Domandiamo a Gesù se a Cesare — cioè allo Stato — si possa dare qualcosa che sia contro Dio. Risponderebbe di no!, da Emanuele Severino, SE CESARE NON E’ DALLA PARTE DI DIO, in Corriere della Sera 25 settembre 2013

Domandiamo a Gesù se a Cesare — cioè allo Stato — si possa dare qualcosa che sia contro Dio.
Risponderebbe di no! Assolutamente no!

Ciò significa che le leggi dello Stato non potranno essere contro le leggi di Dio, del Dio di Gesù, della cui verità oggi la Chiesa si ritiene depositaria.
Domandiamogli ancora se allo Stato si possono dare leggi neutrali, che cioè consentano ai cittadini sia di agire contro Dio, sia di non essergli contrari. Ancora una volta Gesù risponderebbe di no, e altrettanto risolutamente: si renderebbe lo Stato libero da Dio; si lascerebbe ai cittadini la libertà di vivere contro Dio. Con la prima risposta lo Stato sarebbe costretto a essere uno Stato cristiano (anzi cattolico); con la seconda lo si lascerebbe libero di non esserlo. Ma anche questa libertà è un modo di essere contro Dio. Quindi per Gesù le leggi dello Stato debbono essere cristiane (e cattoliche).

L’estremismo islamico che massacra i cristiani non è forse la conseguenza ultima della convinzione che nella società non si debba consentire ciò che — come le altre fedi — è contro il Dio in cui si crede? E viceversa, nel fanatismo degli amici di Cesare
(vedi rivoluzioni francese e bolscevica) non si massacrano i credenti in nome del principio che non si debba dare al loro Dio ciò che è contro Cesare?

qui tutto l’articolo di Emanuele Severino:

Il destino della verità, ovvero ciò’ che noi siamo da sempre è lo stare nel cerchio di luce dove appare la terra

Il destino della verità,

ovvero ciò’ che noi siamo da sempre

è lo stare nel cerchio di luce dove appare la terra

… “varieranno i rimedi, ma rimarrà costante sia l’essenza del dolore, sia la volontà di trovare rimedio al dolore” … , Emanuele Severino, in IL GIOGO, alle origini della Ragione, Adelphi, 1989, pag. 385

Lungo la storia dell’Occidente varieranno i rimedi, ma rimarrà costante sia l’essenza del dolore, sia la volontà di trovare rimedio a dolore,

Emanuele Severino, in IL GIOGO, alle origini della Ragione: Eschilo, Adelphi, 1989, pag. 385

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Emanuele Severino sull’IDEA DI EUROPA, intervista di Luca Taddio, in http://www.filosofia.rai.it/

Luca Taddio intervista Emanuele Severino sull’idea di Europa, su cosa sia rimasto della cultura europea e cosa è rimasto dell’idea di Europa oggi.

vai a: Emanuele Severino – Ripensare l`Europa

Emanuele Severino: “credo di più e più spesso nelle cose in cui comunemente si crede, … ma … “, da INTORNO AL SENSO DEL NULLA, Adelphi, 2013, pag 210-211

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nella terra isolata, la “cosa” è la madre di tutte le guerre, Emanuele Severino

nella terra isolata, la “cosa” è la madre di tutte le guerre

da  Modifica articolo ‹ Antologia del Tempo che resta — WordPress.

la parola COSA. in relazione all’ultimo libro: Emanuele Severino, INTORNO AL SENSO DEL NULLA, Adelphi, 2013

Gran parte delle parole che nelle lingue indoeuropee indicano la «cosa» alludono più o meno direttamente ai beni, alle ricchezze, a ciò che serve e si adopera, a ciò di cui si ha bisogno, ai valori, al bestiame, all’affare, a ciò che è pregiato, alla sostanza e al patrimonio. Qui ci si limiti a richiamare il latino res, il greco prâgma, chrêma, il tedesco Ding (inglese thing) e Sache.
Perfino lo spettro semantico del participio greco tà ónta (gli essenti, le cose che sono) include le sostanze e i beni, e anche il participio ousía nomina la sostanza intesa come patrimonio. Significati che precedono quelli che a queste stesse parole il pensiero filosofico ha in seguito assegnato.
Ma è rilevante che quei più antichi significati della «cosa» implichino, a volte in modo del tutto esplicito, che il loro contenuto sia tutt’altro che indifferente alle singole volontà, le quali invece se li disputano anche in tempo di pace. Quei significati implicano cioè una situazione conflittuale e il luogo in cui essa viene discussa, che vengono in luce, ad esempio, in Ding, thing, che significano anche «causa», «tribunale», «parlamento», «assemblea», «verdetto, «processo».
La stessa parola «cosa» proviene dal latino «causa», intesa sia come matrice e principio del diventar altro (dynamis eis tò patheîn e dynamis eis tò poieîn), sia in senso giuridico, come motivazione del diritto al possesso di ciò che è conteso tra volontà differenti.

Che la parola «cosa» significhi questa conflittualità, mostrata nelle antiche formazioni linguistiche della terra isolata è una figura che rinvia alla conflittualità originaria, dove la «cosa» è la risultante della lotta tra la volontà e l’Inflessibile, ossia è la forma originaria (quindi preontologica) del diventar altro.

Dicendo che Pólemos è il padre di tutte le cose e che quindi ogni cosa è lotta, conflitto, Eraclito dice già implicitamente che il conflitto è il significato originario dell’esser «cosa» — sì che, come altre volte ho rilevato, si può dire che, nella terra isolata, la cosa è la madre di tutte le guerre.

da http://archiviostorico.corriere.it/2013/aprile/17/Oltre_ombra_paurosa_del_Nulla_co_0_20130417_eaa2616a-a720-11e2-8df1-aa298bd24180.shtml

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Adriano Fabris sul tema LA QUESTIONE DELLA COSA:

Emanuele Severino sulla connessione fra l’età del rame e il senso del SACRO

una cronaca del dibattito:

http://www.bresciaoggi.it/stories/Home/493382_monari-severino_il_sensodel_sacro_unisce_e_divide/

Umberto Galimberti sul SACRO

audio di Umberto Galimberti sul SACRO:

alle origini della parola FESTA, a partire da una lezione di Emanuele Severino

Sono partito da questo estratto da una lezione di Emanuele Severino sulla parola FESTA:

Il dizionario etimologico dice “giorno di riposo“, dal latino FESTUS, alla cui radice sentiamo FES

Ma Severino ci indica di ricercare “gruppi di significati”.

Seguiamoli.

1. le radici DHE o anche DHES che portano a “luce”

Emile Benveniste nel suo VOCABOLARIO DELLE ISTITUZIONI INDOEUROPEE (Einaudi 1976, prima edizione francese 1969) ritiene che le radici originarie indoeuropee siano:

DHA (S) e BHAS

che rimandano alla “luce divina”

benvenistedhe221

Franco Rendich ci dice che la consonante d significava “luce” e che

dalla radice di

da intendere come “moto continuo” [i] della luce [d],

derivò il corrispondente sanscrito di, didyati “brillare”, “splendere)

DHA significava “portare il fuoco”

benvenis2223

“parola divina” rappresentano lo stesso evento mistico anche secondo la Qabbalah ebraica”

Le sequenze di significati trovati da Rendich sono:

dal sanscrito BHAS, “splendere, essere luminoso”

al greco PHAS, da cui PHAOS, “luce”

al latino FAS, che “mostra la luce” e che porta a FESTUS 

bhas224

dha225

2. Ancora sulla radice DHA che attraverso DHE,  arriva a  felix, felice

Secondo Rendich (ripreso da Severino)

DHA è anche “che porta energia”,  “poppare”,  “succhiare”

DHA diventa DHE

poi THE in greco

da cui il greco Thele, “capezzolo”, “mammella”

fino al latino fe, che porta a  felix, “che ha avuto un buon rapporto con il seno materno”, “felice”

thele226

3. arrivando a  THEORIA

Il sanscrito DHI diventa in greco THE che dà origine a parole come:

THEOS

theOS228

THESPHATOS, “enunciato da un dio”, “fissato da una decisione divina”, “stabilito dagli dei”

THEORIA, come “contemplazione, meditazione” e, nella lezione di severino, “contemplazione festiva”

theoria227

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Bibliografia:

alle origini della parola FESTA, partendo da Emanuele Severino e passando attraverso Emile Benveniste, Franco Rendich, Giovanni Semerano

Sono partito da questo estratto da una lezione di Emanuele Severino sulla parola FESTA:

Il dizionario etimologico dice “giorno di riposo“, dal latino FESTUS, alla cui radice sentiamo FES

Ma Severino ci indica di ricercare “gruppi di significati”.

Seguiamoli.

1. le radici DHE o anche DHES che portano a “luce”

Emile Benveniste nel suo VOCABOLARIO DELLE ISTITUZIONI INDOEUROPEE (Einaudi 1976, prima edizione francese 1969) ritiene che le radici originarie indoeuropee siano:

DHA (S) e BHAS

che rimandano alla “luce divina”

benvenistedhe221

Franco Rendich ci dice che la consonante d significava “luce” e che

dalla radice di

da intendere come “moto continuo” [i] della luce [d],

derivò il corrispondente sanscrito di, didyati “brillare”, “splendere)

DHA significava “portare il fuoco”

benvenis2223

“parola divina” rappresentano lo stesso evento mistico anche secondo la Qabbalah ebraica”

Le sequenze di significati trovati da Rendich sono:

dal sanscrito BHAS, “splendere, essere luminoso”

al greco PHAS, da cui PHAOS, “luce”

al latino FAS, che “mostra la luce” e che porta a FESTUS 

bhas224

dha225

2. Ancora sulla radice DHA che attraverso DHE,  arriva a  felix, felice

Secondo Rendich (ripreso da Severino)

DHA è anche “che porta energia”,  “poppare”,  “succhiare”

DHA diventa DHE

poi THE in greco

da cui il greco Thele, “capezzolo”, “mammella”

fino al latino fe, che porta a  felix, “che ha avuto un buon rapporto con il seno materno”, “felice”

thele226

3. arrivando a  THEORIA

Il sanscrito DHI diventa in greco THE che dà origine a parole come:

THEOS

theOS228

THESPHATOS, “enunciato da un dio”, “fissato da una decisione divina”, “stabilito dagli dei”

THEORIA, come “contemplazione, meditazione” e, nella lezione di severino, “contemplazione festiva”

theoria227

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Bibliografia:

Emanuele Severino: religioni e tecnica

Penso che tutte le religioni debbano fare i conti con la tecnica. La tecnica oggi è la forza vincente, è la fede vincente, è quella che convince tutti, perché fa vedere in concreto quello che la religione promette. Oggi non è più la “fede che muove le montagne”, oggi è la tecnica che muove le montagne. Però è singolare il fatto che la fede religiosa e la tecnica si esprimano con lo stesso cifrario, per cui la validità di entrambe consiste nella capacità di muovere le montagne. Cioè, sia la razionalità scientifico-tecnologica, sia la fede, hanno quella forma di volontà di potenza che stravolge, per esempio, il significato di quel bellissimo quadro di Duhrer, dove c’è l’innocenza di Gesù contrapposta alla violenza, alla dissacrazione. Oggi tutti i volti hanno la fisionomia della volontà di potenza. Anche il volto di quella che è stata chiamata la Chiesa dei Santi. Lì c’è Gesù che rappresenta la Chiesa dei Santi, e attorno ci sono i Sapienti, che possono rappresentare la razionalità laica oppure la Chiesa di Pietra. Oggi sta venendo alla luce che sia la fede religiosa, sia la fede della razionalità moderna, è volontà di potenza, capacità di muovere le montagne. Rispetto ai satelliti, rispetto alla dominazione planetaria, salvare in eterno l’anima è un atto di superpotenza.

da   Emanuele Severino: La filosofia e la fede.

Emanuele Severino: “la bellezza appartiene alla categoria del rimedio, l’ultimo rifugio della natura, è tutto ciò che resta dopo che la stessa civiltà della tecnica avrà fallito”

“Più volte ho insistito sul carattere tecnico della parola ars, che costituisce il rimedio; la radice ar- allude sempre al carattere di strumento salvifico; però la bellezza appartiene alla categoria del rimedio, l’ultimo rifugio della natura, è tutto ciò che resta dopo che la stessa civiltà della tecnica avrà fallito.”
Emanuele Severino “Del Bello” Mimesis edizioni, 2011, pag. 22

Emanuele Severino su Tecnica e capitalismo

[youtube http://youtu.be/RRSzEg-nBQ4]

audio breve: https://antemp.com/wp-content/uploads/2013/03/intervista-milania-tecnica-capit.mp3

audio 33 minuti: https://antemp.com/wp-content/uploads/2013/03/societc3a0-della-tecnica-e-tramonto-del-capitalismo.mp3

Emanuele Severino, APPARENZA, REALTA’ E L’ISOLAMENTO DELLA TERRA, rassegna “Abitatori del Tempo”, Monza, 8 febbraio 2013. Audio e Video della lezione

E’ affidata ad Emanuele Severino – filosofo tra i più noti in Italia ed intellettuale pubblico – l’apertura della nona edizione della rassegna “Abitatori del Tempo“, il ciclo itinerante di incontri con i più grandi filosofi e pensatori contemporanei, tutti dedicati alla riflessione sull’oggi, per offrire “una maggiore consapevolezza del tempo che abitiamo”

abitatori2013103

Intitolata quest’anno al tema “Apparenza e Realtà” la rassegna

si aprirà venerdì 8 febbraio 2013 al teatro Manzoni di Monza – ore 21, ingresso gratuito –

con l’ intervento del prof. Emanuele Severino dal titolo “L’isolamento della terra” 

da   Monza e Brianza


  • Audio della presentazione:
  • Audio della Lezione magistrale di Emanuele Severino:
  • Audio della risposta su Parmenide

Lezione magistrale, prima ora:

gli ultimi 20 minuti della lezione:


Associo ai contenuti della lezione questa pagina tratta da Emanuele Severino, LA MORTE E LA TERRA, Adelphi, 2011, pag. 188- 189

mortee terra104 mortee terra105

Un ricordo della serata in fotografia:

il professor Fabio Botto, l’amico dottore in scienze pedagogiche Maurizio Fratea e il professor Emanuele Severino

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caro maurizio
anche per me ieri sera è stato un grande piacere incontrarti
questa fotografia è BELLISSIMA !!!mi spiace di essere andato via alle 11 e 10, ma avevo un treno alle 11 e 25. comunque è stato un ritorno pieno di pensieri legati alla lezione (realtà , apparenza, terra, verità, uomo, pensiero arcaico, miti, presente,  passato, scienza ….)
ho perso l’occasione di essere immortalato in una fotografia con emanuele severino!
tuttavia questa vostra fotografia “fa memoria” ancora di più. ci sei tu, con il tuo coraggio e la tua forza di “essente”, c’è il tuo amico che fa con tanta passione il suo lavoro culturale  e c’è questo straordinario interprete filosofico della nostra appartenenza alla “terra isolata dal destino”.
oggi metto sul mio blog filosofico video e audio della lezione di ieri sera e ti darò qualche suggerimento su come accostare la architettura del pensiero severiniano
mi autorizzi a pubblicare anche questa “eterna” fotografia?
un caro saluto
e a rileggerci

Paolo


PROGRAMMA degli incontri

EMANUELE SEVERINO – L’ISOLAMENTO DELLA TERRA

Venerdì 8 febbraio 2013
Monza – Teatro Manzoni
Via Manzoni, 23

Filosofo tra i più noti in Italia, intellettuale pubblico, a partire dai saggi giovanili è venuto articolando un organico sistema filosofico che muovendo dalla riflessione su temi come l’essere, il divenire e il nulla, fornisce un’analisi di fenomeni quali la natura della tecnica, il nichilismo, la fede religiosa.

