiso/
[4] https://antemp.com/2020/05/03/dante-alighieri-e-lempatia-sio-mintuassi-come-tu-tinmii-in-ix-canto-del-paradiso/
[5] https://www.youtube.com/watch?v=xBPZUwr3dfY
[6] https://www.ilsuperuovo.it/cose-lempatia-e-a-cosa-serve-le-risposte-di-dante-e-dei-pink-floyd/
[7] https://ojs.unica.it/index.php/medea/article/view/6044

Mary Shelley a zonzo sul Lago di Como , tre puntate dal canale youtube di Sentiero dei Sogni

Avatar di Paolo FerrarioLUOGHI del LARIO e oltre ...

Mary Shelley a zonzo sul Lago di Como
“Mary Shelley a zonzo sul lago di Como” è un progetto dell’associazione Sentiero dei Sogni, realizzato in sinergia con il liceo “Teresa Ciceri”, l’istituto tecnico economico “Caio Plinio” e la rete di associazioni di “Como futuribile”, programma sostenuto da Regione Lombardia. Prevede la traduzione integrale del primo dei tre tomi, inedito in Italia, del libro di viaggio di Mary Shelley “Rambles in Germany and Italy” e la rivisitazione dei luoghi che descrive e degli aneddoti che racconta l’autrice, per trarne dei percorsi fruibili dai visitatori di oggi. Durante l’emergenza per il coronavirus, chiuse in casa come Mary Shelley a Villa Diodati nell’anno senza estate 1816, quando scrisse “Frankenstein”, alcune ragazze del liceo “Ciceri”, hanno realizzato dei brevi video con il testo di Mary da loro tradotto e le immagini delle località del Lario da lei descritte, per permettere a…

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Giacomo Leopardi. LA GINESTRA: parafrasi completa, analisi e commento – in Studia Rapido

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La ginestra parafrasi completa, analisi e commento – Studia Rapido

LUCREZIO, Come nacque il canto, da Poeti latini tradotti da scrittori italiani contemporanei, a cura di Vincenzo Guarracino, Bompiani, 1993

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L’ASSOCIAZIONE ANTONIO E LUIGI PALMA LANCIA LA TERZA EDIZIONE DEL PREMIO LETTERARIO PER RACCONTI E POESIE INEDITI: RESISTERE E RIPARTIRE GUARDANDO AL DOMANI, Como, 6 aprile 2020. La data ultima per la consegna degli elaborati è fissata per il 30 giugno 2020

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L’ASSOCIAZIONE ANTONIO E LUIGI PALMA LANCIA

LA TERZA EDIZIONE DEL PREMIO LETTERARIO

PER RACCONTI E POESIE INEDITI

 

RESISTERE E RIPARTIRE GUARDANDO AL DOMANI

 

La capacità di far fronte in maniera positiva ad eventi traumatici,

di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà,

di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza perdere la propria identità.

 

L’Associazione Antonio e Luigi Palma per la cura del dolore al fine di estendere la conoscenza dell’attività che svolge e di promuovere il valore e la funzione della scrittura e della lettura, a fronte del grande successo delle prime due edizioni lancia una terza edizione del concorso letterario rivolto ai racconti inediti e alla poesia dal titolo “Resistere e ripartire guardando al domani”.

 

Il momento difficile e di grande smarrimento che stiamo vivendo può essere occasione di profonde riflessioni sulla vita, su noi stessi ma, soprattutto, sul domani. Il concorso, a iscrizione gratuita, è rivolto a chi ha il desiderio, attraverso la scrittura, di trasmettere e condividere messaggi di speranza che vanno oltre le fatiche psicologiche che il momento storico ci sta costringendo ad affrontare.

 

I racconti e le poesie saranno valutati da una giuria di professionisti composta da: Maria Grazia Gispi (Presidente giuria, giornalista e responsabile ufficio stampa Centro Servizi per il Volontariato dell’Insubria), Paolo Ferrario (sociologo), Mauro Fogliaresi (scrittore e poeta), Antonella Grignola (docente di italiano e latino, Liceo Teresa Ciceri di Como), Claudia Rancati (docente di lettere presso il Liceo Scientifico “P. Carcano” di Como), Angelo Palma (Presidente Associazione Palma).

La data ultima per la consegna degli elaborati è fissata per il 30 giugno 2020 e i testi, in formato word (con un massimo di 6 cartelle, cioè 18.000 caratteri, titolo e spazi inclusi), devono essere inviati all’indirizzo di posta elettronica camilla.palma@manzoni22.it.

Come per le passate edizioni, i migliori racconti e le migliori poesie segnalati dalla giuria saranno pubblicati in un’antologia del Premio.

Il concorso prevede che al primo classificato per entrambe le sezioni (racconti inediti e poesia) venga corrisposto un premio in denaro pari a euro 500. I premi dovranno essere ritirati personalmente dai vincitori (o loro delegati) durante la cerimonia di premiazione che si terrà in autunno in data e luogo da definire. Prosegue il Premio Speciale Giovani rivolto ai partecipanti di età compresa tra i 15 e i 25 anni. Al primo classificato verrà corrisposto un premio in denaro pari a euro 300.

 

Per scaricare il bando del concorso e per avere informazioni riguardo alle modalità di partecipazione, è possibile visitare il sito internet dell’Associazione Palma, all’indirizzo http://www.associazionepalma.org oppure inviare una mail con la richiesta specifica a camilla.palma@manzoni22.it.

 

L’associazione Antonio e Luigi Palma è nata a Como nel 1992 su iniziativa del

Prof. Aldo Rossini e del Dott. Luciano Tadini per perpetuare la memoria di due benemeriti professionisti della città di Como, il Dott. Antonio Palma e l’Avv. Luigi Palma. L’Associazione offre da 27 anni assistenza e cure gratuite alle persone con malattie croniche presso il loro domicilio, mediante l’intervento di un’equipe qualifi­cata (medici specialisti, infermieri, Operatori Socio – Sanitari, psicolo­go e volontari), per il supporto al malato e alla sua famiglia volto al mantenimento di un’adeguata qualità di vita e al sostegno psicologico.

L’assistenza, che è gratuita, riguarda:

  • Supporto al Medico di Medicina Generale nella gestione del paziente fragile
  • Consulenza medico specialistica (Cardiologo, Chirurgo, Gastroenterologo, Nueurologo, Urologo)
  • L’assistenza infermieristica in base ai bisogni specifici del malato
  • Il supporto psicologico al malato e alla sua famiglia

 

Ufficio Stampa Associazione Palma

Manzoni 22

Camilla Palma

camilla.palma@manzoni22.it

T: 347 0420386

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“Il testo poetico è un testo in cui l’autore esprime, in versi e in forma soggettiva, suggestiva e allusiva il suo particolare modo di vedere la realtà e il suo mondo interiore”. da: Federico Roncoroni, Margherita Sboarina, MODELLI TESTUALI, dal testo descrittivo al testo letterario, Arnoldo Mondadori Scuola editore, 1992

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da

Federico Roncoroni, Margherita Sboarina, MODELLI TESTUALI, dal testo descrittivo al testo letterario, Arnoldo Mondadori Scuola editore, 1992

“La macchina tecnologicamente più efficiente che l’uomo abbia mai inventato è il LIBRO”, Northrop Frye

“La macchina tecnologicamente più efficiente che l’uomo abbia mai inventato è il LIBRO

Northrop Frye

citazione tratta da Guida tascabile per i maniaci dei libri, Edizioni Clichy

Borghi d’Europa (a cura di), ITALIA: borghi d’arte e di poesia, De Agostini, 2019. Indice del libro

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DICKINSON Emily, a cura di Silvio Raffo, Il giardino della mente, La Vita Felice editore, 2017

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GL’INFINITI SEMPRE CARO MI FU, variazioni su un tema di LEOPARDI, a cura di Gerardo Monizza, Nodo Libri, 2019

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Vincenzo GUARRACINO, Guida alla lettura di LEOPARDI, Mondadori, 1987. Indice del libro

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ALDA MERINI, follia è poesia, di Maria Luisa Agnese, in sette.corriere.it, 1 novembre 2019

cerca in

https://www.corriere.it/sette/

Letture. POETI PER l’INFINITO, a cura di Vincenzo Guarracino, 2019

Avatar di Luca MartiniIDIOTWIND

Duecent’anni sono niente se comparati all’Infinito, soprattutto se è quello di Giacomo Leopardi: le stesure definitive datano 1818-1819.