MICHELE LENOCI – REALTÀ, APPARIRE, APPARENZA, PARVENZA: IL MONDO È FORSE UN SOGNO COERENTE?

Giovedì 14 febbraio 2013
Cesano Maderno – Teatro Excelsior
Via San Carlo, 20

Professore ordinario di Storia della filosofia presso la Facoltà di Scienze della formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove insegna Ontologia e metafisica e Storia della filosofia contemporanea. Sue pubblicazioni più recenti: “Le filosofie cristiane”, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani 2012, “Il materiale e il formale nell’etica: Scheler vs. Kant”, Guida 2011, “Si può amare la verità?”, Mimesis 2011.

MASSIMO CACCIARI – LA REALTÀ E I NOMI DEI MORTALI

Lunedì 25 febbraio 2013
Monza – Teatro Manzoni
Via Manzoni, 23

Filosofo, uomo politico, intellettuale pubblico, ha sviluppato, a partire da figure di riferimento quali Nietzsche e Heidegger, un percorso filosofico che ha tra i suoi motivi principali i temi del pensiero negativo e del tragico.

GIULIO GIORELLO – FILOSOFI E FANTASMI

Lunedì 4 marzo 2013
Lissone – Palazzo Terragni
Piazza Libertà

Filosofo, matematico, intellettuale pubblico, la sua riflessione ha al suo centro l&rsquointreccio tra impresa scientifica e pensiero libertario.

FRANCESCO BOTTURI – FILOSOFIA DELL’AMORE APPARENTE

Venerdì 8 marzo 2013
Giussano – Sala Consiliare
Piazzale Aldo Moro, 1

Professore ordinario di Filosofia morale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove insegna Etica e Filosofia morale. Sue pubblicazioni più recenti: “Experience: Reason and Faith”, Peter Lang 2012, “Affettività e generatività”, il Mulino 2011, “La generazione del bene. Gratuità ed esperienza morale”, Vita e Pensiero 2009.

CLOTILDE CALABI – CHE COSA È UN’ILLUSIONE PERCETTIVA?

Venerdì 15 marzo 2013
Vimercate – Centro Omnicomprensivo
Via Adda, 6

Professore associato di Filosofia e teoria dei linguaggi presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell&rsquoUniversità degli Studi di Milano, dove insegna Teorie del linguaggio e della mente. Suoi campi di ricerca: filosofia della percezione, teorie dell’intenzionalità, filosofia dell’azione. E’ autrice di numerosi articoli su riviste internazionali; tra le sue pubblicazioni: con A. Voltolini, “I problemi dell’intenzionalità”, Einaudi 2009 e “Filosofia della percezione”, Laterza 2009.

ELIO FRANZINI – ARTE TRA APPARENZA E REALTÀ?

Venerdì 5 aprile 2013
Arcore – Teatro Nuovo
Via S. Gregorio, 25

Studioso di estetica, ha condotto le sue ricerche ispirandosi alla tradizione della fenomenologia e concentrando la sua attenzione soprattutto sul ruolo dell’immaginazione e del sentimento nell’esperienza dell’arte.

ANDREA MORO – L’EFFETTO “BABELE”. CERVELLI E GRAMMATICHE

Venerdì 12 aprile 2013
Villasanta – Teatro Astrolabio
Via Mameli, 8

Professore ordinario di Linguistica generale presso la Scuola Superiore Universitaria ad Ordinamento Speciale IUSS di Pavia dove dirige il NeTS, centro di ricerca per la Neurosintassi e la linguistica teorica e il dottorato in Neuroscienze cognitive e filosofia della mente. Oltre a molti importanti studi internazionali, è autore di: “Parlo dunque sono”, Adelphi 2012, “Breve storia del verbo essere”, Adelphi 2010, “I confini di Babele”, Longanesi 2006.

ROBERTO MORDACCI – LA LIBERTÀ NON APPARE

Lunedì 15 aprile 2013
Desio – Auditorium Liceo Scientifico E. Majorana
Via Agnesi, 20

Filosofo morale, si è occupato di questioni di bioetica e dei fondamenti della filosofia pratica, in particolare attraverso i due temi delle ragioni morali e dell&rsquoidentità personale.


Conduce gli incontri
FABIO BOTTO
Insegna scienze umane al Liceo “Legnani” di Saronno. È dottorando in Scienze dell’Educazione presso l’Università di Milano-Bicocca. Si occupa del rapporto tra nichilismo e rimozione del pensiero simbolico. Tra le sue pubblicazioni: Da Yahwèh ai Fantastici Quattro, Atì, 2008; Madre della filosofia, vol. I, Nichilismo e immaginazione, Mimesis, 2005.

 

I viventi e l’ambiente. Ossia gli essenti sulla Terra isolata da Destino

Ogni uomo è l’apparire eterno degli eterni. Un cerchio in cui è destinato a sopraggiungere quell’eterno che è la Terra, Emanuele Severino

Ascolta l’audio: http://www.divshare.com/download/13657984-da1

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da Siamo re che si credono mendicanti, in Che cosa vuol dire morire, a cura di Daniela Monti, Einaudi, 2010, p. 139

Elémire ZOLLA, Che cos’è la Tradizione? – Storia della Filosofia l AM

vai a Che cos’è la Tradizione? – Storia della Filosofia l AM.

Emanuele Severino, intervista a Lettera 43. Nessuno dà la giusta attenzione a ciò che sta succedendo veramente: La distruzione non solo del capitalismo, ma di tutte le ideologie del nostro tempo

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Da tempo si dà per scontato, ormai anche a sinistra, che l’unico tipo di organizzazione sociale sia quella capitalista.
D. Marx si starà rivoltando nella tomba…
R.
 Oggi la sinistra italiana si vanta di ispirarsi al modello democratico americano. Nessuno dà la giusta attenzione a ciò che sta succedendo veramente.
D. Cioè?
R.
 La distruzione non solo del capitalismo, ma di tutte le ideologie del nostro tempo.
D. Perché stanno scomparendo?
R.
 Ognuna di queste forze vuole escludere le altre. E questo le rende meno potenti rispetto alla tecnica, che invece  cerca di incrementare all’infinito la capacità di realizzare i suoi obiettivi, aumentando così la potenza a disposizione dell’uomo.
D. Quindi la fine del capitalismo non sarà la fine del mondo?
R.
 Che il capitalismo vada in malora non è un esito negativo, perché questo mette a disposizione dell’uomo quelle potenzialità che nella civiltà occidentale il dominio delle ideologie ha tenuto a freno.
D. Può spiegarlo meglio?

R. La tecnica vuole essere aumento della potenza e mira quindi alla eliminazione della scarsità. Scopo questo del capitalismo, che vuole perpetrare la carenza delle merci. Il capitalismo quindi si serve di un servitore, la tecnica, che lavora contro gli interessi del padrone.

tutta l’intervista qui   Severino: capitalismo senza futuro – ECONOMIA.

Emanuele Severino, Perché il divenire è un eterno errore – Corriere.it 18 dicembre 2012

 Chiedo a de Giovanni di indicarmi, per uscire dalla supposta monocromia, da un lato un solo punto, nella storia dell’uomo, dove non si creda nell’esistenza della trasformazione delle cose – almeno di quelle mondane, e dall’altro lato un solo errore che non presupponga questa fede. Poi, se vorrà, potremo discutere il punto decisivo, ossia i motivi per i quali affermo che tale fede, nonostante la sua apparente plausibilità ed «evidenza» è l’Errore più profondo a cui l’uomo è stato destinato (ma dal quale l’Inconscio più profondo dell’uomo è già da sempre libero).

tutto l’articolo qui   Perché il divenire è un eterno errore – Corriere.it.

TECNICA, MORTE, GIOIA, Alessandro Aleotti intervista Emanuele Severino, a cura del sito di Milania

a partire dal libro:

Emanuele Severino, LA MORTE E LA TERRA, Adelphi, 2011, p. 560

vai al sito di Milania

Emanuele Severino, la scienza e il rimedio secondo Prismi – Pensieri filosofici

 

secondo Severino, tutti i rimedi tentati fin qui, incluso quello tecnologico, sono ugualmente fallimentari. Diversamente, però, dai suoi precursori, che imputavano l’inefficacia del rimedio alla sua incapacità di reggere l’urto con il “reale”, per Severino è proprio la fede in questo reale a costituire il presupposto indiscusso della filosofia e la sentina di tutti i mali del genere umano. Qual è, infatti, si domanda Severino, la sotterranea persuasione che, affermatasi con la filosofia greca, ha permeato le strutture profonde della psiche occidentale (e ormai del globo intero), se non la persuasione che reale sia unicamente il divenire, e dunque l’annichilamento, mentre illusori sono tutti i rimedi o gli espedienti per sfuggirgli, come appunto la filosofia e la religione? Il nichilismo, insomma, è il destino dell’Occidente. E anche se oggi le previsioni riguardo alla scienza sono più ottimistiche, Severino non dubita che quest’ennesima illusione sia destinata a cadere. La scienza, infatti, appare come il rimedio più efficace perché è realmente capace di governare il divenire, cioè il passaggio dall’essere al nulla e viceversa (un solo esempio: l’ingegneria genetica). Ma non si sfugge alla trappola nichilista se la cura è identica al male. E il male, nell’ottica di Severino, è appunto la fede nel divenire che la follia dell’Occidente, contraddicendosi, ha prima teorizzato e poi negato (senza successo); fede nella quale anche la scienza è fatalmente irretita.

tutto il post è qui   Il Senso, Severino e Münchhausen « Prismi – Pensieri filosofici.

Emanuele Severino, È il crepuscolo delle tradizioni – Corriere.it 15 novembre 2012

vai a   È il crepuscolo delle tradizioni – Corriere.it

Emanuele Severino, È il crepuscolo delle tradizioni. Pdf

Emanuele Severino, “Scienza e società. Aspetti etici, politici e cognitivi”, 30 settembre 2006

Emanuele Severino – Il destino della tecnica

Emanuele Severino – Il destino della tecnica.

Emanuele Severino parla di EDUCARE AL PENSIERO, a cura di Sara Bignotti, Editrice La Scuola, 2012, intervista di Maria Giovanna Farina

Maria Giovanna Farina scrive su http://www.laccentodisocrate.it/

Qui la scheda del libro edito dalla editrice La Scuola e curato da Sara Bignotti: http://www.lascuola.it/index.php?i_tree_id=26&plugin=news&i_category_id=5&i_news_id=363

 

Emanuele Severino, SUL SACRO. Audio in occasione del Premio Alessandro Manzoni, Lecco (provincia di Como), 26 ottobre 2012

Emanuele Severino sul SACRO: 

  • per ascoltare l’Audio clicca su: 

Emanuele Severino, SUL SACRO, Lecco 26 ottobre 2012

Qui, in formato dbf, la bella

DISPENSA della giornalista/filosofa  Vera Fisogni  

connessa all’articolo “Severino e Manzoni: dialogo a distanza alLa ricerca del  Sacro”, pubblicato sulla Provincia di Como e di Lecco del 26 ottobre 2012, pagg 42-43

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Questo ricordo è associato al  mio Diario dell’intero pomeriggio:

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Manzoni, il Sacro, l’eternità Le riflessioni del filosofo EMANUELE SEVERINO raccolte da Vera Fisogni, in La Provincia di Como e di Lecco, in occasione del Premio Internazionale Alessandro Manzoni di Lecco (26 ottobre 2012) (Testo registrato e trascritto a Brescia, l’11 ottobre 2012)

vai a: Manzoni, il Sacro, l’eternità Le riflessioni del filosofo EMANUELE SEVERINO, nella trascrizione del dialogo con La Provincia, in occasione del Premio Internazionale Alessandro Manzoni di Lecco (26 ottobre 2012) (Testo registrato e trascritto a Brescia, l’11 ottobre 2012)

EMANUELE SEVERINO, SCIENZA E TECNICA TRA VOLONTÀ DI POTENZA E ASCOLTO DEL. ‘SOTTOSUOLO, Science & Democracy, 2012

Emanuele Severino, “il RICORDARE è importante … “

Occorre cliccare sul triangolo bianco per vedere e sentire

In questo frammento Emanuele Severino parla della sua autobiografia IL MIO RICORDO DEGLI ETERNI, Rizzoli, 2011

… “soltanto se qualcosa è eterno può essere ricordato” …


Qui una mia presentazione del libro Il mio ricordo degli eterni:

CONVERSARE SULLA CENTRALITA’ DELLA FILOSOFIA PER IL NOSTRO TEMPO ATTRAVERSO LA VOCE DI EMANUELE SEVERINO. Incontro con Paolo Ferrario, Como, 15 maggio 2012, ore 21. Audio ascoltati e Grafici:

CONVERSARE SULLA CENTRALITA’ DELLA FILOSOFIA PER IL NOSTRO TEMPO ATTRAVERSO LA VOCE DI EMANUELE SEVERINO. Incontro con Paolo Ferrario, Como, 15 maggio 2012, ore 21. Audio ascoltati e Grafici

Le cose perse e salvate di Emanuele Severino. | da Ritiri Filosofici

Magistrale, di nome e di fatto, come sempre.