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Mark Strand, LA FINE, in Tutte le poesie, Mondadori, collana Oscar Baobab, 2019

La fine

Non ogni uomo sa cosa canterà alla fine,
guardando il molo mentre la nave salpa, o cosa sentirà
quando sarà preso dal rombo del mare, immobile, là alla fine,
o cosa spererà una volta capito che non tornerà più.

Quando il tempo è passato di potare la rosa, coccolare il gatto,
quando il tramonto che infiamma il prato e la luna piena che lo gela
non compariranno più, non ogni uomo sa cosa scoprirà al loro posto.
Quando il peso del passato non si appoggia più a nulla, e il cielo

non è più che luce ricordata, e le storie di cirro
e cumulo giungono alla fine, e tutti gli uccelli stanno sospesi in volo,
non ogni uomo sa cosa lo attende, o cosa canterà
quando la nave su cui si trova scivola nel buio, là alla fine.

da  La fine – Interno Poesia


Not every man knows what he shall sing at the end,

Watching the pier as the ship sails away, or what it will seem like
When he’s held by the sea’s roar, motionless, there at the end,
Or what he shall hope for once it is clear that he’ll never go back.
When the time has passed to prune the rose or caress the cat,
When the sunset torching the lawn and the full moon icing it down
No longer appear, not every man knows what he’ll discover instead.
When the weight of the past leans against nothing, and the sky
Is no more than remembered light, and the stories of cirrus
And cumulus come to a close, and all the birds are suspended in flight,
Not every man knows what is waiting for him, or what he shall sing
When the ship he is on slips into darkness, there at the end.
“The End,” © 1990 by Mark Strand from The Continuous Life by Mark Strand.

Mark STRAND, Tutte le poesie, nella traduzione di Damiano Abeni, con Moira Egan, Mondadori edizione, 2019. Indice del libro

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Catullo: Carme 101, Carme 31, in Studiarapido

Carme 101 di Catullo – parafrasi letterale e commento

 

Carme 101 di Catullo, parafrasi e commento

Carme 101 di Catullo (Sulla tomba del fratello): riportiamo il testo originale latino, la parafrasi letterale e il commento Catullo, ritornando da un viaggio in Bitinia nella primavera del 56 a.c., passò per la Troade, dove era sepolto suo fratello, e rese omaggio alla sua tomba con offerte rituali. Questo componimento, il Carme 101, dal […]

Carme 101 di Catullo – parafrasi letterale e commento
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Carme 31 di Catullo – traduzione e commento

 

Carme 31 di Catullo, traduzione e commento

Traduzione e commento del Carme 31 di Catullo Carme 31 di Catullo – traduzione Sirmione, perla delle penisole e delle isole, di tutte quante, sulla distesa di un lago trasparente o del mare senza confini, offre il Nettuno delle acque dolci e delle salate, con quale piacere, con quale gioia torno a rivederti; a stento […]

Carme 31 di Catullo – traduzione e commento
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Seneca: De brevitate vitae, capitolo 9, capitolo 3, capitolo 20, in Studiarapido

Seneca – De brevitate vitae capitolo 9 – Traduzione

 

Seneca - De brevitate vitae capitolo 9 - Traduzione

De brevitate vitae capitolo 9 – Traduzione completa del De brevitate vitae capitolo 9. L’opera De brevitate vitae fa parte dei Dialoghi di Seneca. Nel De brevitate vitae capitolo 9, in un suggestivo richiamo al carpe diem oraziano, Seneca afferma che è inutile programmare la propria esistenza, predisponendo ciò che è nelle mani della sorte. […]

Seneca – De brevitate vitae capitolo 9 – Traduzione
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Seneca – De brevitate vitae c – Traduzione

 

Seneca - De brevitate vitae capitolo 3 - Traduzione

De brevitate vitae capitolo 3 – Traduzione completa del De brevitate vitae capitolo 3. L’opera De brevitate vitae fa parte dei Dialoghi di Seneca Nel De brevitate vitae capitolo 3, Seneca mette in rilievo una contraddizione nel modo di  vivere di tanti uomini: da un lato sono avidi di beni materiali, dall’altro generosissimi donatori del […]

Seneca – De brevitate vitae capitolo 3 – Traduzione
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Seneca – De brevitate vitae capitolo 20 – Traduzione

 

Seneca - De brevitate vitae capitolo 20 - Traduzione

De brevitate vitae capitolo 20 – Traduzione completa del De brevitate vitae capitolo 20. De brevitate vitae è il decimo dei Dialoghi di Seneca. Seneca nell’ultimo capitolo del De brevitate vitae afferma che non bisogna provare invidia per gli uomini gratificati dal potere e dalla fama, perché tutto ciò si conquista a scapito della vita. […]

Seneca – De brevitate vitae capitolo 20 – Traduzione
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TOMASO KEMENY, con VINCENZO GUARRACINO, ha presentato il libro BOOMERANG, edizioni del Verri. Al caffè Bistrot di Piazza Vittoria, Como, 30 marzo 2019. Con una videoscheda di Roberto Caracci

Mark Strand, Edward Hopper. Un poeta legge un pittore. Traduzioni di Damiano Abeni e Moira Egan, Donzelli editore, 2016

Mark Strand

Edward Hopper

Un poeta legge un pittore

Nuova edizione con uno scritto inedito dell’autore. Traduzioni di Damiano Abeni e Moira Egan

via Edward Hopper

ALIGHIERI DANTE, commentato da Franco Nembrini, illustrato da Gabriele Dell’Otto, prefazione di Alessandro D’Avenia, Mondadori, 2018

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ERACLITO, di Jorge Luis Borges

 

Eraclito cammina per la sera
di Efeso. La sera lo ha lasciato,
senza che la sua volontà lo decidesse,
sulla riva di un fiume silenzioso
il cui destino e il cui nome ignora.
C’è un Giano di pietra e qualche pioppo.
Si guarda nello specchio fuggitivo
e scopre ed elabora la sentenza
che le generazioni degli uomini
non lasceranno cadere. La sua voce dichiara:
Nessuno scende due volte nelle acque
dello stesso fiume. Si sofferma. Sente
con lo stupore di un orrore sacro
di essere anche lui un fiume e una fuga.
Vuole recuperare quel mattino
e la sua notte e la sua vigilia. Non può.
Ripete la sentenza. La vede stampata
in futuri e chiari caratteri
in una delle pagine di Burnet.
Eraclito non sa il greco. Giano,
dio delle porte, è un dio latino.
Eraclito non ha ieri né adesso.
E’ soltanto un artificio che ha sognato
un uomo grigio sulle rive del Red Cedar,
un uomo che intesse endecasillabi
per non pensare tanto a Buenos Aires
e ai visi amati. Ne manca uno.

FONTE

http://paroleincammino.blogspot.com/2009/05/eraclito.html

MERINI ALDA, Il suono dell’ombra. Poesie e prose 1953-2009, a cura di Ambrogio Borsani, Mondadori, 2018

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Tenere insieme le cose – Mark Strand

Avatar di tittidelucaPoesia in rete

In un campo
io sono l’assenza
del campo.
È
sempre così.
Ovunque io sia
io sono ciò che manca.

Quando cammino
divido l’aria
e sempre
l’aria rifluisce
a riempire gli spazi
in cui era stato il mio corpo.

Abbiamo tutti motivi
per muoverci.
Io mi muovo
per tenere insieme le cose.

Mark Strand

(Traduzione di Damiano Abeni)

da “Dormendo con un occhio aperto”, 1964, in “L’uomo che cammina un passo avanti al buio”, Mondadori, Milano, 2011

∗∗∗

Keeping Things Whole

In a field
I am the absence
of field.
This is
always the case.
Wherever I am
I am what is missing.

When I walk
I part the air
and always
the air moves in
to fill the spaces
where my body’s been.

We all have reasons
for moving.
I move
to keep things whole.