La lezione di Emanuele Severino, nella Piazza Grande di Modena, non ha deluso le nostre attese. Una delegazione  corposa di RF ha attraversato l’Italia per assistervi, sabato scorso, all’interno del Festivalfilosofia, quest’anno dedicato al tema delle cose. Il filosofo bresciano, autentico punto di riferimento per gran parte di noi, ha confessato di aver lavorato intorno a questo concetto, a volte anche ossessivamente, per lunghissimi anni, di fatto regalandoci in poco più di un’ora il distillato di quel sedimentato sapere.

Seguendo il suo ormai proverbiale metodo filo-genealogico Severino ha pazientemente ripercorso il legame primordiale che, in Occidente, associa il significato di cosa, nelle sue varianti greco-antiche di pragma come in quelle tardo e neolatine di res e di was, allostrappamento dal Sacro originario che questa idea-parola, da sempre, ha rappresentato.

vai a tutto lo splendido articolo di presentazione e ricordo della straordinaria lezione di emanuele severimo qui:Le cose perse e salvate di Emanuele Severino. | Ritiri Filosofici

Emanuele Severino e Paolo Prodi, La secolarizzazione italiana, Perugia, 24/11/2005

XI edizione di Umbrialibri “Pensieri sull’Italia” anno 2005.
La secolarizzazione italiana, Perugia, 24/11/2005, dibattito tra Emanuele Severino e Paolo Prodi.
Moderatore: Roberto Gatti.
Fonte audio: Radio Radicale.

Emanuele Severino: «Il senso originario della cosa è la resistenza che si oppone alla volontà insita nell’uomo di trasformare il mondo per ottenere qualcosa: la cosa è una resistenza che va progressivamente cedendo», al Festival della filosofia di Modena, 2012

 

di Laura Solieri

Secondo il pensiero del professore Emanuele Severino, che ieri a Modena ha tenuto la lezione magistrale “Cose prime” in una piazza Grande gremita, la crisi economica attuale la si può comprendere in due modi: restando all’interno della dimensione capitalistica dell’economia mondiale o capendo che è necessario il tramonto di questa dimensione, non separando il capitalismo dalle altre grandi forze della tradizione occidentale (comunismo, cristianesimo, democrazia, varie forme di umanesimo, politica) che oggi stanno tramontando. «Seguendo questa destinazione ci imbattiamo nel senso della “cosa” che ha un carattere architettonico e archetipico nel senso che ci sono dei significati che dominano tutti gli altri e noi agiamo in relazione a un certo modo in cui il mondo ci sta dinnanzi come significante – ha spiegato il professore – I significati guidano gruppi di azioni e la prima conseguenza di ciò è che il significato “cosa” con cui indichiamo tutti gli eventi che ci circondano, è in grado di guidare uno sterminato gruppo di azioni». Severino ha ricordato come molte parole indoeuropee definiscono la “cosa” in diversi modi che alludono al significato di “sostanza”, che a sua volta richiama quelle situazioni in cui le comunità arcaiche si riunivano per decidere la distribuzione degli averi. La discussione che da ciò si generava era il frutto di una conflittualità indicata dall’uso tranquillo della parola “cosa” intesa come sostanza di cui impossessarsi. «Il senso originario della cosa – ha detto Severino – è la resistenza che si oppone alla volontà insita nell’uomo di trasformare il mondo per ottenere qualcosa: la cosa è una resistenza che va progressivamente cedendo». Il processo che porta a questo progressivo cedere ha degli aspetti che l’uomo conosce bene: l’uccidere, il mangiare, l’accoppiamento; tutti atti tramite i quali ci impadroniamo di altro da noi stessi: uccidiamo per impadronirci dell’ucciso, l’unione sessuale è un’uccisione della separazione originaria degli amanti. «Questi fenomeni alludono al fatto che il senso della “cosa” vista in relazione alla volontà significa diventare altro, trasformarsi e questo implica lo strapparsi qualcosa di sé – ha chiarito Severino – dallo smembramento di sé si produce il diventar altro e non è affatto indolore questo venire a coincidere con l’altro, fenomeno che l’uomo non sperimenta mai, perché è qualcosa che non è empiricamente verificabile. Questa visione suggerisce quindi un nuovo significato di “cosa”, da intendere come non errore, non violenza, andando a meritare il nome di gioia».

tratto da Severino «La cosa si oppone a noi facendo resistenza» – Cronaca – Gazzetta di Modena.

Emanuele Severino, LA PAROLA “COSA” (poi intitolato: le”Cose” e la tecnica), Festival Filosofia 2012, Modena 15 settembre – lezioni magistrali

lezioni magistrali

Le “cose” e la tecnica

Piazza Grande

da  Festival Filosofia – lezioni magistrali

 

Registrazioni Audio della lezione e delle domande/risposte:

 

La Lezione è riportata anche in questo video Youtube:

 

«La parola cosa ha un carattere architettonico ed archetipico: ci sono dei significati che dominano tutti gli altri. Noi agiamo in relazione ad un certo modo in cui il mondo ci sta dinanzi come significante – e, in particolare, nel modo in cui ci sta dinanzi quella cosa lì che è l’ombrellone con il quale ci difendiamo dal sole. Certi movimenti che potremmo fare per difenderci dal sole sono determinati dal significato “ombrellone”
Il significato guida, cioè, un insieme di azioni. L’antica saggezza diceva “nulla è voluto che non sia precedentemente conosciuto”. Mi rapporto a questo tavolo solo in quanto sta dinanzi come tavolo ed in relazione ad esso faccio delle operazioni che non farei rispetto alla bottiglietta d’acqua, che sta qui, alla mia sinistra.

I significati guidano gruppi di azioni.
Una prima conseguenza non banale è che il significato “cosa”, che noi diciamo di tutti gli eventi che ci stanno attorno ai quali possiamo riferirci, è in grado di guidare uno sterminato gruppo di azioni – appunto perché qualsiasi evento a cui un popolo si riferisce è una “cosa”, e dunque a seconda del modo in cui si concepisce l’esser cosa agiamo conseguentemente.
Le parole che indicano ciò noi indichiamo con la parola “cosa” nei linguaggi mondiali sono svariatissime. […] Molte le parole che indicano la cosa; diverse, con diversità anche rilevanti, ma con un fondo comune: mi riferisco innanzitutto alle parole indoeuropee. L’indoeuropeo è la lingua che accomuna il sanscrito, l’indiano moderno, il greco antico, il tedesco, l’inglese, lo slavo… Però, se fermiamo l’attenzione sulle parole greche, abbiamo il vantaggio di esplorare qualcosa di quel territorio, che poi è diventato in qualche modo la matrice dell’intera non dico semplicemente cultura, ma dell’intera civiltà occidentale.

Il greco, per indicare la cosa, dice “pragma”, dice “crema”, dice anche “on”. Pragma è la cosa concepita come il fatto, ciò che è fatto. Ma insieme indica la ricchezza, la sostanza. Anche la parola Crema, in greco, indica la sostanza. È curioso che anche il latino, che per dire cosa dice “res”, si rifaccia a quel “raia” del sanscrito che significa, appunto, ricchezza. E c’è un uso della parola “on” che indica, daccapo, la ricchezza – anche se l’uso prevalente nel greco antico della parola “on” è diverso: Omero parla degli oi ontes, ed oi ontes vuol dire “i viventi”. Oi uk ontes vuol dire “i non viventi”. E però già qui dobbiamo non accostarci alle antiche parole sulla base del senso che ha per noi la realtà: per le popolazioni arcaiche, e anche per questo greco antichissimo, i viventi non soltanto quelli che noi chiamiamo “i viventi”: i viventi sono anche i minerali. I minerali, nel seno della terra, crescono e maturano così come crescono i vegetali sulla superficie della terra. Quando i greci dicono oi ontes, indicano anche l’intero mondo minerale. E viventi sono persino i morti: l’abbondanza di depositi di ossa umane dell’uomo arcaico attesta questa convinzione – che, come i vegetali sono nutriti dalla terra e fioriscono, così ciò che rimane del cadavere, le ossa, è una sorta di pianta che attende di rigermogliare con la carne che si riforma attorno alle ossa del cosiddetto “morto”.
Lo scopo di questi cenni linguistici […] è rilevare che le parole che indicano le cose alludono alle sostanza, alla roba; il fatto che la parola cosa, indicando le sostanze, gli averi, indicano la situazione dove le comunità arcaiche si riunivano per discutere la distribuzione degli averi (assemblee degli antichi popoli germanici, i tribunali latini). Si discute su come le sostanze debbano essere distribuite tra i partecipanti. Ma discussione significa conflittualità, tensione. Ebbene: questa conflittualità, indicata dall’uso tranquillo della parola “cosa”, che si istituisce rispetto al senso di fondo per cui la “cosa” è “le sostanze”, questo significato allude a qualcosa di ben più originario e fondamentale. […]
Il senso pacifico, tranquillo della cosa, come tensione per la distribuzione delle sostanze, si riferisce ad un conflitto ben più originario e radicale (ad un polemos, la guerra originaria e radicale).

Abbiamo a disposizione una moltitudine di miti che raccontano questo: che il mondo nasce in seguito a uno smembramento del Dio. C’è mondo perché c’è un dio smembrato. Questo è prezioso per cercare di saggiare il senso originario dell’esser cosa. C’è un dio smembrato. ([Atea, miti del Pacifico], Osiride, Dioniso, Krono, il Cristo). […] Possiamo riflettere su ciò che significa la parola “Volontà”. Tutto quanto detto fino ad ora allude ad una volontà di impossessarsi dei beni: solo perché c’è questa volontà c’è tensione e conflittualità. Noi, come individui, iniziamo a vivere quando iniziamo a spingere indietro, a far recedere il muro che inizialmente ci si presenta da quando riusciamo a percepire qualcosa: dobbiamo riuscire a succhiare il latte materno; dobbiamo riuscire a sfondare la barriera che separa il neonato dal seno materno. Se andiamo alla dimensione filogenetica (quello che capita ai popoli): la volontà riesce a vivere solo se trasforma il mondo. Se il mondo è una parete che schiaccia la volontà fino a non lasciarle spazio, l’uomo non può né volere qualcosa, né respirare, né vivere: è necessario un agio, uno spazio, perché la volontà riesca ad ottenere.

La volontà vive solo in quanto ottiene; ma ottiene solo in quanto non ottiene immediatamente ciò che vuole. Nemmeno noi, quando incominciamo a volere, otteniamo tutto ciò che vogliamo: vogliamo “un po’ alla volta”. Il senso originario della cosa è la resistenza che ciò che ho chiamato barriera oppone alla volontà. La cosa è il resistente. Anche il tedesco dice Wiederstand (che riesce a stare). C’è cosa solo in quanto c’è resistenza. Ma è una resistenza che la volontà deve infrangere o spezzare, è una resistenza che va progressivamente cedendo, una resistenza progressivamente vinta. La resistenza originaria, nella misura in cui si presenta come inflessibile, risponde a quella designazione di quel personaggio, Rudolf Otto, per il quale il sacro è innanzitutto il “Tremendum”: e, in effetti, la barriera contro cui la volontà sbatte la testa è il “tremendum” – che però è visto innanzitutto come l’assoluta potenza, e la parola “sacro”, come la parola “dio”, allude innanzitutto all’assoluta potenza con la quale la volontà dell’uomo deve fare i conti. Ma, proprio perché l’uomo riesce a vivere e la volontà riesce a respirare; proprio perché l’uomo riesce a vivere solo in quanto infrange la barriera; è proprio per questo, in ciò che innanzitutto si presenta come inflessibile, c’è il segreto della vita: il materiale della vita è ottenuto dalla frantumazione della barriera. Il materiale della vita, in relazione alla barriera frantumantesi, è dunque “Fascinans”. È da questo immutabile e inflessibile che si ottengono le parti del mondo che riescono a fare vivere l’uomo. Insistendo ancora sul concetto di volontà: dovrebbe diventare chiaro che noi riusciamo a volere solo se stiamo dinanzi a parti frantumate e spezzate del mondo: perché posso afferrare la bottiglietta d’acqua, perché posso decidere questo? Solo se la ritengo staccata, non necessariamente legata al resto. Decido di agire solo se ciò verso cui rivolgo il mio agire lo considero come isolato, staccato, membro di uno smembramento, rispetto al solido globale – che inizialmente mi si presentava quando ancora non pensavo di servirmi del mondo.
Questo ci ha portato a dire che dunque la cosa è la resistenza che progressivamente cede, e la resistenza è il sacro che, cedendo, lascia essere il mondo e che quindi è “fascinans”. Terribile e affascinante».