Mark Strand

da “Sleeping with One Eye Open” (1964), in “Collected Poems”, New York, Alfred A. Knopf/…

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GIACOMO LEOPARDI, riassunti in Studia Rapido

Zibaldone, di Giacomo Leopardi. Riassunto

Zibaldone di Giacomo Leopardi: cos’è e perché si chiama così. In generale, il termine Zibaldone indica una “mescolanza confusa e senza criterio”, in riferimento a oggetti, persone, cibi, idee, ecc. In riferimento allo Zibaldone di Giacomo Leopardi, si tratta di una sorta di vasto e articolato diario cui il poeta, dal 1817 al 1832, affidò […]

Zibaldone di Giacomo Leopardi, riassunto

via Zibaldone di Giacomo Leopardi, riassunto – Studia Rapido

Pessimismo leopardiano

Pessimismo leopardiano: individuale, storico, cosmico. Riassunto di Letteratura italiana Nell’opera poetica di Giacomo Leopardi emerge la sua pessimistica concezione della vita, dominata dal dolore e dall’infelicità. La gioia è solo momentanea, è cessazione del dolore e al di là del dolore c’è la «noia» che spegne nel cuore il desiderio di vivere. Al centro della […]

Pessimismo leopardiano: individuale, storico, cosmico
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La ginestra di Giacomo Leopardi, analisi e commento

 

La ginestra di Giacomo Leopardi, analisi e commento

La ginestra o fiore del deserto fu composta da Giacomo Leopardi nella primavera del 1836 e occupa il trentaquattresimo posto nell’edizione definitiva dei Canti. È un componimento in sette strofe di varia lunghezza e 317 versi, endecasillabi e settenari. È l’opera più importante dell’ultimo Leopardi, il testamento poetico e spirituale del poeta, morto l’anno dopo, […]

La ginestra di Giacomo Leopardi, analisi e commento
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EMANUELE SEVERINO parla di GIACOMO LEOPARDI, al Teatro Franco Parenti di MILANO: LAVIA dice Leopardi, SEVERINO lo pensa |domenica 25 marzo 2018, ore 19,30-20,30 e 21-22,30

Vincenzo Guarracino, Un poeta della scienza: ALESSANDRO VOLTA, ottobre 2017

Un poeta della scienza

Alessandro Volta 

Poeta “lucreziano”, poeta cioè che celebra le conquiste del pensiero e della Scienza, in accordo con lo spirito dell’epoca, Alessandro Volta (Como, 1745 – 1827), uno dei più famosi fisici della storia, il cui nome è legato all’elettricità, la cui unità di misura, il volt (V), prende proprio da  il suo nome?

A giudicare da certe superstiti prove giovanili, sì. Versi composti all’età di poco meno di vent’anni, nel 1764, e pubblicati postumi e mai realmente apprezzati nella loro specificità, relegati come sono al ruolo di “presagi” di un genio precoce, rivelando comunque, fin dall’argomento trattato, il mondo dei fenomeni naturali che sarà il campo degli interessi e studi dell’età matura del giovane autore.

Si tratta di un poemetto didascalico in latino, comprendente 500 esametri di non spregevole fattura e dedicato all’esposizione delle recenti scoperte dell’”oro tonante”, della polvere pirica e dei fuochi fatui, in cui il giovane autore mette a frutto non solo un bagaglio letterario disinvoltamente padroneggiato ma anche precise competenze in materia, con la coscienza di chi sa di assolvere una missione di civiltà in nome della scienza, dispiegando il tutto nel linguaggio della poesia, in una interessante miscela di immaginazione e riflessione, a riprova di una curiositas nutrita in giusta dose di entusiasmo e ragione, non diversamente da un altro poemetto perduto, anch’esso in latino, Stagioni, composto addirittura di 800 versi, ricordato dal coetaneo e amico, il canonico Giulio Cesare Gattoni.

Pubblicata per la prima volta nel 1899 dal pronipote Zanino Volta, scopritore del manoscritto leopardiano Appressamento della morte, che ne fece anche una traduzione in versi sciolti, l’opera è apparsa ai suoi non molti studiosi per quel che è, e cioè poco più di una scolastica esercitazione, intrisa di entusiastica ammirazione per il trionfo di Sofia, la “Scienza”, a testimonianza di un faticoso processo di chiarificazione delle ragioni esistenziali e morali da parte di un giovane alla scoperta del suo futuro, che, pur senza rivelare “veri lampi di genio”, come onestamente rileverà più tardi lo storico Giuseppe Brambilla, dimostra la volontà di mettere a frutto i suoi studi in direzione di un mondo di interessi sicuramente poco da altri contemporanei frequentato.

Nel segno della poesia, che qui reclama il suo diritto a spaziare sublimiori, uberiorique campo, “liberamente in campo più sublime ed ubertoso”, si celebra, in verità, come nota Francesco Lo Moro, “il congedo della Musa”, l’abbandono delle illusioni poetiche adolescenziali, delle larve di gloria e degli allori del Parnaso arcadico di tanti oziosi contemporanei, per accingersi ai ben più seri impegni della ricerca scientifica: “Il culto della scienza, in quanto sentimento vissuto intimamente, diventa nell’intelletto pensiero coerente. D’ora in poi, la sintesi logica si fa sempre più forte. L’animo è caldo, ma la riflessione disperde il nucleo sentimentale. Nello stesso tempo, la potenzialità poetica, l’immaginazione, non si annullano, ma, subordinandosi, si apprestano a rendere alla scienza e allo scienziato insigni servigi”.

Che la poesia non sia poi scomparsa del tutto dall’orizzonte morale dello scienziato, lo testimoniano 14 componimenti (11 sonetti, un’anacreontica, un poemetto e un “capitolo bernesco”), per lo più d’occasione, sia in italiano che in francese.

Di questi, la maggior parte rivelano chiaramente la loro destinazione di scritti su commissione, secondo un uso diffuso nella società dell’epoca. Si tratta infatti di composizioni dedicate a monacazioni e nozze, in cui religiosità e pastorellerie alla moda si mescolano con grande disinvoltura, in uno stile spesso enfatico e solenne, che solo a tratti si riscatta da una greve convenzionalità, come per la vestizione  religiosa della nobile Maria Antonia Gaggi, avvenuta nel Monastero della SS.Trinità di Como, 1769, per la quale compone sia un sonetto in italiano che uno in francese. In esso, giocato sull’allegoria fanciulla-fiore, prende vita un tenero quadretto naturalistico, la cui leggerezza e fluidità espressiva è arricchita dall’eco di celebri modelli letterari (Catullo, Ariosto) e alla cui bellezza contribuisce non poco anche la leggerezza e fluidità espressiva, come si può rilevare e apprezzare dai versi della prima terzina, in cui invita la “Vergin” a rispondere con entusiastico abbandono alla chiamata divina: “Ah, non t’arresta: / La voce sua non è fragor di tuono; / Voce è d’amor, ch’ogni durezza spetra”.

Particolarmente interessante, perché aggiunge una nota davvero diversa all’immagine dello scrittore, è anche il “capitolo bernesco” in endecasillabi a rima alternata, in cui in tono amabilmente caricaturale viene tratteggiata una figura tipica del costume settecentesco, quella del “galante”, dell’altrimenti detto “cavalier servente”, che diventa pretesto per una satira a tratti anche amara dei vuoti riti di mondanità e galanteria di una società non soltanto comasca dell’epoca, quella per intenderci  che vede il trionfo del “lombardo Sardanapalo” di pariniana memoria. Bastino alcuni versi, non tutti in verità di specchiata fattura, in cui si descrive il suo gran darsi da fare per soddisfare le tante donne che lo fanno oggetto delle loro attenzioni: “Quante volte non sa trarsi d’impaccio / il pover’uomo! E scende, e vola, e sale / per dar a questa e a quella ognor il braccio; // Va, corre che neppur vede le scale, / di qua, di là, veloce sì che appena / tanto correr potria chi avesse l’ale; // Qualor poi una a braccio o due ne mena / è proprio a pasto, e innanzi restar privo / di servimento starìa senza cena”.

Di intento celebrativo è invece il poemetto Omaggio al sig.di Sossure, in terzine, composto nel 1787, per salutare la scalata del Monte Bianco effettuata dall’amico scienziato Orazio Benedetto De Saussure. Privo com’è di calore ed eccessivamente lungo (ben 199 grevi endecasillabi), il poemetto raramente si riscatta col suo stile paludato dallo stanco ossequio ad una moda, quella della poesia d’occasione, che il Volta dopo quella data abbandonerà definitivamente.

VINCENZO GUARRACINO

FERNANDO PESSOA, Poesie scelte, a cura di Luigi Panarese, prefazione di Marzio Breda, Passigli editore, 1993/2016

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Nel ricordo dell’aria – Alfonso Gatto

ATTILA JOZSEF, Il dolore, tratta dal blog di Titti de Luca

GIOSUE’ CARDUCCI, in I grandi della Letteratura, Rai 5, 4 gennaio 2015

LUNEDI 4 ore 21.15  

I grandi della Letteratura  

 CARDUCCI  

Il poeta nazionale, il poeta che generazioni di studenti hanno dovuto imparare a memoria, oggi sembra essere confinato a un ruolo di secondo piano. Eppure Carducci ha incarnato in ogni aspetto, nel bene e nel male, la nostra nazione in un momento cruciale: quello del passaggio dai fervori rivoluzionari dell’età unitaria alla normalizzazione dello Stato umbertino. RiscoprireCarducci significa così riscoprire chi siamo

La location scelta è Bologna: la Bologna accademica, rispettabile, ottocentesca del Carducciufficiale, e quella rivoluzionaria e giacobina del Carducci dei primi anni.

Critici: Giulio Ferroni, Matteo Marchesini

Ospite: Tullio De Mauro

Luoghi: Bologna (in particolare: Aula Carducci e Museo della Specola presso Università di Bologna, Teatro Anatomico nel Palazzo dell’Archiginnasio, Casa di e monumento a Carducci).

Sorgente: Cosa vedere in TV: appuntamenti dal 3 al 10 gennaio – Rai 5


 

https://antemp.com/wp-content/uploads/2016/01/dm451756.mp3

Premio Internazionale di Letteratura Città di Como, 2014

vai a:

Premio Internazionale di Letteratura Città di Como.

Filippo La Porta: la poesia come esperienza reale, perchè …, da POESIA COME ESPERIENZA, Fazi editore 2013, pag. 11-12

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e qui sulla poesia di Wallace Stevens

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LA VITA NON E’ UNO SCHERZO, di Nazim Hikmet

LA VITA NON E’ UNO SCHERZO
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell’al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.

La vita non é uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla é più bello, più vero della vita.

Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.

Nazim Hikmet

Poesie – Playlist su YouTube

chi è fecondo nell’anima e non solo nel corpo cerca di generare cose dell’anima, dal SIMPOSIO di Platone

Dal SIMPOSIO di Platone
Ogni essere mortale cerca di sopravvivere a se stesso attraverso la generazione:
questo è amore che cerca di non morire
di essere immortale.
C’è chi insegue l’immortalità
attraverso la procreazione dei fìgli
ma chi è fecondo nell’anima e non solo nel corpo cerca di generare cose dell’anima:
per questo desidera esseri belli nell’anima
e non solo nel corpo
e con loro genera crea
pensiero arte scienza poesia
e l’arte più grande l’arte del vivere comune
dell’umanità: la politica.
Questi sono i figli più belli e immortali!
Guardate i figli che ci hanno lasciato i poeti,
le creature di Omero di Esiodo!
e poetare non è solo fare poesia:
poetare è produrre creare
mettere al mondo creazioni di bellezza immortale. Gli esseri umani fanno tutto questo per non morire, cercano fama e gloria,
fanno pazzie per restare nell’eternità del tempo,
sono disposti anche a morire, gli uomini,
per non morire.
Tutto questo amici è Eros,
energia creatrice nel corpo e nell’anima.
E nessuno può essere erotico in qualcosa
se non è erotico tutto il suo essere.

Giorgio Caproni, Quando non sarò più …

Quando non sarò più in nessun dove

e in nessun quando, dove

sarò, e in che quando?

 

Giorgio Caproni

Lentamente muore, di Martha Medeiros, Lettura di Nando Gazzolo

Nando Gazzolo legge “Lentamente muore” (titolo originale “A Morte Devagar”) scritta nel 2000 da Martha Medeiros, giornalista e scrittrice brasiliana. Questa poesia viene erroneamente attribuita dal web a Pablo Neruda.

“Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e chi non cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero sul bianco e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno.

Lentamente muore chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.

TOMAS TRANSTROMER: letture di Domenico Pelini

http://www.youtube.com/watch?v=CpFJVziNdto&feature=uploademail

Biografia e libri della poetessa Marisa Zoni (1935-2011)

Marisa Zoni (1935-2011) è stata una poetessa italiana nata a Castel San Pietro Terme, in provincia di Bologna. Ha vissuto a Bologna e ha insegnato lettere per circa quarant’anni tra il nord e il centro Italia.

La sua produzione poetica è stata significativa nell’ambito della letteratura italiana contemporanea.

Tra le sue opere si ricorda “La scarpinata” (Mondadori, 1967) tra altri libri di poesie, e ha lavorato anche con importanti figure come Paolo Volponi e Lalla Romano.

È nota per un linguaggio poetico ricco e personale e ha mantenuto un ruolo rilevante nel panorama culturale fino alla sua morte a 75 anni circa nel 2011.

Insegnante di lettere per tutta la vita, Marisa Zoni ha percorso con la sua poesia uno spazio espressivo originale, e il suo lavoro è oggetto di studi e ricostruzioni da parte di studiosi e amici, come riportato in ricordi e raccolte dedicate a lei.

Il primo libro di poesie risale al 1959, “Testa o croce del soldone” e la sua attività letteraria ha avuto una lunga durata nel tempo.

Queste informazioni offrono un quadro biografico essenziale di Marisa Zoni, evidenziando la sua nascita, attività professionale e contributo alla poesia italiana del Novecento.nuovo-opac.sbn+6

  1. https://nuovo-opac.sbn.it/c/opac/autori/view?groupId=20122&id=RAVV031476
  2. https://www.peacelink.it/marenostrum/a/14999.html
  3. https://www.abebooks.it/scultore-carta-Poesie-Marisa-Zoni-Logogrifi/9310096315/bd
  4. https://traccesent.com/2018/09/10/in-ricordo-di-marisa-zoni-1935/
  5. https://www.satisfiction.eu/addio-a-marisa-zoni/
  6. https://www.noidonne.org/articoli/le-parole-che-incidono-la-carta-00235.php
  7. https://antemp.com/2025/11/11/marisa-zoni-fra-qualche-anno-1966/
  8. https://www.ebay.it/itm/115413879694
  9. https://www.facebook.com/Poesia2.0/photos/marisa-zoni/465357433503559/
  10. https://traccesent.com/category/autori/zoni-marisa/

Le opere principali di Marisa Zoni con le rispettive date di pubblicazione sono:

  • “Testa o croce del soldone” (1959), suo primo libro di poesie.
  • “La scarpinata” (1967), pubblicato da Mondadori.
  • “Lo scultore di carta” (1975), opera composta da 46 poesie.
  • “Come un metallo o un tamburo” (1999), pubblicato da Manni Editore.
  • “Tu paria dai mille occhi” (2004), pubblicazione che raccoglie i suoi ultimi lavori inediti.

Queste opere rappresentano alcuni dei contributi più significativi di Marisa Zoni alla poesia italiana contemporanea, con una produzione che copre diversi decenni e mostra l’evoluzione del suo stile poetico.lin+4

  1. https://www.lin.it/libri-autore/marisa-zoni.html
  2. https://www.lafeltrinelli.it/scultore-di-carta-libri-vintage-marisa-zoni/e/2560031014028
  3. https://www.bibliomo.it/SebinaOpac/query/baldassini%20l?context=catalogo
  4. https://www.ebay.it/itm/297481282130
  5. https://www.mondadoristore.it/autore/marisa-zoni/c/00034891
  6. https://traccesent.com/2018/09/10/in-ricordo-di-marisa-zoni-1935/
  7. https://www.ibs.it/libri/autori/marisa-zoni
  8. https://traccesent.com/category/autori/zoni-marisa/
  9. https://www.pendragon.it/catalogo/manufacturers/marisa-zoni.html?tmpl=component
  10. https://www.abebooks.it/scultore-carta-Poesie-Marisa-Zoni-Logogrifi/9310096315/bd
  11. https://antemp.com/2025/11/11/marisa-zoni-fra-qualche-anno-1966/

Poesia greca del Novecento, a cura di Nicola Crocetti e Filoppomaria Pontani. Presentazione di Vincenzo Guarracino