 

(trascrizione della prima mezz’ora a cura di Simone Picenni, che ringrazio)

Emanuele Severino, L’UOMO NELL’ETA’ DELLA TECNICA, lezioni alla Università Bocconi, 2010

Emanuele Severino su: ESSENTI e ESSERE, il tragitto del LINGUAGGIO, strati dell’ESSERE ETERNO, CERCHIO e cerchi dell’APPARIRE, MITO E FILOSOFIA, VOLONTA’ e FEDE, VERITA’ e ABITATORI DEL TEMPO, intervista a cura di Alessandro Aleotti

Emanuele Severino e Massimo Cacciari interrogheranno la questione della COSA

Emanuele SeverinoMassimo Cacciari interrogheranno la questione della cosa alle sue estremità, occupandosi rispettivamente delle “cose prime” (in cui si manifesta il carattere immutabile dell’Essere) e delle “cose ultime” (dove emerge l’eccedenza di significato delle cose rispetto alle loro definizioni). 

al FestivalFilosofia di Modena, Carpi, Sassuolo.

Pomeriggio del 15 settembre 2012

Modena

15.00 – 18.00

Umberto Piersanti
Dal tempo perduto

Con omaggio in jazz di Giorgia Hannoush

Conduce: Carlo Alberto Sitta

Laboratorio di poesia – Via Fosse, 14

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16.00 – 18.00

Dalle cose allo spunk

Laboratorio per bambini e adulti

Curatrice: Elena Bergonzini
Produzione: Museo della Figurina

Palazzo Santa Margherita – Museo della Figurina

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17.30 – 18.30

La seconda vita della carta

Carta riciclata e carta marmorizzata
Laboratorio per ragazzi dai 7 anni

A cura di: Orto Botanico dell’Università di Modena e Reggio Emilia

Orto Botanico

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Carpi

18.00

Biografie di oggetti

A cura di: Sara Gozzi
In collaborazione con: Teatro Comunale di Carpi

Palazzo dei Pio – Sala Cervi

aggiungi al tuo programma

19.00

Biografie di oggetti

A cura di: Sara Gozzi
In collaborazione con: Teatro Comunale di Carpi

Palazzo dei Pio, Sala Cervi

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Sassuolo

15.30 – 19.00

Oggetti in transito

Laboratorio per bambini da tre mesi a 14 anni

A cura di: Servizi educativi per l’infanzia,Centro per le Famiglie e Centro di Educazione Ambientale San Cristoforo

Piazzale della Rosa

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15.30 – 19.00

Social Silicon

Laboratorio di recupero schede dei pc

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18.30

Antonio Panzuto
Il frigorifero lirico

Musiche di: Wagner, Bizet, Rossini

Spettacolo per bambini dai 6 ai 12 anni

Auditorium Pierangelo Bertoli

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Emanuele Severino

Emanuele Severino già professore di Filosofia teoretica all’Università di Venezia, insegna Ontologia fondamentale presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Ha offerto un’interpretazione della filosofia che sottolinea lo scacco del pensiero metafisico da Platone a Nietzsche e Heidegger. Per superare le aporie nichilistiche della tradizione metafisica evidenti anche nel discorso moderno della tecnica, ha promosso un ritorno a una filosofia dell’Essere che escluda rigorosamente il non-essere e il divenire. Fra le sue opere recenti:Nascere e altri problemi della coscienza religiosa (Milano 2005); Fondamento della contraddizione (Milano 2005); La filosofia futura. Oltre il dominio del divenire (Milano 2006); La tendenza fondamentale del nostro tempo (Milano 2008); Immortalità e destino (Milano 2008); La buona fede. Sui fondamenti della morale (Milano 2008); L’identità del destino. Lezioni veneziane (Milano 2009); Il destino della tecnica(Milano 2009); Democrazia, tecnica, capitalismo (Brescia 2009).foto Baracchi, Campanini

Emanuele Severino: Mito e filosofia

da Severino Mito e filosofia – YouTube.

EMANUELE SEVERINO, sul “Volere qualcosa” e il diventare Altro (a vuole b) – a cura di Diotima

Emanuele Severino, Il concetto di eterno – a cura di Diotima

da Emanuele Severino Il concetto di eterno – YouTube.

Eternità, immutabilità, da Filosofare: la struttura concreta dell’infinito, di Marco Pellegrino

Eternità, immutabilità
L’eternità (immutabilità; I.S.¹) è l’essente stesso, che si illumina nella sua compiutezza concreta. Che qualcosa sia eterno non significa che esso non si muova, bensì vuol dire che tutto l’essente si muove in eterno, ossia contrapponendosi al nulla, cioè non emergendo e non rientrando nel nulla. (V. Infinito; Necessità. Cfr. parte prima, cap. 1°, par. 3; Appendice terza; parte seconda, cap. 1°, par. 3; S.C.d.I., Indicazioni preliminari…; cap. II, parr. 9-16; cap. VII, parr. 6, 8).

 

da Filosofare: la struttura concreta dell’infinito.

Emanuele Severino, IL PROGRESSO E LA TECNICA, incontro con Paolo Corsini e Riccardo Terzi organizzato dalla Cgil SPI Nazionale e Cgil SPI di Brescia, 18 GIUGNO 2012, Camera di Commercio, “Il Ridotto” Via Einaudi, 23 – Brescia. Audio delle relazioni

Spi Cgil Nazionale e Spi Cgil Brescia promuovono:

incontro con il prof.

Emanuele Severino

IL PROGRESSO E LA TECNICA

18 GIUGNO 2012

Camera di Commercio, “Il Ridotto”

Via Einaudi, 23 – Brescia


Ne discutono:

Riccardo Terzi, Segretario nazionale SPI CGIL

Prof. Paolo Corsini, storico


Presiede Ernesto Cadenelli, Segretario generale Spi Cgil Brescia 

da SPI CGIL BRESCIA

REGISTRAZIONI AUDIO:

Emanuele Severino su IL DIRITTO NATURALE E LA SFIDA DELLA DEMOCRAZIA PLURALISTICA al Convegno IL DIRITTO NELL’ETA’ DELLA TECNICA, sessione del 17 maggio 2012

EMANUELE SEVERINO, «L’UMANITÀ DELLA TECNICA È LA MORTE DELL’UOMO» Al «Teatro Carani» di Sassuolo, 2006, a cura di Gianfranco Cordì – Filosofia.it

EMANUELE SEVERINO

«L’UMANITÀ DELLA TECNICA È LA MORTE DELL’UOMO»

a cura di Gianfranco Cordì

Al «Teatro Carani» di Sassuolo si tiene l’ultima Lezione Magistrale di questa sesta edizione del «Festivalfilosofia» di Modena prevista originariamente in Piazza. La lezione è stata spostata nella sala del teatro «Carani» a causa della pioggia caduta su Sassuolo fin dalla mattina.

Il titolo della Lezione è «L’essenza della tecnica» e a parlare è Emanuele Severino.

Per l’intero articolo vai a:  L’umanità della tecnica è la morte dell’uomo – Filosofia.it.

Emanuele Severino: “il tempo che stiamo vivendo, non è un tempo fatto di semplice scetticismo. Esso è fondazione dell’impossibilità di un Ordinamento Assoluto quale è appunto quello proposto dal passato” – a cura di Gianfranco Cordì, in Filosofia.it

Quando si parla di ateismo ci sono parecchi atteggiamenti ateisti che bisogna considerare. Dall’ateismo “di strada” su su salendo fino a forme sempre più rigorose di ateismo. Oggi, i popoli Occidentali prevalentemente, si stanno allontanando da Dio. E in maniera anche massiccia. Ma questo atteggiamento – facciamo attenzione – può essere altrettanto dogmatico dell’atteggiamento opposto: di tutti coloro che vogliono rimanere fedeli a Dio. Esiste una piramide. Dall’ateismo di strada a salire passando per atteggiamenti e modi di comportamento nei quali viene manifestata una crescente forza di negazione della tradizione, del passato. Ed è certamente diversa la negazione di strada del divino dalla negazioneincontrovertibile del divino. Il vertice della piramide per me è costituito dallafilosofia degli ultimi due secoli. Sicché l’autentico nemico dell’Islam non è l’Occidente ma è appunto l’ateismo stesso. E non l’ateismo nella sua forma diffusa (attraverso i vari strati della piramide). Ma quell’atteggiamento che mostra (in sé stesso) l’impossibilità di qualsiasi adesione al passato.

Il nostro tempo, il tempo che stiamo vivendo, non è un tempo fatto di semplice scetticismo. Esso è fondazione dell’impossibilità di un Ordinamento Assoluto quale è appunto quello proposto dal passato. 

da L’umanità della tecnica è la morte dell’uomo – Filosofia.it.

E’ inevitabile che, da che nasce, l’uomo avverta come prioritario l’andare alla ricerca di un Rimedio, di un Riparo che gli consenta di sopportare o addirittura di vincere l’angoscia, la sofferenza, la morte, Emanuele Severino

Il diventar altro è la morte di ciò che si è. Tale convinzione è la negazione, per lo più inconsapevole, del destino. Ed è la radice dell’angoscia e della sofferenza umana.

Propriamente, l’uomo è questa radice, (Ma noi siamo infinitamente di più dell’uomo)

E’ quindi inevitabile che, da che nasce, l’uomo avverta come prioritario l’andare alla ricerca di un Rimedio, di un Riparo che gli consenta di sopportare o addirittura di vincere l’angoscia, la sofferenza, la morte. Nascere è avvertirle da subito, sia pur confusamente.

Lo scopo essenziale, fondamentale di ogni forma di civiltà e di cultura è il continuo potenziamento del Riparo.

Ogni gesto, azione, pensiero, affetto della vita quotidiana è sin dalla nascita un’espressione della volontà di essere al Riparo, cioè della volontà di potenza e di salvezza.

Anche un bambino che un pomeriggio dalla luce grigio-previnca che precede il temporale sta sotto al tavolo grande della cucina ad aspettare un estraneo si sta mettendo a quel Riparo.

Emanuele Severino, IL MIO RICORDO DEGLI ETERNI, autobiografia, Rizzoli, 2011, pag.49/50

GLI ABITATORI DEL TEMPO, lezione del filosofo Emanuele Severino, al Teatro Sociale di Bergamo Alta, incontro organizzato e curato dalla associazione Noesis, 3 aprile 2012. AUDIO DELLA LEZIONE MAGISTRALE

martedì sera, 3 aprile 2012,  ho avuto il grande privilegio di essere a Bergamo, ad ascoltare la sapienza filosofica che si esprime attraverso EMANUELE SEVERINO.

Ci sono filosofi che rendono chiaro il sentiero della storia che abbiamo imparato a conoscere nella nostra evoluzione culturale e personale.

Emanuele Severino fa un’altra cosa: spalanca la vista su una strada completamente nuova e diversa

Paolo Ferrario

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3 aprile 2012, ore 20.00, al Teatro Sociale, Città Alta

Emanuele Severino

GLI ABITATORI DEL TEMPO

Le nostre vite sono le più lunghe della storia dell’umanità e, tuttavia, nella nostra società il tempo non basta mai. Il filosofo Emanuele Severino ci porta in un viaggio non nel tempo, ma nel valore del tempo per gli uomini.

In collaborazione con il XIX Corso di Filosofia, promosso dall’Associazione Culturale Noesis.

VERBA MANENT vuole essere un appuntamento fisso di alto livello culturale che non disdegna, nel suo intento di divulgazione la partecipazione di personaggi noti anche ad un pubblico più popolare. Il programma è suddiviso in slots e verrà aggiornato durante il corso dell’anno

  • Audio della lezione magistrale di Emanuele Severino:

PS l’audio è disturbato: ho dovuto tenerlo in una tasca e non avevo una buona posizione nel teatro.
Quella che segue è una prima bozza della schedatura ricavata dalla trascrizione della lezione.

il tema è: ABITATORI DEL TEMPO

sembra che ogni riflessione che non si riferisca ai problemi concreti in cui ci troviamo infastidisca.

Perchè viviamo dentro la crisi economica, la crisi demografica,  la crisi ecologica, la crisi nucleare

Sembra che di fronte alla pericolosità e incertezza del mondo sia un lusso parlare di Tempo

D’altra parte l’incertezza e il pericolo del mondo bisogna guardarli in faccia, perchè non capiti che, non sapendo dove ci si trova, succeda come a quel tizio che,  stando sulla barca  e non sapendo dove si trova, scende nell’acqua per fare quattro passi ed annega.

E’ essenziale sapere DOVE ci troviamo

Soprattutto è essenziale capire il SENSO dell’incertezza e del pericolo in cui l’uomo in quanto tale si trova.

Perchè il tema gli ABITATORI DEL TEMPO?

Si abita un luogo quando si è protetti da quel luogo e, insieme, lo si protegge e se ne ha cura.

Abitare un luogo, una casa è  esserne protetti e, insieme, averne cura.

E allora cosa vuol dire aver cura del tempo e essere protetti dal tempo?

Perché diciamo di “abitare il tempo”?

la risposta nella sua formulazione più semplice è che:  Abitiamo il tempo per poter vivere.

Andiamo con la mente ai primi passi dell’uomo. Andiamo all’uomo dal punto di vista ontogenetico

Portiamoci agli inizi dell’esser uomo.

L’uomo arcaico ( e dunque ognuno di noi da quando gli è dato essere uomo) vive in una situazione in cui deve smuovere l’ambiente in cui vive.

Di questo possiamo fare esperienza anche noi. Se ci troviamo in situazioni in cui non possiamo smuovere nè la nostra volontà, nè il contesto da cui siamo circondati non riusciamo a vivere.

Vivere significa smuovere ciò che dapprima si crede inflessibile.

L’uomo arcaico dapprima si trova in un ambiente in cui c’è una barriera davanti a lui e dentro di lui che lo irrigidisce nella sua immobilità. E se non vuol morire deve smuovere e flettere l’immobilità da cui è circondato

Vivere è: flettere il proprio ambiente

Dunque c’è una prima forma di terrore per la barriera

Si vive solo se si flettono le barriere.

Questa opera di frazionamento non è soltanto una cosa che possiamo pensare in astratto

Per esempio il pensiero mitico raccoglie un’ampia serie di racconti nei queli il mondo esiste solo se un dio è smembrato

Solo se un dio è smembrato, se c’è questo sacrificio del dio può cominciare ad esistere il mondo.