Come non pensare a ciò che diceva Bertolt Brecht, e cioè che «quando l’uomo di ferro le batte / le Muse gridano più forte»? Dinanzi all’esperienza della Grecia, alla ricchezza e fertilità della sua letteratura, una simile affermazione viene subito in mente, soprattutto dacché ci è dato finalmente attraversare la sua poesia per mezzo del ricchissimo Meridiano ad essa dedicato per le cure di Nicola Crocetti e Filippomaria Pontani. Una poesia che, senza dimenticare il suo straordinario passato, ha saputo rispondere come poche altre allo “spirito del Tempo”, alle domande che la storia ha proposto, svincolandosi, diversamente da quanto altrove è avvenuto, dal ruolo di esercizio squisitamente letterario o di riflessione intimistica e ripiegata su se stessa, soprattutto in considerazione degli eventi in cui è stata giocoforza coinvolta, nell’epoca della guerra e delle dittature militari, per riflettere sulle proprie responsabilità storiche e sul destino di un popolo. Basti, per capirlo, la forza e fierezza che traspare dai versi di Michalis Katsaròs: “Resistete all’Ufficio Stranieri e passaporti / alle orrende bandiere nazionali e alla diplomazia / alle fabbriche di materiale bellico / a quelli che definiscono lirica le belle parole / ai canti marziali / ai lamenti delle canzoni sdolcinate / agli spettatori / al vento / a tutti gli indifferenti e i saggi / agli altri che si definiscono vostri amici / persino a me, pure a me che vi racconto resistete. / Forse allora ci avvieremo sicuri verso la libertà».
A tal riguardo è quanto mai illuminante e pertinente la precisazione fatta in apertura dal Pontani, secondo cui «la poesia in Grecia non si è ridotta all’espressione anarchica e monodica di un sentimento personale” e neppure “si è confinata nell’ardua lirica d’avanguardia”, smarrendo i vincoli spazio-temporali con il mondo esterno. Al contrario, “i versi sono rimasti ben piantati entro un quadro di riferimento collettivo, a cominciare dal loro carattere saliente: la lingua”, al punto da conferire ad essa, alla lingua parlata, il cosiddetto  “demotico”, una dignità letteraria assoluta facendola assurgere a emblema della conquista della stessa indipendenza politica. Un “quadro di riferimento collettivo”: come dire che si tratta di una poesia in cui un popolo, una collettività con la sua coscienza critica, può riconoscersi e sa essere “civile” andando al passo del tempo, nella fedeltà al monito, che era poi quello dei poeti della Megàle Ellàs, di credere e vivere nel “kairòs”, nell’occasione, intesa nella sua accezione più nobile.
Oggi, poi, che la Grecia è agli onori delle cronache per via delle sue condizioni economiche sull’orlo del baratro, rendersi conto di queste cose, verificarle attraverso un catalogo vastissimo di proposte, quale è quello che è qui riproposto in ottime traduzioni, è quanto mai importante.
Ecco dunque una poesia che ha saputo essere, di volta in volta, “crepuscolare”, “esistenziale” e “impegnata” (sono questi i parametri entro cui possono inquadrarsi i diversi interpreti e protagonisti), offrendoci frutti di straordinaria maturità, non solo nelle figure più celebrate (Konstandinos P. Kavafis, Ghiannis Ritsos, Ghiorgos Seferis e Odisseas Elitis, gratificate dalla fama e da riconoscimenti, come il Nobel per gli ultimi due), ma anche in quelle di altri poeti, quali Kostas Uranis, Tellos Agras e Maria Poliduri, Ghiannis Skarimbas, Alèxandros Baras, Ghiorgos Kotziulas, Nikos Kavaddìas, Takis Papatsonis e poi via via Ghiorgos Themelis, Zoi Karelli, Ghiorgos Sarandaris, Ghiorgos Vafòpulos, Melissanthi, Takis Varvitsiotis, fino alle più giovani generazioni, a vario titolo rappresentativi di istanze civili e morali, senza comunque preoccuparsi eccessivamente, come raccomanda sempre Pontani, di periodizzazioni e categorizzazioni, visto che in Grecia non ci si è preoccupati mai di formalizzarsi dietro etichette o bandiere letterarie. Sorprendente e niente affatto marginale, infine, in siffatto panorama, il ruolo giocato dalle donne, tra le quali Maria Poliduri, Kikì Dimulà e la raffinata Anghelaki-Rooke, risaltano per originalità e forza.
Un libro, dunque, da leggere e custodire: un libro prezioso e necessario, la cui lettura è capace di accompagnarci “sicuri verso la libertà”. Perché in esso possa riflettersi la storia di un popolo e il destino stesso dell’Europa, e tale da poter davvero “rifar la gente” a saperlo leggere, come auspicava per ogni vero libro il nostro ottocentesco Giuseppe Giusti.

da: Lo spirito del tempo che si nutre di poesia – Cultura e Spettacoli – La Provincia di Como.

Giovanni Campana, PENSIERI SULLA SOGLIA E AUTOGLOSSE , VERSI E PROSE, presentazione del libro il 18 marzo 2011 a Modena

pensiero poetante…

Venerdì 18 marzo 2011 ore 17.30

presso l’ Accademia Nazionale delle Scienze, Arti e Lettere

corso Vittorio Emanuele II, 59 – Modena

avrà luogo la presentazione del libro

PENSIERI SULLA SOGLIA E AUTOGLOSSE

VERSI E PROSE

di

Giovanni Campana

introdurrà il prof. Lucio Belloi

l’autore leggerà alcuni testi del libro

ai presenti – che saranno invitati a partecipare anche con

osservazioni e domande – sarà fatto omaggio di una copia del libro.

Il libro è edito dalla rivista di poesia Anterem, di Verona

(in coedizione con Cierre Grafica)

nella Collana Opera Prima

Consiglio dei Garanti

Andrea Zanzotto Umberto Galimberti Yves Bonnefoy

Caro Campana, Torino, 12 maggio 2010

ammiro molto la sua poesia intensamente concettuale, con lezioni sublimi (…) È sempre più rara la poesia metafisica, e per questo tanto più cara e preziosa (…) Giorgio Bàrberi Squarotti

Caro Campana, 1/2/2011

grazie del suo libro (…) Me ne aveva già parlato l’amico Flavio Ermini [direttore di Anterem]. E ritrovo in effetti le qualità di cui lui mi aveva parlato. E’ un’ottima raccolta e le faccio i miei complimenti. Paolo Ruffilli

Nella poesia di Giovanni Campana si intrecciano numerose suggestioni filosofiche e teologiche (…) E in ogni suo verso si avverte l’intensità del suo modo si sentire (vivere) il concetto e l’insufficienza del concetto (…) Interrogativi di cui Giovanni Campana circonda la sua metafisica della luce (…)

Dalla postfazione di Tiziano Salari

Giugno 2010 – Dalla rivista letteraria “Il segnale”:

(…) “fra i molti che riceviamo, il suo [libro] ci è parso – alla prima lettura – fra i più interessanti per la qualità del dettato e la maturità dello stile (…)

I grandi autori della letteratura italiana in lezioni multimediali, in I Classici Italiani – Treccani

Da Francesco d’Assisi a Italo Calvino: i classici della nostra letteratura spiegati da docenti universitari, studenti e testimonial d’eccezione, in lezioni da guardare ed ascoltare. Per ognuno si ripercorrono vita, opere e influenza letteraria attraverso testi, audio, video, voci enciclopediche, mappe e cronologie interattive. Oggi il canale offre percorsi dedicati ad autori dell’Otto-Novecento, ma si arricchirà nel tempo con i classici dei secoli precedenti.

da: I Classici Italiani – Treccani.

Grazia Apisa Gloria, La tua sommessa voce. Dedicata a Paolo Ferrario, che mi ha fatto conoscere Antonia Pozzi, 27 marzo 2010

Biografia e Poesie di Grazia Apisa Gloria

Le radici del poeta viandante d’amore

“Sì, è ora che parli della mia anima. La mia anima è la terra: in tutti i sensi, la grande Terra; e quella piccola, il minuscolo acro bastante appena a tener viva la mia fame”, ci dice DAVID MARIA TUROLDO nel suo libro “La mia vita per gli amici, gennaio 2002”.

… “La Terra, passione di Dio e dell’uomo, dal cui fango siamo formati: per ritornare dispersa cenere, in una commistione di vita e di morte senza fine: con tutta la Terra.

Dicevo della mia piccola terra… del mio Friuli, dove sta una gente silenziosa e forte: gente raminga della mia terra, dispersa per il mondo. Così almeno fino a ora, fino al grande terremoto. Sradicati e stranieri dovunque, come zingari. Con i loro fagotti di emigranti, gonfi di tristezza più che di miseri stracci pur se dignitosi e lindi, stracci ancora freschi di lisciva. E ancor più carichi di nostalgia… .

E io più ramingo ed emigrante di loro, vagabondo di Dio, con l’idea di tornare sempre alla mia casa come alla mia cuna.

Una terra che ho sempre pensato fosse il centro dell’universo. Ero ancora un fanciullo, alle prime classi elementari: ricordo la solitudine che regnava su tutto il paese; e io che volevo sapere a che punto del mondo mi trovavo. Fu così che un giorno, nella tarda mattinata, salii da solo sul campanile, fino alla cella campanaria, e mi misi a guardare in direzione dei quattro punti dell’universo.

Ricordo che parlavo a voce alta; e poiché il paese era avvolto nella prima foschia fino a velare quasi completamente le montagne, ecco che mi dissi con piena fermezza: “Tanto di distanza di qua; tanta di là; e tanta dall’una e dall’altra parte”: così mi convinsi con gioia e paura insieme della domanda che più mi tormentava: dove fosse il mio paese! E trovavo che il mio paese era il centro dell’universo.

E’ questa una delle cose più vere per capire tutta la mia anima. Io ho portato con me tutto il mio paese: convinto che ognuno porta in sé un baricentro. Convinto che se scavi nelle tue profondità, trovi precisamente sempre la tua terra; per questo essa è il centro del tuo universo. … E la famiglia

Chiunque vorrà leggermi troverà nelle mie poesie più care questa preistoria che è uno degli elementi più sicuri a capirmi; e meglio ancora, a capire quanto io non sia riuscito a esprimere, a cantare come avrei voluto il vero canto dei poveri. …

E io, uscito forse dalla casa più povera, anche oggi orgoglioso di essere stato così povero. Non con questo che voglia nascondere il dramma della mia infanzia, che ho narrato nel racconto che ha per titolo “Ma io non ero un fanciullo”, dal quale poi ho realizzato il film Gli ultimi.

E’ a questa povertà che devo tutto: povertà che penso sia la salvezza non soltanto degli individui, ma della stessa società. Non ci salveremo se non da poveri.

[…]

Un anno fa mi trovavo in Friuli, inaspettatamente. Mi prende subito il proposito di tornare al mio piccolo paese… . Mi venne il desiderio di aggirarmi almeno per il cortile della mia infanzia… . Vedendo quel giorno che non c’era nessuno per tutto il borgo e la casa era abbandonata, d’istinto volli entrare almeno in cucina.

Era tutto come più di cinquant’anni prima: stessa porta, stessa caligine, stessa finestra sconnessa, stesso focolare e lavello… Solo che era spento il fuoco… Ma c’era mia madre!… Sì per me c’era! Come se fosse ancora lì! E io ancora fanciullo… Mi venne allora, tra un fiotto improvviso di lacrime e un singulto, un pensiero: sì, che non esiste la morte! che non c’è la morte! che tutto vive, che non è vero che loro sono di là e noi di qua; ma che anche loro sono qui, ancora qui, con noi; qui a continuare, tutti, sulle stesse strade: mai soli!”

… Solo dopo mesi mi venne all’improvviso, sorgiva, di cantare così:

E lasciamo il pianto

E lasciamo il pianto

Che mi sgorgò sulle mani

Dopo i cinquanta e più anni

Che non vi entravo: qui

Dalla mia casa almeno

Può dirsi: è stata bandita!

Ancora infatti l’umile porta,

ancora quella la finestra:

a camino per il fumo che a nembi

si addensava contro il soffitto,

e tu come allora

dentro la nuvola.

– “Pai” (babbo) già dall’alba

E fino a sera

Era a dissodare

I duri campi in affitto

O a falciare prati

Per altri… –

Più densa intorno agli stipiti

La caligine colava anche in giorni

Di vento secco:

e le fessure nell’impiantito

di sopra, e le crepe

nei muri e sul solaio:

no, qui nessun vento

soffiava sui divani

qui né tempo né morte avevano

più nulla da rapire o rodere.

Mancava solo il poco rame, unico

Oggetto lucente, oltre, madre,

i tuoi occhi sempre umidi

sul minuscolo lavello.

Mancavamo noi, volati

Via come uccelli

Non più tornati al nido.

Sola variante

La corte fattasi

Più deserta.

Non fosse che le case ora

Come dopo una peste

Siano tutte intonacate,

di calce, direi:

“Morte, non esisti!”.

E là tu stai “sudore plebis”

Mia casa

A sassi di fiume,

lacrime raggrumate da secoli.

E lei

Dalla piccola finestra

A salutarmi:

“Mandi, frut” (Addio, figlio).

Mentre riprendo la strada…

Mia natura

Mia natura è di essere

presente: amare

la realtà che sento: toccare,

divenire queste morenti cose

salvarle nel mio gesto

di pietà. Mia tristissima

gioia di questi possedimenti

sempre dispersi: di queste

inesistenze: amore di case

che debbo lasciare; di questa

mia perita città.

(Da: “Io non ho mani” in O sensi miei… “ Poesie 1948-1988)

Questa ragione

E pregare: noi siamo sassi, Iddio,

polvere di strade: passeranno

gli altri su noi e sugli altri

gli altri, fino all’ultimo giro.

Un’anima hanno le pietre,

un cuore, un destino pietoso.

Saranno domani prigioni e case

O mense d’altari ove sanguina

La Vita.

Polvere saranno, alla fine,

con la cenere degli uomini.

Cristo è il solo confine immobile,

l’abisso ove s’annulla l’eterno

e non ha più onda il tempo.

Questa ragione invece

Una scogliera sull’infinito.

(dalla raccolta “Gli occhi miei lo vedranno”, anno edizione 1955)

Ha dunque un volto

e piange –

… e non un segno dell’universo

Può dire che sia

Se

Non sia la tua coscienza

A dire di Lui:

“ecco, tu sei”

Lui

L’Illimite (no, è impossibile)

Il Nulla e il Tutto insieme

L’impossibile Immaginario:

Essere e Idea insieme

Ha dunque

Un volto

E una voce

E parla e

Piange…

Già dirlo è un prodigio:

dire che altra risposta

non esiste:

Ragione:

è necessitata a credere

ma prodigio ancora più grande

è credere

(Da: “Anche Dio è infelice”, 1991)

Ballata del pellegrino

Andiamo di primo mattino

usciamo dalla notte

lavate le mani e il cuore

e sul volto riflessa la gloria

della sua Schekinah (manifestazione)!

Andiamo senza turbare

la luce che sorge e il canto

degli uccelli lungo la via.

Andiamo col passo del Pellegrino,

nel sacco appena un tozzo di pane

che inzupperemo all’acqua di fonte

sull’altipiano: la necessaria

eucaristia di Natura

avanti di assiderci a sera

per l’ultima Cena.

E come usavano gli antichi oranti

dal “Tetto del mondo”, ognuno

appenda al proprio bastone

il velo della sua sospirata preghiera

e il vento la porti

nella direzione che vuole.

Andiamo leggeri, prodigiosa-

mente leggeri,

per non offender la terra,

e nulla alteri il ritmo

del misurato respiro.

E con l’alito appena

a bolle di luce diciamo

”Gesù, figlio di Dio”

”abbi pietà di noi”

perché tutta la terra

sia irrorata dalla

infinita pietà.

Tutte le ferite fasciate

sozzure e immondizie

bruciate nella Geenna,

colmate

tutte le solitudini.

O anche senza a nulla pensare,

lasciare libero Iddio

che usi grazia

cole a Lui piace:

perché noi non sappiamo,

non sappiamo!

E’ già grazia

essere amati, e più ancora

lasciarsi amare; e scendere

al centro del cuore

e portare la veste nuziale

e tornare all’innocenza premeva,

tornare ad essere in pace.

Ricondurre la mente

al centro del cuore dove

finalmente celebrare l’incontro:

poiché là Egli innalza

la sua preferita dimora

la tenda dei suoi ozi,

per i giochi d’amore.

E fare del corpo

il castello

delle nozze!

Amen.

(Da: “Nel segno del Tau” in “O sensi miei… “)

… Uno dei segni per non disperare e per non lasciarsi morire, è che non muoia la Poesia. Fin quando l’uomo canta, e tornerà a cantare, c’è ancora speranza, non solo per l’individuo, ma per la stessa società. La poesia, quando è poesia, è sempre un evento universale, un evento per il mondo, per la storia: poesia come luce; ultima forma di conoscenza; come intelligenza d’amore che sta proprio nel cuore della disperazione; poesia come voce dell’anima di un popolo; cuore del poeta quale conchiglia degli oceani; maceramento per l’assenza-presenza dell’Eterno; poesia che scaturisce da amore per il prossimo… .