Lo smembramento del dio corrisponde a ciò che ho chiamato “flessione dell’inflessibile”

Si trovano queste tracce nei miti del Pacifico (la dea Inuele- ?-), del Medio Oriente (kiamat) , dell’Egitto (Osiride), della Grecia ( Dioniso), dell’India (Purusha, Prajapati). Tutti dei che con il loro smembramento rendono possibile la vita dell’uomo

Ma nella nostra cultura c’è l’esempio più significativo: il sacrificio di Cristo. E’ vero che quando Cristo muore il mondo c’è già, però il mondo con quel sacrificio rinasce. e viene rifondato.

La vicenda cristologica riconduce anche al momento originario vetero testamentario: quello in cui il serpente tenta Adamo

“eritis sicut dii”, sarete come dei, se mangerete il frutto proibito

Ma cosa vuol dire essere come dio? vuoldire occupare il suo posto.

Significa detronizzarlo, comunque spartire con lui un regno in cui lui prima era il padrone, il controllore.

Allora il “mangiare il frutto” ha un significato profondo. Se mangiando  il frutto che è stato proibito si è come dio e cioè si uccide dio, allora anche qui abbiamo l’esempio di un tentativo di smembramento che va per il momento a finir male, perchè dio lo punisce.

Ma poi il tentativo è ripreso dall’intervento di  Cristo il quale, per iniziativa divina, rende l’uomo dio.

Tutto questo per richiamare che c’è  un terrore iniziale per l’immobilità cui costringe la barriera che circonda l’uomo all’inizio della nostra storia. E per richiamare che c’è un terrore che scaturisce dalle conseguenze  di questa decisione che ci consente di vivere e di  sopravvivere.

Di nuovo: cosa c’entra l'”abitare il tempo”? Perchè abitare il tempo?

Abitiamo il tempo per vivere. Aristotele dice che il tempo è “il numero del movimento secondo il prima e il poi” (Aristotele, Fisica, D,10 e G,11). Il tempo è  impensabile senza il movimento, senza il divenire che è appunto quel sommovimento, quello smuovere per cui l’uomo comincia a vivere vive solo se flette l’inflessibile.

Abitatori del tempo perchè se non si abita il tempo, pensano gli umani, si muore di fronte alle barriere.

E questo è il primo terrore: il terrore di morire perchè non si è in grado di smuovere il luogo in cui ci si trova.

Vedere l’inflessibile significa vedere la forma originaria del dio.

Proviamo a pensare se ci trovassimo di fronte a un cristallo non scalfibile: non sarebbe possibile alcuna azione.

Allora noi possiamo agire solo se lo frantumiamo, lo smembriamo.

Lo smembramento è ciò che nella definizione aristotelica si chiama DIVENIRE

Il divenire è la forma astratta dell’indicare tutte le situazioni estremamente concrete.

Ma c’è un seconda forma di angoscia da cui è preso l’uomo quando smembra il dio.

La prima è l’angoscia per non poter respirare.

La seconda è che, operando lo smembramento,  si produce proprio quell’incertezza, qualla pericolosità che scaturisce dal divenire delle cose. Nascita, morte, insondabilità della nascita e della morte.

L’uomo per vivere smembra il dio, ma ottiene un ulteriore pericolo che è dato da ciò che egli con lo smembramento ha evocato:  il fluire delle cose, fino a quello che Nietsche chiama il Caos.

C’è una parola interessante con la quale il pensiero indica questa seconda angoscia, l’angoscia per l’imprevedibilità del fluire delle cose.

THAUMA

Ha una gamma di significati straordinari.

Tradotta male con “meraviglia”.

Il significato vero è:

Angosciato terrore del divenire del mondo

Volevamo arrivare qui.

C’è un primo terrore perchè non si riesce a respirare. E’ il terrore provocato dall’inflessibile.

Ma poi c’è il secondo terrore: l’incertezza per la pericolosità del mondo.

E si procede dal terrorizzante e si cerca UN RIMEDIO a ciò che terrorizza.

Il mito: mithos vuol dire “parola”,  “racconto” .

Il modo in cui i greci usano la parola mithos indica il racconto su come stanno le cose.

C’è la capacità del mito di indicare che di fronte al pericolo suscitato dallo smembramento si va alla ricerca di un rimedio che è indicato  dalla parola sacrificio. Che non è il sacrificio del dio, ma è il sacrificio che l’uomo fa in quanto si sente colpevole dello smembramento, della uccisione del padre.

Il tema centrale della angoscia per la vendetta dell’antenato ucciso.

Il concetto che si fa avanti con il sacrificio ha a che fare con la necessità che l’uomo sente di ricostituire le fonti iniziali di potenza che egli ha dovuto smembrare per vivere.

Smembramento

Vita

Colpa

Sentirsi in debito

Rafforzamento della fonte che si è dovuto spezzare per poter vivere.

Stiamo parlando dei modi in cui l’uomo, per vivere, abita il tempo.

Quando si parla di RIMEDIO si intende ciò che consente di sopportare la seconda forma di angoscia, cioè Thauma.

I rimedi nella storia dell’uomo sono raccoglibil in alcuni pochi tratti:

– il racconto mitico

– il Logos, la Ragione

– la Tecnica

La vita è pericolosa, è’ insopportabile, è tragica per il suo fluire, per il suo divenire, per la sua temporalità, per la imprevedibilità del divenire.

Il rimedio, cioè ciò che consente di sopravvivere al Thauma angoscia del divenire, a sopportare l’imprevedibile

Il cristiano autentico è, dopotutto, in pace con se stesso e con le cose: “siamo nelle mani di dio”. Essere nelle mani di dio significa, sentirsi nelle mani di dio, significa avere dinanzi già tutto raccolto , tutto il futuro. Perchè tutto il futuro fa parte del materiale che è nelle mani di dio.

Quindi il dolore, l’angoscia, il pericolo del mondo è reso sopportabile da questo sue essere avvolto dal senso in cui l’uomo è riuscito ad ALLEARSI CON LA POTENZA SUPREMA

Smembramento, colpa, sacrificio: il mito aggiunge la categoria della previsione, che rende sopportabile il dolore.

due modi di abitare il tempo

1 pre- ontologico: non conoscenza delle parole essere e nulla

Il divenire e il tempo conducono nel nulla

2 ontologico

tre forme di rimedio

apparato mitico: vanno e ritornano

ma con il nulla il rimedio comincia ad essere pensato in modo ontologico

si comincia a morire di fronte al nulla

apparato razionale

apparato della scienza e tecnologia

il relativismo è una concezione debole

andare nel sottosuolo

morte di dio: è morto ogni limite

si ripropone il tema dello smembramento di dio

troppo poco il mito

da cui l’alleanza con dio

eschilo

se l’uomo è deicida

il dio è originariamente omicida

giovanni 8/44

la radice dell’omicidio:

fare andare nel nulla

spingere nel nulla da dove non si può tornare

persuasione che le cose siano nulla

dio come satana

dio è il primo tecnico

demiurgo

ergon azione

crazione ex nihilo et subiecti

far uscire dal nulla le cose e la materia

dio pensa la nullità del mondo

pensa la nostra nullità e quella delle cose

poiesis

tecnica la forma più radicale di

se perpetua la scarsità delle merci e si serve della tecnica

… indefinito della potenza

Tecnica deve eliminare la scarsità può farlo finchè non c’è un limite

Il capitale deve aumentare la scarsità

Paradiso della tecnica

Viviamo un periodo intermedio

Quando prevarrà la tecnica

Verso un tempo di benessere

Più cresce la felicità più temiamo di perderla

Ma la tecnica dice che sono un sapere probabilistico e ipotetico

Felicità senza sicurezza

Manca la verità della felicità

Quello sarà il tempo

Le stelle

Un senso diverso

bergamoalta4381

Emanuele Severino: … siamo il luogo eterno in cui sopraggiunge la terra

Noi non siamo i mortali.

Noi siamo il luogo eterno in cui sopraggiunge la terra”

Emanuele Severino: … noi siamo il luogo eterno in cui sopraggiunge la Terra

Emanuele Severino: ERRORE O ERRARE, registrazione audio del 10 febbraio 2012, all’interno del ciclo ABITATORI DEL TEMPO promosso dalla Provincia di Monza, Cesano Maderno, Teatro Excelsior

Venerdì 10 febbraio 2012, a Cesano Maderno nel Teatro Excelsior

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vai alla scheda del progetto:

http://www.provincia.mb.it/Temi/cultura/Abitatori/edizione_2012.html


Emanuele Severino, audio sul “COMANDAMENTO” del RICORDATI DI SANTIFICARE LE FESTE

lezione tenuta al festival della filosofia di Modena, 2010

Emanuele Severino parla della sua filosofia, dialogo con Armando Torno, Mendrisio (Svizzera), 25 gennaio 2012, incontro organizzato dalla Associazione Mendrisio MARIO LUZI poesia del mondo, AUDIO di 98 minuti


fonte: Associazione Mendrisio Mario Luzi Poesia del Mondo

Mercoledì 25 gennaio 2012, ospite dell’Associazione Mendrisio Mario Luzi Poesia del Mondo, Emanuele Severino ha regalato perle del suo pensiero filosofico ai numerosi ospiti accorsi per l’occasione presso la sala del Museo d’Arte di Mendrisio. L’incontro, che si è svolto dalle ore 18:00 alle 20:00 circa, ha coinvolto anche i presenti in sala, alcuni dei quali hanno avuto il privilegio di potersi rivolgere direttamente all’illustre filosofo di Brescia.

Emanuele Severino, “… quando la vicenda terrena dell’uomo sarà giunta al proprio compimento, sarà necessario che ognuno faccia esperienza di tutte le esperienze altrui …”, in IL MIO RICORDO DEGLI ETERNI di Emanuele Severino, Rizzoli, 2011, pag 11

… Poi, quando la vicenda terrena dell’uomo sarà giunta al proprio compimento, sarà necessario che ognuno faccia esperienza di tutte le esperienze altrui e che in ognuno appaia la Gioia infinita che ognuno è nel profondo. Essa oltrepassa ogni dolore sperimentato dall’uomo  … 

da IL MIO RICORDO DEGLI ETERNI di Emanuele Severino, Rizzoli, 2011, pag 11

Emanuele Severino, lezione su VERITA’ E NATURA UMANA, Festival della Filosofia, 18 settembre 2011

Audio: 

Emanuele Severino, Verità e natura umana.Mp3

Estratto della parte finale della lezione:

Emanuele Severino, sul volere

Emanuele Severino: il diventar altro e il lampo e il tuono

‪Emanuele Severino: A vuole B. Si può voler qualcosa solo in quanto il senso del qualcosa che è voluto ci appare davanti ‬‏

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Diotima423  così riassume  il ragionamento condotto da Severino:
1) La manifestazione dei significati (di ciò che ci appare) determina l’ambito in cui si creano le azioni umane destinate a perseguire quel risultato. Quel certo significato determina, guida, configura l’ambito in cui si agisce e dà senso a tutte le azioni umane prodotte in relazione a quel significato. Per es., il falegname per trattare il legno deve sapere che tratta il legno e non il ferro, e tiene anche conto di che tipo di legno sta trattando, compirà dunque azioni pertinenti al risultato CON quel tipo di legno. L’apparire del senso determina l’ambito dell’azione.
2) Quanto più ampio è il senso tanto più ampio è il campo dell’agire che è determinato da quel senso.
3) Qual è dunque il significato più ampio? Rispetto a cui tutti gli altri significati sono sotto insiemi, quello il cui significato guida OGNI azione, ogni agire immaginabile? Quello in base al quale SIAMO ed AGIAMO? Il senso dell’esser COSA. Il tavolo, la sedia, ma anche Dio. Una qualsiasi COSA. Un CHE, una parola ha significati diversi a seconda delle lingue in cui si esprime a seconda del periodo storico.
4) I greci portano alla luce un senso dell’esser cosa in cui la cosa è qualcosa che provvisoriamente si salva dal nulla

Intervista a Emanuele Severino. 
L’ossimoro del capitalismo ecologista, Il manifesto, 3 luglio 2011



«Simone Weil diceva che nel socialismo gli individui sono in grado di controllare la macchina tecnologica. Si tratta di capire perché è un’illusione» Emanuele Severino: «Tecnologia e ideologie all’ultimo round di uno sviluppo insostenibile»Con il professor Emanuele Severino affrontiamo l’analisi sulla crescita produttiva, l’obiettivo più tenacemente auspicato e perseguito da economisti, imprenditori, governi, politici di ogni colore, e di conseguenza da tutti invocato anche nel discorrere più feriale.

«Questo continuo parlare della crescita come di cosa ovvia è in buona parte dovuto all’ignoranza. Sono decenni che si va intravvedendo l’equazione tra crescita economica e distruzione della terra. Comunque, è tutt’altro che condivisibile l’auspicio di una crescita indefinita.»

Professore, sta dicendo che l’economia è una scienza consapevole delle conseguenze negative della crescita?

«Ha incominciato a diventarne consapevole: l’auspicio di una crescita indefinita va ridimensionandosi. Anche nel mondo dell’intrapresa capitalistica – la forma ormai pressocchè planetaria di produzione della ricchezza – ci si va rendendo conto del pericolo di una crescita illimitata; (anche se poi si fa ben poco per controllarla). Vent’anni fa, quando lei scrisse quel suo bel libro che interpellava numerosi economisti a proposito del problema dell’ambiente, la maggior parte degli intervistati affermava che quello del rapporto tra produzione economica ed ecologia era un falso problema. Oggi non pochi economisti sono molto più cauti e anche le dichiarazioni dei politici sono diverse da venti o trent’anni.»

Però non fanno che invocare crescita, senza nemmeno nominarne i rischi.

«In periodo di crisi economica, di fronte al pericolo immediato di una recessione, è naturale che si insista sulla necessità della crescita. Purtroppo però lo si fa riducendo il problema alle sue dimensioni tattiche, ignorandone la dimensione strategica.»

E intanto si verificano tremendi disastri. Dal Golfo del Messico a Fukushima.