… “Io non ho… mani che mi accarezzino il volto… “… Cominciavo così a seguirti…

Io non ho mani

Io non ho mani

che mi accarezzino il volto,

(duro è l’ufficio

di queste parole

che non conoscono amori)

non so le dolcezze

dei vostri abbandoni:

ho dovuto essere

custode

della vostra solitudine:

sono

salvatore

di ore perdute.

(Da: “O sensi miei”)

Poesia

Poesia

è rifare il mondo, dopo

Il discorso devastatore

del mercadante

(Da: “Nel segno del Tau”, 1988)

O infinito silenzio

Signore, per te solo io canto

Onde ascendere lassù

Dove solo Tu sei,

gioia infinita.

In gioia si muta il mio pianto

Quando incomincio a invocarTi

E solo di Te godo,

paurosa vertigine.

Io sono la Tua ombra,

sono il profondo disordine

e la mia mente è l’oscura lucciola

nell’alto buio,

che cerca di Te, inaccessibile Luce;

di Te si affanna questo cuore

conchiglia ripiena della Tua Eco,

o infinito Silenzio

(Da: “ Udii una voce” in “O sensi miei”)

… Tra le infinite cose di cui David conservava memoria, aveva scelto come suo modo nuovo di essere “cattolico” queste parole di papa Giovanni XXIII:

“Se nella notte non sai dove andare, sappi che alla mia finestra c’è sempre un lume acceso; bussa, bussa e io scenderò ad aprirti; né ti chiederò se sei cattolico o no”.

Uno dei doni che più hanno inciso su tutta la sua vita, e confortato in ogni battaglia, è stato il dono dell’amicizia…

E domani

Ve ne siete andati, amici.

Ora nuovamente solo

conto i vostri passi

( prima insieme a scendere

le scale, ad accomiatarci

sul sagrato, più tardi

possibile) e poi solo

a sentire i vostri motori

in corsa verso la pianura.

Solo, come ieri e come domani,

come questa notte di luna

sul colle così familiare e assente.

E’ mezzanotte, è l’una,

per me è sempre mezzanotte

e sempre è l’una e le due

e poi l’alba.

Solo, per i secoli dei secoli amen.

E tornerete domani e dopodomani

a rapirmi altre gocce di gioia

con fatica aggrumata

nella mia arnia d’inverno,

raccolta da qualche fiore sulle pietre,

tra spini e un gioco di bimbi:

anima mia come ape in volo

dall’alba all’alba

nel lungo giorno e nella lunga notte,

e poi ancora in volo

sulle nude scogliere dei sensi,

nel devastato giardino dei ricordi,

ovvero con la paura che le ali si frangano

sugli abissi di Dio.

Ancora qualche gioia

e poi altre rapine:

e così per sempre.

Tale il mio sacerdozio;

pur felice

che torniate, amici.

Ciò non segna importanza alcuna

purché torniate

e domani e dopodomani,

o amici”.

(Da: “Il sesto angelo” in “O sensi miei”)

Fratello ateo, nobilmente pensoso

alla ricerca di un Dio che io non so darti,

attraversiamo insieme il deserto.

Di deserto in deserto

andiamo

oltre la foresta delle fedi

liberi e nudi verso

Il nudo Essere

e lì

dove la Parola muore

abbia fine il nostro cammino.

(Da: “Oltre la foresta delle fedi”, 1996)

Colloquio notturno

E quando la notte fonda

ha già inghiottito uomini e case,

una cella mi accoglie

esule del mondo. Gli altri

nulla sanno di questa mia pace,

di questi appuntamenti.

Forse neppure io stesso

saprei rifare l’itinerario del giorno,

ripetere la danza del mio Amore.

Quasi nulla avanza di me

la sera: poche ossa, poca carne

odorosa di stanchezze,

curvata sotto il peso

di paurose confidenze.

Allora Egli mi attende solo,

a volte seduto sulla sponda del letto,

a volte abbandonato sul parapeto

della grande finestra. E iniziamo

ogni notte il lungo colloquio.

Io divorato dagli uomini, da me stesso,

a sgranare ogni notte il rosario

della mia disperata leggenda.

Ed Egli a narrarmi ogni notte la

Sua infinita pazienza.

E poi all’indomani io, a correre

a dire il messaggio incredibile

ed Egli fermo al margine delle strade

a vivere d’accattonaggio.

(Da: “Da udii una voce” in “O sensi miei… “)

Canti ultimi…

Sera a sant’Egidio

Tornata è la quiete,

anche il vento riposa,

non c’è più nessuno

nell’Abbazia:

ma io non chiuderò le porte:

Qualcuno, sono certo, verrà:

così attendo sereno la Notte.

(Da: “Canti ultimi”, 1991)

Sempre dilaniato

Sempre dilaniato dal “doppio pensiero” (Dostoevskij):

questo male non voluto

e voluto: conflitto e finzione

che durano da una vita:

figlio prodigo e fratello maggiore insieme

e tu,

a dare fondo alla tua pietà.

(Da: Ultime poesie, 1991-1992)

Una silenziosa camminata insieme all’amico Sandro in una pineta nei dintorni di Bressanone, nell’agosto del 1988, gli ispirò questa poesia:

Ti sento, Verbo, risonare dalle punte dei rami

dagli aghi dei pini, dall’assordante

silenzio della grande pineta

– cattedrale che più ami – appena

velata di nebbia come

da diffusa nube d’incenso il tempio.

Subito muore il rumore dei passi

come sordi rintocchi:

segni di vita o di morte?

Non è tutto un vivere e insieme

un morire? Ciò che più conta

non è questo, non è questo:

conta solo che siamo eterni

Non so come, non so dove, ma tutto

perdurerà: di vita in vita,

e ancora da morte a vita

come onde sulle balze

di un fiume senza fine.

Morte necessaria come la vita,

morte come interstizio

tra le vocali e le consonanti del Verbo,

morte, impulso a sempre nuove forme.

Mai di te

Mai di te sapremo:

. Suono

. Silenzio

. Parola

che tu sia,

oppure Occhio che riflette

tutta la terra come una perla;

e mai nulla di definito sapremo

neppure di noi…

(Da: “ Il grande male” in “O sensi miei…”)

Profezia Antica

E il già detto è ancora

da ridire, Qohelet:

mai la stessa onda si riversa

nel mare, e mai

la stessa luce si alza sulla rosa:

né giunge l’alba

che tu non sia

già altro!

(Da: Ultime poesie, 1991-1992)

Da: “Mia Apocalisse”

Tempo verrà

Tempo verrà che non avrete un metro

di spazio per ciascuno:

lo spazio di un metro

che sia per voi. Tutti

vi dovrete rannicchiare:

nemmeno coricati!

Se pure non sarete

accatastati uno sull’altro.

Allora uno resterà soffocato

dal ribrezzo dell’altro.

Non avrà spazio

neppure il pensiero

e tutto sarà nel Panottico:

pupilla di un

Polifemo

fissa al centro del cielo:

non ci sarà un solo angolo,

un remoto angolo

per il più segreto

dei pensieri.

Il cuore sarà cavo

come il buco nero

in mezzo alle galassie.

La mente di tutti

una lavagna nera…

Un groviglio di fili

senza corrente

i sentimenti

a terra.

David, è scaduto il tempo

David, è scaduto il tempo d’imbarco!

Ora il tuo posto

è la lista d’attesa.

Grazia rara è

se ancora qualcuno conservi

(con molte incertezze) memoria

del tuo nome, almeno

il sospetto

che tu sia esistito.

Premono formicai di anonimi

alle stazioni della metropolitana.

Moltitudini che urlano

invocando di salire,

a grappoli.

Tutti sconosciuti l’uno all’altro

ignoto il proprio volto

perfino a te stesso,

e il volto del proprio padre:

anche lui anche lui sbarcato

a forza del predellino

dell’ultimo tram

nella notte.

Non c’è approdo

E poi sempre finito

nel grande Vuoto,

e cantare

evanescenze…

Ora come un tempo, solo

con più amarezza: il gioco

non incanta più.

Non so se altri passino

per uguali gorghi

di vertigini:

essere-non essere, avvertire

di esistere appena:

e il corpo

che non ha confine,

e tu

perduto nell’illimite…

E consistere mai!

Non c’è approdo,

non c’è fine…

E’ vero invece

Non è vero che Dio è

la Lucidità.

E’ vero invece che ti appare

appena Occhio che avverti,

e di spalla

E lo senti incombere muto,

d’un silenzio che ti assorda:

frastuono d’acque

immense.

Divina è la confusione degli elementi

l’attrazione dei pianeti e di ogni vita,

e il peso di gravità delle cose

e questa coesione della pietra…

Dio, Unità e Divisione insieme:

penso che la stessa

morte a nulla

approderà

E non è vero

E non è vero che è

il Razionale:

quando non posso mai dire

perché son nato io e non un altro;

e in questo modo son nato,

e tempo, e luogo, e non altrove…

(Da: Nel segno del Tau)

Ieri, all’ora nona

Ieri all’ora nona mi dissero:

il Drago è certo, insediato nel centro

del ventre come un re sul trono.

E calmo risposi: bene! Mettiamoci

in orbita: prendiamo finalmente

la giusta misura davanti alle cose;

con serenità facciamo l’elenco:

e l’elenco è veramente breve.

Appena udibile, nel silenzio,

il fruscio delle nostre passioncelle

del quotidiano, uguale

a un crepitare di foglie

sull’erba disseccata.

(Da: Canti ultimi, 1991)

… A chi ha “conservato memoria” lascio questa sua poesia:

Crociera sul lago

Tutto, dunque, indistinto, trasognato.

Ci avvolge una sola luce

e il fischio dell’approdo. Scendiamo,

(la città ci viene incontro sull’onde)

ognuno col suo bagaglio.

Il giro è finito. Domani lo stesso viaggio.

Un veliero ora parte carico di gente;

un altro ritorna incrociando al porto.

Solo contrasto le onde che s’infrangono

annullandosi. La gente dalla tolda

saluta la gente che resta.

Il sole indifferente

è sdraiato sulle colline.

Solo un po’ di vento al largo.

Ora un velo nasconde le montagne

e il lago assente sopporta, tace.

I pensieri come vele bianche

gonfi di nulla. Lo stridore del gabbiano

unico segno rimasto di vita:

anche noi indistinti, finalmente, in sonnolenza.

Finalmente e uomini e cose

e lucertole rovesciati nel sole.

Forse non uno pensa. Qualcuno

come un automa sorseggia una bevanda gelida.

Si parla in un angolo piano

ma forse nessuno attende alle parole.

Dalla spiaggia i villani guardano da secoli;

quante volte videro l’avvio e l’approdo!

E dalla nave anche noi guardiamo

la gente che ci guarda. E così

chissà per quanto tempo ancora,

forse per sempre.

(Da: “Udii una voce” in “O sensi miei… “)

libri di Grazia Apisa Gloria

Ha pubblicato racconti, favole e poesie:

“Il linguaggio dei sogni”, (Genova, 1994) con la Nuova Editrice Genovese;

“Stelle d’Igea”, favole ispirate ad un sogno (Genova, 1994);

“Scacco matto alla ragione – La strada di San Diego – due racconti e 11 poesie” (Genova, 1994);

“Ti amo – Dalla dialettica al dialogo” (Genova, 1994);

“Luce bianca nel sentiero” (Genova, 1994) con la Silver Press;

“Senza Traccia” (Genova, 1995),

“Il fiore del gelsomino” (Genova, 2007),

“La strada Bianca” (Genova, 2007),

“Quell’Aprile antico” (Genova, 2007),

“L’infinito e il suo sogno” (Genova, 2007),

“Nell’attimo eterno” (Genova 2008),

“Il Dio di luce” (Genova, 2008),

“Nella città della luce e del sogno” (Genova, 2008),

“Mi chiederai di nascere” (Genova 2008),

“L’incontro” (Genova, febbraio 2009) con la Golden Press..

Paolo Ferrario, La Scarpinata, il mondo visto dalla poesia, in ul Tivan, 10 giugno 1967. Recensione del libro di Marisa Zoni

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Vladimir Majakovskij, Gente che non ho mai visto: Mussolini, 1923 (trovata nel libro: Metrica dei giorni, poesie per un anno, Palomar edizioni, 1999, pagina 531)

Ovunque si getti lo sguardo, i giornali
son pieni
              del nome di Mussolini.
A quelli che non l’hanno mai visto
                                                   lo descrivo io, Mussolini.
Punto per punto,
                         tratto per tratto.
Genitori di Mussolini,
                                 non sforzatevi di criticarmi!
Non gli somiglia?
                           La copia più esatta
                                                       è la sua politica.
Mussolini
               ha un orribile
                                    aspetto.
Nude le estremità,
                            nera la camicia,
sulle braccia
                   e sulle gambe
                                        migliaia
di peli
         a ciuffi.
Le braccia
                arrivano ai calcagni
                                              e scopano per terra.
Nell’insieme
                   Mussolini
                                  ha l’aspetto di scimpanzé
Non ha faccia :
                       al suo posto
ha un enorme
                     marchio da brigante.
Quante narici
                     ha ogni uomo!
                                           È inutile!
Mussolini
               in tutto,
                           ne ha una sola,
e anche questa
                      gli è stata spaccata
                                                   esattamente in due
alla spartizione
                        del bottino.

….

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https://incidenze.blogspot.com/2012/10/gente-che-non-ho-mai-visto-mussolini-di.html

Orazio, poeta romano, nato l’8 dicembre del 65 a.C. a Venosa

Orazio, il cui nome completo è Quinto Orazio Flacco, è stato un illustre poeta romano, nato l’8 dicembre del 65 a.C. a Venosa, una colonia romana situata nell’attuale Basilicata. Figlio di un liberto che divenne esattore delle tasse, Orazio crebbe in una condizione economica relativamente agiata, che gli permise di ricevere un’ottima educazione[1][3][6].

Formazione e Carriera Militare

Dopo aver completato i suoi studi a Roma, Orazio si trasferì ad Atene per approfondire la filosofia e la poesia greca. Durante questo periodo, si arruolò nell’esercito di Bruto per combattere contro le forze di Ottaviano nella battaglia di Filippi nel 42 a.C., dove il suo schieramento subì una pesante sconfitta. Dopo la battaglia, Orazio tornò in Italia grazie a un’amnistia, ma scoprì che il podere paterno era stato confiscato[2][3][4][6].

Inizio della Carriera Poetica

Costretto a cercare un impiego, Orazio divenne segretario di un questore e iniziò a scrivere poesie. La sua carriera poetica decollò quando nel 38 a.C. fu presentato a Mecenate da Virgilio e Vario. Grazie al supporto di Mecenate, Orazio poté dedicarsi completamente alla scrittura[1][3][4][6].

Opere e Temi

Le sue opere più significative includono le Satire, gli Epodi e le Odi.

Le Satire riflettono una critica sociale e morale della sua epoca, mentre le Odi esprimono temi di bellezza, amore e natura, con celebri espressioni come “Carpe Diem” e “Hic et nunc” che invitano a vivere il presente[2][3][4].

Orazio è noto per il suo concetto di aurea mediocritas, che promuove un equilibrio tra gli estremi della vita.

Ultimi Anni e Eredità

Orazio ricevette da Mecenate un piccolo possedimento in Sabina nel 33 a.C., dove trascorse gran parte della sua vita in tranquillità, lontano dalla frenesia di Roma. Morì nel 8 a.C., lasciando un’eredità duratura nella letteratura latina e influenzando generazioni di poeti successivi con il suo stile lirico e i suoi temi universali[1][3][4][6].

La figura di Orazio è quindi emblematica non solo della letteratura romana, ma anche della cultura dell’epoca augustea, rappresentando un ponte tra la tradizione greca e quella latina.

Citations:
[1] https://www.skuola.net/letteratura-latina-eta-augustea/orazio-biografia-opere.html
[2] https://knowunity.it/knows/latino-orazio-6e46154a-ad79-4b6c-9e03-2858c00baf66
[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Quinto_Orazio_Flacco
[4] https://sapere.virgilio.it/scuola/superiori/letteratura-storia-filosofia/letteratura-romana/orazio-vita-e-opere-del-poeta-romano
[5] https://www.skuola.net/letteratura-latina-eta-augustea/orazio-vita-opere.html
[6] https://www.sololibri.net/orazio-vita-opere-pensiero.html
[7] https://www.sapere.it/sapere/strumenti/studiafacile/letteratura-latina/augusto/orazio/La-vita.html
[8] https://www.treccani.it/enciclopedia/quinto-orazio-flacco_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/