«Certo. Ma vorrei precisare che prendere atto della gravità di fenomeni come questi significa capire che essi non sono dovuti alla tecnica in quanto tale, non sono disfatte della tecno-scienza, ma dell’organizzazione ideologica della scienza e della tecnica. Sono disfatte, cioè, del capitalismo (fermo restando che l’economia pianificata di tipo sovietico era ancora più dannosa per l’ambiente).»

La mia impressione però è che quanti insistono a invocare crescita, continuino a ignorare che tutto quanto vediamo, tocchiamo, usiamo, è «fatto» di natura; e che dunque disponiamo di materia prima in quantità date, e non dilatabili a richiesta. I grandi industriali che si confrontano a Davos, Cernobbio, spesso neanche citano il problema.

«Ma è un atteggiamento normale dell’uomo quello di preoccuparsi soprattutto dei problemi immediati, lasciando sullo sfondo quelli che non sembrano urgenti, ma che spesso sono quelli decisivi. Quando la barca fa acqua la prima preoccupazione è tappare la falla, poi si pensa a dove approdare. Certo, ci sono quelli che stando nella barca non pensano mai a trovare il porto, e quindi, nel complesso diventa inutile tappare le falle. »

Il problema esiste da decenni… Il deperimento dell’equilibrio ecologico è stato clamorosamente denunciato dagli anni ’50, ma nelle scelte politiche è stato completamente ignorato.

«Ecco, forse su quel “completamente” si può non essere d’accordo. Penso ad esempio a Clinton, consigliato da Al Gore: nel suo primo discorso da presidente ha parlato agli Americani della necessità e convenienza di una crescita economica sostenibile… Una dichiarazione di intenti che in qualche modo anche Obama ha fatto propria.»

Anche celebri economisti (Stiglitz, Krugman, Fitoussi…) riconoscono la gravità della situazione ambientale, ma non accennano a soluzioni che mettano in discussione il capitalismo

«È proprio questa la situazione. Ma occorre anche dire che oggi, in un mondo conflittuale, dove nessuno intende rinunciare al potere, una politica economica meno «produttivistica» significherebbe mettersi dalla parte dei perdenti, indebolirsi anche sul piano militare, essere condizionati da Paesi come l’Iran o la Cina. E sembra difficile anche rinunciare alla base economica richiesta dall’armamento nucleare. Oggi infatti, a differenza di quanto spesso si continua a credere, la potenza nucleare appare decisiva anche nella lotta contro il terrorismo. È un problema enorme, che si tende a non affrontare nemmeno là dove si è consapevoli che la crescita incontrollata distrugge la terra. Per arrivare a un impegno adeguato per la soluzione di tale problema dovranno accadere disastri giganteschi.»

Mi domando però fino a quando questa realtà potrà reggere, di fronte a una natura devastata da un agire economico fondato su una crescita produttiva che non prevede limiti.

«È da guardare con diffidenza – ma non voglio sembrare cinico – l’intellettuale che dice alle grandi potenze mondiali: «Dovreste mettervi in discussione». Le grandi potenze non cambiano le loro scelte perché gli intellettuali dicono qualcosa che va contro i loro interessi. Ce la vede lei una Cina che rinuncia a una politica economica vincente, e al proprio tete-à-tete attuale con Stati Uniti, Russia, Europa, per rispetto dell’ambiente? E ormai anche in Europa la vita va avanti alimentata dalle centrali nucleari. E continueranno ad andare avanti così. Non basta quello che sta succedendo: solo un disastro di proporzioni senza precedenti, dicevo, potrebbe convincere l’ordinamento capitalistico a cambiar strada in modo radicale.»

Inevitabilmente? In base alla natura umana? Alla storia?

«In base alla priorità che per lo più vien data ai problemi immediati. Ma c’è un’altra inevitabilità, ancora più perentoria: quella del tramonto del capitalismo. Diciamolo in quattro parole. Un’azione è definita dal proprio scopo. Anche l’agire capitalistico è quindi definito dal suo scopo, cioè dall’incremento indefinito del profitto privato. Quando il capitalismo, di fronte a grandi disastri planetari dovuti al suo agire, assumerà come scopo non più l’incremento del profitto ma la salvaguardia della terra, allora non sarà più capitalismo. Inevitabilmente: o il capitalismo volendo avere come scopo il profitto distrugge la terra, la propria “base naturale”, e quindi sé stesso, oppure assume come scopo la salvaguardia della terra, e allora anche in questo caso distrugge egualmente sé stesso. In questo senso appunto parlo da decenni di inevitabilità del tramonto del capitalismo.»

Lei è uno dei pochissimi che fanno previsioni del genere. Le stesse sinistre – quel poco che ne rimane – sembrano aver definitivamente rinunciato all’idea di superare il capitalismo. In fatto di ambiente non hanno alcuna politica propria, anche se gli spetterebbe, perché in fondo a pagare le conseguenze dello sconquasso ecologico sono soprattutto le classi più deboli.

«Quando parlo di declino del capitalismo, parlo infatti di qualcosa che presuppone anche il declino del marxismo, dell’umanesimo marxista, dell’umanesimo di sinistra. Non è che la sinistra sia in una posizione avvantaggiata rispetto al capitalismo. Ma il discorso va completato. Sia il capitalismo, sia il marxismo e le sinistre mondiali – ma anche i totalitarismi e le teocrazie, e la democrazia, e anche le religioni e ogni “visione del mondo” e “ideologia” – si sono illusi e si illudono tutt’ora di servirsi della tecnica. Ma che cosa vuol dire questo? Che la tecnica è il mezzo con cui tutte quelle forze intendono realizzare i propri scopi (per esempio la società giusta, senza classi, oppure l’incremento del profitto privato, oppure l’eguaglianza democratica). Anche la sinistra è cioè sullo stesso piano del capitalismo per quanto riguarda il rapporto con la forza emergente della modernità, cioè la tecno-scienza. Simon Weil diceva che il socialismo è quel reggimento politico in cui gli individui sono in grado di controllare la macchina tecnologico-statale-militare-burocratico-finanziaria: l’«individuo» – come il «capitalista» – si illude di poter controllare l’apparato tecnologico. Si tratta di capire perché è un’illusione. »

Una prospettiva che dovrebbe poter contenere tutti i possibili…

«Invece andiamo verso un tempo in cui il mezzo tecnico, essendo diventato la condizione della sopravvivenza dell’uomo – ed essendo anche la condizione perché la Terra possa esser salvata dagli effetti distruttivi della gestione economica della produzione – è destinato a diventare la dimensione che va sommamente e primariamente tutelata; e tutelata nei confronti di tutte le forze che vogliono servirsene. Sommamente tutelata, non usata per realizzare i diversi scopi «ideologici», per quanto grandi e importanti siano per chi li persegue. Ciò significa che la tecnica è destinata a diventare, da mezzo, scopo. Quando questo avviene, capitalismo, sinistra mondiale, democrazia, religione, ogni «ideologia» e «visione del mondo», ogni movimento e processo sociale, diventano qualcosa di subordinato; diventano essi un mezzo per realizzare quella somma tutela della potenza tecnica, che è insieme l’incremento indefinito di tale potenza.. Perciò spesso dico che la politica vincente, la «grande politica», sarà delle forze che capiranno che non ci si può più servire della tecnica. La grande politica è la crisi della politica che vuole servirsi della tecnica. Non si tratta di un processo di «deumanizzazione», o «alienazione», come invece spesso si ripete, dove l’uomo diventerebbe uno «schiavo» della tecnica; perché in tutta la cultura – anche in quella che alimenta ogni più convinto umanesimo – l’uomo è sempre stato inteso come essere tecnico. Le sto descrivendo il futuro: non prossimo, ma neanche remoto. In questo senso appunto parlo da decenni di inevitabilità del tramonto del capitalismo.»

Mi permetta un’obiezione. Già oggi la tecnica sembra imporsi come scopo. Dando prove quanto meno discutibili.

«No, perché come dicevo prima, ciò che dà cattiva prova di sé è la gestione ideologica della tecnica è il modo, ad esempio, in cui in Giappone sono state organizzate le centrali nucleari. E lì non c’entra la tecnoscienza, ma la gestione capitalistica di essa, che per il profitto ha sottovalutato la pericolosità di quel tipo di centrali. Debbo però aggiungere che la tecnica destinata al dominio non è la tecnica tecnicisticamente o scientisticamente intesa, ma quella che riesce a sentire la forza della voce essenziale della filosofia del nostro tempo, la quale dice che non possono esistere limiti assoluti all’agire dell’uomo).
E resta il fatto che molti istituti scientifici, anche di largo prestigio, vivono in quanto finanziati da grandi potentati economici… E questo in qualche misura significa condizionarli…»

«Certo, questa è la situazione attuale. Ma la tendenza globale è un’altra. Condizionarli significa indebolirli. È quindi inevitabile che, a un certo momento, chi condiziona si renda conto di non poter più continuare a farlo, perché, alla fine, condizionare (e quindi subordinare e pertanto indebolire) la tecnica per promuovere sé stessi significa indebolire se stessi…»

Si diceva che le sinistre – a parte l’impegno per la difesa del lavoro – non dicono, né propongono cose gran che diverse dalla destra. Il marxismo un tempo aveva uno sguardo ben più ampio. Dopotutto non a caso l’inno dei lavoratori era l’Internazionale. Tentare di guardare un po’ più lontano, cercare di allargare lo stesso discorso sul lavoro, non potrebbe portare a una proposta alternativa?

«Questo allargamento va imponendosi da solo. Infatti non si può separare il lavoro dalla tecnica (ma dal capitalismo sì, come dal marxismo). Un po’ da tutte le parti politiche oggi si sente dire a proposito dei problemi più importanti: “Non è questione né di destra né di sinistra, è una questione tecnica”. È un piccolo indizio del processo in cui le soluzioni tecniche prevalgono su quelle politiche e “ideologiche”».

Mi riesce difficile seguirla, la tecnica viene solitamente vista come uno strumento usato dal capitalismo.

«Questo è lo stato attuale che il mondo capitalistico vorrebbe perpetuare. Ma la tecnica non è il capitalismo. Il servo non è il padrone. Ed è già accaduto che i servi si liberassero dei padroni. La liberazione decisiva, rispetto alla quale si è ancora ciechi, è la liberazione della tecnica dal capitale.»

In definitiva Lei vede il capitalismo sopraffatto dalla tecnica…

«Sì. O meglio: è la logica del discorso a vederla.»

È insomma l’intero sistema produttivo che di fatto agisce contro la salvezza dell’umanità… Non crede che in tutto ciò esista qualche responsabilità anche da parte delle sinistre? Dopotutto erano nate per combattere il capitale, no?

«Ma il discorso che vado facendo da molto tempo indica qualcosa che sta al di sopra delle esortazioni, delle mobilitazioni, dei progetti, della volontà politica. Riguarda un movimento che procede per conto proprio, guidando e animando la volontà, così come, si sa, la struttura del capitale domina e anima la volontà dei singoli capitalisti. Marx diceva appunto che i capitalisti sono le prime vittime del capitale. Ecco, si tratta di capire il modo in cui la tecnica prende il posto del capitale.»

Lei si riferisce a un movimento, o una tendenza, in qualche modo, come dire…, operante e avvertibile? Oppure si tratta per ora soltanto di un’ipotesi filosofica?

«È una tendenza che è operante e avvertibile proprio nel modo adeguato (e dunque non «soltanto» ipotetico) di fare filosofia. Per essenza la filosofia si riferisce all’autenticamente operante e avvertibile.»

Sono tante ormai le persone che si preoccupano per il futuro di un mondo per mille versi sempre più problematico e rischioso… Per lo più si tratta di giovani, consapevoli e impegnati… A tutti costoro che cosa si sentirebbe di consigliare?

«Per ora siamo gettati nell’errore; ma proprio per questo c’è molto da fare. C’è da favorire il processo che porta l’errore a maturazione. Per questo parlavo prima della “grande politica”. Per praticarla è necessario incominciare a guardare in faccia il senso essenziale della storia dell’Occidente, il senso cioè della volontà di potenza: il senso del fare».

Emanuele Severino: il comandamento “ricordati di santificare le FESTE”

 

Emanuele Severino • Noi siamo eterni e mortali perché l’eterno entra ed esce dall’apparire

Emanuele Severino • Noi siamo eterni e mortali perché l’eterno entra ed esce dall’apparire.

Emanuele Severino presenta: IL MIO RICORDO DEGLI ETERNI. Autobiografia, a CheTempoCheFa, 22 maggio 2011, AUDIO

… ogni istante è impossibile che divenga nulla e vada nel nulla …
… soltanto se qualcosa è eterno può essere ricordato …
… ogni istante è … … la parola “eterno” sta a significare “essere senza diventare nulla” …

… ognuno di noi è un firmamento stellato …. la parola firmamento rimanda alla “fermezza” del firmamento stellato …

da: Emanuele Severino presenta: IL MIO RICORDO DEGLI ETERNI. Autobiografia, a CheTempoCheFa, 22 maggio 2011 | Politica dei servizi sociali: ricerche in rete.

Emanuele Severino individua il tratto comune del pensiero occidentale: credere che le cose non siano eterne, che tutto provenga e ritorni al nulla

Emanuele Severino sul “far diventar altro”

Emanuele Severino: … di tutte le cose è necessario dire che è impossibile che non siano, cioè è necessario affermare che tutte sono eterne | da Coatesa sul Lario e dintorni. Con commento di Grazia Apisa

… la follia essenziale si esprime nella persuasione che le cose escono e ritornano nel niente. Il mortale è appunto questa volontà che le cose siano un oscillare tra l’essere e il niente.

Al di fuori della follia essenziale, di tutte le cose è necessario dire che è impossibile che non sianocioè è necessario affermare che tutte – dalle più umili e umbratili alle più nobili e grandi – tutte  sono eterne

Tutte, e non solo un dio, privilegiato rispetto ad esse.

se il divenire non appare come annientamento, ma come l’entrare e l’uscire delle cose dal cerchio dell’apparire, allora l’affermazione dell’eternità del tutto stabilisce la sorte di ciò che scompare: esso continua a esistere, eterno, come un sole dopo il tramonto.

Non solo la legna fiammeggiante, le braci, la cenere, il vento che le disperde sono eterni astri dell’essere che si succedono nel cerchio dell’apparire, ma anche tutte le fasi dell’albero che

nella valle ove fresca era la fonte/e il giovane verde dei cespugli/giocava al fianco delle calme rocce/e l’etere tra i rami traluceva/e quando intorno i fiori traboccavano (Holderlin),

hanno preceduto la legna tagliata per il fuoco.

Quando gli astri dell’essere escono dal cerchio dell’apparire, il destino della verità li ha già raggiunti e impedisce loro di diventare niente.

Appunto per questo essi – tuttipossono ritornare

Emanuele Severino

in La strada. La follia e la gioia (1983), Rizzoli Bur, 2008, p.  103-104

Emanuele Severino: … alla ricerca di quell’essere che sia fuori del tempo …

ci si deve mettere in cammino – un cammino che oggi non è ancora finito – per andare alla ricerca di quell’essere che sia fuori del tempo

Emanuele Severino, L’essenza del nichilismo, Adelphi, 1982, p. 23

 

Emanuele Severino: … Internet è la forma dominante del riconoscimento pubblico … Ciò che non è in Rete non è potente, così come hegelianamente il padrone non è tale se non è riconosciuto dal servo ….

«È oggi la forma dominante di riconoscimento pubblico, ancora più della televisione. Ciò che non è in Rete non è potente e così come hegelianamente il padrone non è tale se non è riconosciuto dal servo, allo stesso modo le varie forme di potenza non sono tali se non sono presenti sul web».

viaIl Caffè filosofico diventa – Quel Giano bifronte di Parmenide, primo – Il Sole 24 ORE.

Emanuele Severino: … le grandi forme di cultura occidentale sono violente, perché si propongono di trasformare il mondo in una qualche direzione …

«Non è solo la tecnica a essere violenta,  ma ogni forma dell’agire.

Ogni violenza presuppone la possibilità che il mondo diventi diverso da quello che è.

Ecco allora che tutte le grandi forme di cultura occidentale sono violente, perché si propongono di trasformare il mondo in una qualche direzione. Il punto è che la tecnica è una violenza vincente rispetto alle violenze perdenti della tradizione occidentale».

da: Il Caffè filosofico diventa – Quel Giano bifronte di Parmenide, primo – Il Sole 24 ORE.

Emanuele Severino: se esistesse una verità eterna «non potrebbe esistere quel divenire del mondo …

Sostiene Emanuele Severino che se esistesse una verità eterna «non potrebbe esistere quel divenire del mondo che esige che non tutti gli spazi della realtà siano occupati dal l’eterno. Ricordo allora le parole di Zarathustra: se gli dei creatori esistessero, che cosa mi resterebbe da creare? Ma è evidente che io creo, quindi gli dei non possono esistere».

Emanuele Severino, Noi come luogo della verità

EMANUELE SEVERINO sulla struttura e l’identità dell’ OCCIDENTE, lezione magistrale, Pistoia, 28 maggio 2010. Audio e Video (1 ora e 11 minuti)

Severino parla del mito come rimedio contro la morte e il dolore, e della nascita dell’ “Occidente”

Questa sua lezione è “fondante” perchè fa luce su tutto il nostro tempo storico.

E’ uno sguardo oltre il senso occidentale e planetario dell’identità, una riflessione sull’esser “cosa” e sull’identità dell’Occidente

Rimando anche ad una mia riflessione sul pensiero di Emanuele Severino: https://antemp.com/2012/05/17/conversare-attraverso-la-voce-di-emanuele-severino-incontro-con-paolo-ferrario-como-15-maggio-2012-ore-21/


AUDIO DELLA LEZIONE DI PISTOIA (un’ora e 11 secondi):


qui l’Audio in formato Mp3 scaricabile:

 Emanuele Severino, Identità occidentale. Mp3


VIDEO DELLA LEZIONE a  PISTOIA, il 28 maggio 2010   su youtube (

vai al sito DIALOGHI DI PISTOIA (edizione del 2010):

https://www.dialoghidipistoia.it/it/programma/2010/video


TRASCRIZIONE DELLA LEZIONE (in fase di correzione formale

Il titolo che vedete è l’identità occidentale, mentre avevamo concordato l’identità dell’occidente. E’ la stessa cosa.

Vorrei incominciare con un’osservazione di fondo relativa al  modo in cui questi festival vengono organizzati. L’impostazione di questi incontri è di carattere antropologico e infatti sono molti gli antropologi presenti nel programma. L’antropologia è una delle scienze specializzate. Accanto all’antropologia vi sono altre scienze specializzate intorno all’uomo. Scienze storiche, etnologiche e giuridiche, economiche.

Il pericolo di questa inevitabile situazione, e cioè il pericolo dell’approccio interdisciplinare, è che si lascia all’ascoltatore da solo a fare sintesi e capire. E’ più facile che lo specialista dica quelle che pensa e più difficile per chi ascolta sintetizzare la molteplicità dei punti di vista.

Esiste però da gran tempo un tipo di riflessione che da quando è nata si è assunta il compito di mettere in relazione i diversi punti di vista. Esiste da quando è nata e per l’inflazione del suo nome scorre via abbastanza indifferente rispetto a chi ascolta. Il nome è filosofia, che è un nome molto più denso di quanto non sembri a prima vista. Ma prescindendo dal nome, vorrei sottolineare che allora l’ascoltatore non è abbandonato a se stesso se ascolta la parola della filosofia, cioè se ascolta la parola del tentativo fatto da millenni di unificare i diversi punti di vista.

Immaginino l’uomo arcaico che si interessa di quello che ha vicino e invece quello  che chiamiamo filosofia porta all’attenzione più in là, ancora più in là fino alla totalità di ciò che è

E certamente più noi ci allontaniamo da quanto ci è vicino, tanto più restiamo delusi, perché a noi interessa quello che ci è più vicino e loro sanno che il più vicino a noi stessi siamo noi.

A me piace ricordare che la parola Io è una derivazione della parola, in latino, hic: “questo”. Il più questo dei questi sono io.

Siamo quindi interessati a noi stessi, allontanandoci da noi stessi seguendo il gesto della filosofia restiamo delusi perché ci portiamo al di là di ciò che immediatamente ci interessa. Allo struzzo interessa il buco che fa nella sabbia, dopo di che ci rimette le penne perché non vede il nemico che si avvicina e quindi è tolto di mezzo. La pericolosità dell’interesse per l’interesse per ciò che più è vicino.

Il nome filosofia è molto più denso di quanto immediatamente non dica la parola, che viene tradotta male: amore della sapienza. No. Tanto chilo in greco vuol dire qualcosa di più ampio e profondo che non amore, vuol dire cura, attenzione, per sopra è una parola che è costruita cu sa face e nell’antico greco saphes vuol dire chiaro, luminoso, non in ombra. Per capire la forza di questo non essere in ombra si pensi alla definizione che dà l’apostolo Paolo a proposito della fede: dice nella fede che è argomento non apparentium, e l’argomento delle cose che non appaiono e che la fede dice Dio si è fatto uomo. Ora che dio si sia fatto uomo, è qualcosa che non è di per sé visibile ed evidente. E la fede è l’argomento che trasforma in certezza ciò che di per sé è dubbio e la fede, cioè, si muove in una direzione opposta a quella in cui si muove la filosofia la quale invece è cura per ciò che è chiaro, ciò che è  in luce. Ci serviranno queste annotazioni preliminari per quanto dirò a proposito dell’identità dell’Occidente. Anche qui identità dell’occidente vuol dire la struttura che è in grado di dirci che cosa noi occidentali siamo ed è in grado dircelo raccogliendo una massa sterminata di dati di notizie, di eventi , di situazioni . ciò che noi siamo, che noi occidentali siamo. Si tratterà di capire in che senso l’occidente rafforzi al massimo la preistoria dell’occidente e nello stesso tempo se ne distacchi radicalmente. Nulla di difficile per un pubblico variegato, nulla di straordinario perché mi sto riferendo a ciò che più ci interessa e dicevo prima siamo noi, ma non noi in astratto, ma il nostro patire , il nostro soffrire, il nostro essere il luogo del patimento e della morte possibile, questo ciò è che innanzi tutto ci interessa se no perché Gesù avrebbe detto ama il tuo prossimo tuo come te stesso, perché anche lui sa che il nostro amore primario è per noi stessi. E’ amore per volontà di uscire dal patimento . tutti noi il dolore, il patimento, l’angoscia, lo conosciamo. I giovani sono in una situazione particolare perché imparano a patire. Per introdurre la parola filosofia: è come appunto amore della sapienza. Prima abbiamo detto cura per ciò che è chiaro. Straordinaria sapienza del linguaggio anche in questo caso perché mostra la densità delle parole che è sbiadita nelle traduzioni correnti: cura per ciò che è chiaro. C’è un altro decadimento quando si interpreta la parola filosofia come ciò che nasce dalla meraviglia. E’ un orribile traduzione della parola filosofia perché quando Platone, Aristotele usano ciò che noi traduciamo con la parola meraviglia, usano nella loro lingua, la greca, …. Thauma Che primariamente non vuol dire meraviglia, bensì l’angosciato terrore per la vita.. La filosofia nasce dal terrore per la vita e cos’è la vita: è il luogo del patimento, del dolore, della morte e non per la meraviglia che si può provare se si seguono certi testi aristotelici la diagonale non è commensurabile al lato si meraviglia.

Ci mancherebbe che fosse questo stupore di un intellettuale tranquillo nel suo laboratorio culturale.

Qualche filo… vuol dire amante del mito, anche il filo.. è in qualche modo filosofo e lo dice quando chiarisce Thauma  e allora non possiamo pensare che colui che ha cura per il mito abbia cura per il mito perché si meravigli, secondo quella atmosfera rarefatta della quiete intellettuale dove la diagonale non è commensura al lato. L’uomo del lutto  è quello che impara per la prima volta cosa vuol dire morire, soffrire, cosa vuol dire il calare del sole. Se lo immaginano l’uomo primitivo che per la prima volta quando apre gli occhi verso il cielo  vede che a  notte sparisce tutto. E’ una morte più terribile di quella che oggi siamo imparati a conoscere quando ci raccontiamo la morte di qualche conoscente che sia lontano dai ns affetti immediati. L’uomo primitivo che per la prima volta vede vicino a sé un corpo che si ferma, che non parla più, che imputridisce? Sono esperienze radicali che segnano il modo in cui uno vive e il modo in cui uno pensa. Siamo entrati nell’argomento che ci interessa perché identità dell’occidente vuol dire da un lato il differenziarsi massimo rispetto a ciò che avevo chiamato re occidente e che ora chiamiamo esistenza mitica, il mito. Dall’altro un’accentuazione estrema di questa stessa esistenza. Provo a farmi capire: l’uomo ha fdi fronte il pericolo e rispetto al pericolo cerca di difendersi. Il pericolo è appunto il dolore, la morte. E come cerca di difendersi l’uomo mitico, quindi non ancora l’uomo occidentale? O impadronendosi della potenza oppure alleandosi alla potenza Che cos’è la potenza? E ‘ quella che appare tale di fronte alle convinzioni dell’uomo arcaico, che vede le potenze negli animali, negli antenati morti, nel demonico, nel divino. Vede la potenza nel Dio e allora ci sono due atteggiamenti : uno ripeto è quello di impadronirsi della potenza che sta dinanzi a lui, all’uomo. L’altro, ripeto, è quello di allearsi con essa e se loro tengono presente il racconto del Genesi e lo collegano col nuovo testamento vedono la successione, la scansione di questi 2 atteggiamenti: Primo impadronirsi, secondo allearsi alla potenza. Dice il serpente ad Adamo  Eritis sicut dii … sarete come Dio. Se mangerete il frutto della conoscenza del bene e del male diventerete come Dio. Essere come Dio vuol dire detronizzare Dio. Mangiando questo frutto io diventerò Dio, mangiando vuol dire togliere Dio dal suo trono e mettermici io. Ma poi vuol dire anche che mangiare del frutto proibito è mangiare Dio, e la connessione è lampante: se mangiando il frutto sono come Dio è perché nel frutto c’è la potenza che inizialmente e originariamente è rinchiusa nel divino . e Adamo tenta appunto di fare questo: mangiare e distruggere Dio e questo atteggiamento dell’uccidere Dio si rispecchia in altri atteggiamenti. Mangiare , uccidere, ma anche l’accoppiamento sessuale. L’accoppiamento è un modo di togliere le distanze tra l’amante e l’amato in modo da poter realizzare una maggior potenza in entrambi. Questi gesti fondamentali: mangiare, uccidere, ricordiamo l’importanza dell’uccisione dell’animale, del nemico nell’esistenza non solo arcaica, purtroppo, anche dei nostri tempi. Qualcuno sopravvive solo perché uccide. In questi gesti fondamentali si cela il segreto che svela il tratto comune tra la preistoria dell’occidente e l’occidente. Che cosa vuol dire diventare Dio e quindi detronizzarlo, mangiarlo, identificarsi a lui? Userò una formula astratta che appartiene al novero di quelle cose che immediatamente non ci interessano e che quindi lasciano delusi, ma sono quelle cose che come dicevo prima intervengono da ultimo in chi  (bambini) in questi gesti  terribilmente familiari uccidere, mangiare unione sessuale, c’è un tratto comune che è astratto, ma che poi si rivela concretissimo e pensino a come è astratta la matematica. Ma se un’azienda volesse funzionare prescindendo dalle regole della matematica fallirebbe nel giro di qualche ora. Il massimamente astratto bisogna imparare a vederlo come il più potente e anche perché essendo astratto raccoglie sotto di sé una infinità di casi concreti E’ in grado di indicare tutti. Lo nomino: è l’uomo che uccide Dio per diventare eredis sit … sarete come Dio. L’uomo che tenta di uccidere Dio che cosa fa. Vuole diventare Dio, cioè ecco la formula astratta, vuole diventare altro: Lui vuole diventare Altro. Questo accade nel mangiare, nell’unione sessuale, ma accade in ogni istante della nostra vita, perché se faccio così, se la luce è eccessiva se metto la mano davanti al viso sono diventato altro da quello che ero quando non mi proponevo di ripararmi dalla luce eccessiva. Diventare Altro. Il diventare Altro è il modo in cui l’uomo si difende rispetto a quel diventare Altro che la morte , che il dolore come avvisaglia della morte, che poi è la morte. Allora si difende dalla morte diventando Altro. Noi usiamo qs espressione nel modo più tranquillo, ma arriveranno i tempi in cui le espressioni più tranquille e pacifiche, più apparentemente evidenti si mostreranno come enormi covi di vipere. Siamo abituati a pensare diventare Altro come ovvietà, chi è costui che ci parla di qs ovvietà, eppure è in qs dati astratti che viene raccolto  e resa reale tutta quell’infinità di situazioni concrete che noi crediamo essere il veramente interessante. SE tiriamo via il diventare altro che cosa diventa ogni momento della ns vita quotidiana interessante. Non c’è più perché ripeto basta spostare il braccio per ottenere un qualcosa, basta operare qs spostamento perché noi siamo voluti diventare altro da ciò che eravamo. Pacifico il concetto, così tranquillo o non c’è piuttosto da pensare in qs concetto l’idea di uno squartamento per cui noi siamo strappati da noi stessi per diventare altro. Cioè scissione da noi stessi, ma lo squartamento e il separarsi da noi stessi non è forse la caratteristica della morte. E allora stiamo cominciando a ire, l’uomo del mito vuole difendersi dalla morte, ciò dalla forma che per lui era più radicale del diventare altro, diventando altro nella prima delle 2 maniere che avevo nominato, cioè quella dell’impadronirsi della potenza divina, demonica degli antenati ecc

Restando al vecchio testamento il tentativo di Adamo fallisce e allora c’è una seconda fase dell’uomo se vogliamo utilizzare Q8 grande mito che ha dei corrispettivi in tutte le grandi religioni del mondo. C’è un secondo atteggiamento n cui l’uomo rendendosi conto della follia di lui fallito, e mortale di diventare Dio allora pensa di potersi difendere dalla morte e dal dolore alleandosi alla potenza, non volendo impadronirsene, ma alleandosi, L’alleanza con Dio è una delle parole fondamentali di tutta la religiosità. Avevo iniziato a  dire che l’occidente da un lato rafforza all’estremo l’atteggiamento mitico, dall’altro lato ne prende le distanze estreme. Lo conferma in modo radicale e lo smentisce in modo altrettanto radicale, perché? Il mito ci rassicura perché è il rimedio contro il dolore, Nel momento in cui Adamo si illude di poter essere con dio e  diventare Dio… questo è il momento transeunte del tentativo di Adamo di vincere la morte. Ma anche il momento dell’alleanza è il momento in cui Adamo pensa di vincere la morte solo che la morte è troppo importante perché sia affidata al mito. Il mito rassicura, ma gli dei, gli antenati, il demonico, il mondo col quale l’uomo si  rapporta o ostilmente o positivamente questo  modo che consistenza ha, questo  rimedio contro la morte che consistenza ha? Come resistere al dubbio che va sempre più montando che il rimedio sia fallace e non credo di esagerare dicendo che rispetto a tutti i problemi economici e politici che oggi abbiamo davanti quello del rimedio contro la morte è il più importante, anche per il modo in cui oggi la morte si presenta come scelta del terrorista, rispetto al quale i modi di dissuasione dell’uomo occidentale falliscono. La morte è assolutamente imprevedibile ed è il massimo dei mali. Quindi troppo debole il rimedio perché possa tranquillizzare l’uomo, troppo alta la posta perché il rimedio mitico possa soddisfare. Nasce a questo  punto il dubbio interno al mito e nasce  a questo punto l’occidente. Nasce il dubbio non intorno a qualche dimensione culturale ma nasce il dubbio intorno a quello in cui  per millenni e millenni l’uomo è vissuto. Dire che nasce il dubbio intorno al mito non vuol dire citare un capitolo della storia della cultura vuol dire citare la radice dell’intera civiltà occidentale, la radice della cultura, delle opere, delle situazioni, dell’ impero romano, della chiesa dello stato moderno, il dubbio intorno al mito, la volontà di vederci chiaro, la cura per ciò che è chiaro, la filo-sofia la cura per il saphes, e questo allora non è un discorso della filosofia, di storia della cultura, è il discorso che vede la radice di tutta la concretezza della storia dell’occidente. Il dubbio, può essere esercitato soltanto se non si è nel dubbio. Noi siamo abituati  a sentire in questa espressione: l’Europa nasce dallo spirito critico e lo spirito critico scandisce tutta una serie di epoche in cui lo spirito critico va via via modellandosi.  I greci pensando per la prima volta il dubbio, ma dunque rapportandosi allo thauma, al terrore della vita, e volendosi salvarsi veramente da questo terrore  , ecco ho usato l’avverbio cruciale e non possono che pensare che alla verità che il rimedio è un rimedio che non sia vero. Dio, gli dei, l’amore, la ricchezza, tutto possiamo accumulare qui davanti per cercare di erigere il monumento del rimedio, ma se tutto quanto usiamo non è vero, cioè è instabile, caduco, dubitabile, mito, invenzione, fantasia, e allora il rimedio con la morte è vacillante, non può restare l’uomo che appena guarda, appena spara gli occhi davanti al mondo, non può restare nel mito. Nasce la volontà di verità e quindi voltando radicalmente le spalle al mito. Ma insieme stiamo dicendo, confermando  nel modo più  radicale il mito. Che cosa vuol dire Q8 seconda affermazione? La filosofia, perché della filosofia si tratta quando s parla di questa volontà di verità, che poi diventerà volontà di verità, politica, economica, religiosa, giuridica. Che cosa accade con Q8 volontà di verità? E che cosa accade se questa volontà è conferma insieme del mito? All’inizio dell’occidente si inizia a pensare anche se parole erano già disponibili, si inizia a pensare il senso del nulla e anche questa è una parola che noi pronunciamo continuamente. Sono quelle parole terribili quanto più ci prestiamo attenzione e quando le usiamo con la convinzione di non imbatterci in qualcosa di pericoloso, e invece la parola non essere nel repente nelle lingue pre filosofiche da  sempre, ma è con la filosofia che si inizia a pensare a quel nulla radicale che è entrato nel nostro comune modo di pensare ma che in un certo momento nella storia dell’uomo si è fatto avanti sì quando esistevano le parole essere e nulla, ma non esisteva il loro senso radicale. Si …. A morire davanti al nulla. Q8 è ciò che accade quando la filosofia nasce. Oggi se facessimo una statistica soprattutto nei paesi occidentali, meno in America, ma nella sapiente Europa vedremmo che la maggior parte dei nomi o restano in dubbio o si dichiarano convinti che con la morte non c’è più nulla. Nulla vuol dire non un luogo da cui si fa ritorno come si pensa invece nell’esistenza mitica, quando il mito dice gli uomini muoiono e vanno in un luogo che può essere raggiunto e da cui possono ritornare. I riti di propiziazione dei popoli arcaici rispetto ai defunti. I defunti non sono gli annullati: sono trattati adeguatamente, sono i pericolosi, i temibili, bisogna offrire sacrifici per rabbonirli. E’ un’altra forma di alleanza con la potenza. Si comincia a morire davanti al nulla, è un modo nuovo di morire. Prima non si muore, prima del pensiero greco e poi anche per coloro che circondavano i primi pensatori del nulla, non morivano in questo modo. Si muore e si soffre in relazione a ciò che si credi di essere. Se si crede di essere degli annullabili si muore diversamente da come si muore come quando questo pensiero del nulla non è apparso all’orizzonte. L’occidente ha sviluppato nel modo più radicale Q8 pensiero del nulla, ma se è appunto così radicale e prima non pensato, non è forse insieme la radicalizzazione di quel modo di morire che prima avevamo definito come il diventar Altro? Ma certamente si diventa così Altro che da essenti, da esistenti, si diventa l’assolutamente non esistente, si diventa Nulla. Ecco perché dico che c’è un trait-d’union tra l’esistenza mitica che c’entra la propria sopravvivenza sulla convinzione di diventar altro delle cose e dell’uomo stesso, col paradosso per cui si vuole vincere il diventar altro della morte col diventar altro dell’impadronirsi e dell’allearsi con la potenza suprema, ecco perché dico che c’è un trait d’union tra il senso mitico del diventar altro e il senso nuovo , occidentale, greco e ormai planetario del diventar altro in cui l’altro è il nulla. Non abbiam imparato sin da bambini al catechismo che dio crea l’uomo e il mondo dal nulla? Ma se ci pensiamo bene per molti degli uomini che oggi vivono in occidente le cose più alte le hanno imparato da bambini al catechismo, hanno pensato al mondo , alla creazione e poi vanno finire in buona parte al montaggio dove il pensiero che li guida è di ripetere all’infinito lo stesso gesto che mantiene in vita il lavoro, ma che potenze interpretative  rispetto al mondo è ben poca cosa rispetto a quello che hanno imparato a catechismo di tutto il mondo creata da dio dal mondo. Dove pensiamo che il cristianesimo abbia pescato la parola nulla e il suo senso se non dal pensiero greco? E’ il pensiero greco che per primo ha portato alla luce il nulla e ciò che non è nulla. Le cose del mondo per un po’ di tempo si mantengono nell’esistenza e poi tramontano nel nulla , Il rimedio rispetto a questo pericolo estremo, il nuovo rimedio è la verità evocata dal pensiero filosofico che permane fino al secolo scorso, fino a Questi due grandi nomi Hegel, … prima e Einstein dopo.  Anche per questo  dato si pensa Dio da un lato in modo del tutto diverso da come prima Dio era pensato e perché non si vuol più un Dio evocato miticamente, ma si vuole un Dio vero. Dall’altro lato si conferma il rapporto con l’alleanza e possibilmente con la distruzione della potenza divina, soltanto che da ora in poi il processo sarà inverso. Dapprima ci si alleerà al divino e poi e arriviamo ai ns giorni si distruggerà il divino. Intanto dedichiamo qualche battuta alla tradizione dell’occidente e cioè al tentativo di vincere la morte evocando la verità ed evocando il Dio vero di cui molti di loro avranno fatto l’esperienza quando l’uomo cristiano qualsiasi cosa mi capiti sono nelle mani di dio, queste  parole semplici hanno una profonda saggezza. Essere nelle mani di dio non è un pensiero propriamente cristiano, è innanzitutto un pensiero filosofico essere cioè all’interno di un ordine universale , guidato da una potenza non smentibile e sperata da un sapere non smentibile. Io credo che si faranno pochi passi per ciò che riguarda i problemi del mondo fintanto che non si saprà che cos’è la verità       questa  distruzione    .. ma intanto tentiamo di capire che la morte può essere vinta respingendo il mito e soltanto se la potenza è posta con un sapere che non possa essere smentita. Cioè con un sapere vero, incontrovertibile, spesso si pensa alla filosofia come qualcosa di superfetazione al pensiero scientifico. La scienza fa i passi concreti e poi arriva la filosofia che tira le somme, ma fa cose inutili. Se filosofia fosse questo  sarebbe da lasciare da parte , invece il pensiero filosofico io posso vincere la morte se ciò che so di me e del mondo non è un’opinione, un racconto mitico, poesia, non è qualcosa prodotto dalla mia fantasia ma è un qualcosa che si riesca a raggiungere in modo innegabile. Qui sta tutta la densità e difficoltà del sapere filosofico il quale rispetto al sapere scientifico non è una superfetazione, è più radicale. Oggi la scienza, e concluderò, riconosce la propria controvertibilità ma direi che si perde il senso fondamentale dell’intera tradizione occidentale se non si guarda al senso dell’incontrovertibile. C’è una parola greca che questo senso lo restituisce con potenza: noi oggi parliamo di epistemologia, vuol dire riflessione sulla scienza, ma in questa parola sentiamo la parola episteme, che è una parola greca  e viene tradotta male quando in vocabolario vediamo episteme uguale a scienza. No. Anche qui il linguaggio è molto più potente di quanto non possa sembrare. Episteme : è ciò che sta ciò che non si smuove, ciò che non è abbattibile, non può essere divelto o messo in questione. Episteme sostantivizzazione del verbo stare che in greco è … = sto. Episteme è ciò che sta, che riesce a stare.  Che cosa è ciò che sta? Ci basti in questa sede richiamare la volontà di verità del pensiero filosofico, ma non un’astratta volontà culturale di verità, ma una volontà di verità per vincere la morte, per supportare la morte, per vincerla nel senso di sopportarla. Quando il cristianesimo dice che la fede è argomento delle cose non visibili, il cristianesimo 46,23

MORO ANDREA, Breve storia del verbo essere. Viaggio al centro della frase, Adelphi, 2010

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Tradizione

Ugo Volli, Parole in gioco. Piccolo inventario delle idee correnti, Editrice Compositori, 2009
p. 154-156

Tecnica

Umberto Galimberti (a cura di Aldo Belli), La lampada di Psiche, Casagrande, 2001
p. 149-183

Tecnica

Umberto Galimberti, Parole nomadi, Feltrinelli, 1994
p. 197-200

Galimberti Umberto, Parole nomadi, Feltrinelli, 1994. Rielaborazione di articoli pubblicati sul supplemento domenicale de Il Sole 24 Ore nel 1991/1992. Il libro è stato ripubblicato nel 2023 dalla Repubblica

Emanuele Severino, LA FESTA E LO SGUARDO DEL MORTALE, con Piero Coda e Massimo Donà, Festival della filosofia “Crema del Pensiero” dal titolo “Ricordati di santificare le feste”, 2007, AUDIO di 90 minuti